Lavorare è un diritto di tutti, e dovrebbe essere difeso in primis dallo Stato di appartenenza di un soggetto. Le persone come me, che hanno un problema di salute da quando sono nate, fanno più fatica a trovare un lavoro, anche a causa delle barriere architettoniche.
Lavorare è un diritto di tutti, e dovrebbe essere difeso in primis dallo Stato di appartenenza di un soggetto. Le persone come me, che hanno un problema di salute da quando sono nate, fanno più fatica a trovare un lavoro; per motivi inerenti alla loro condizione di salute. Io che sono paraplegico dalla nascita, per esempio, avrei bisogno di un ufficio senza barriere architettoniche. A cui poter accedere autonomamente con la mia sedia a rotelle. Nella maggior parte dei casi non sanno nemmeno cosa voglia dire «accessibile» in modo concreto.
Poi, se per aver lavorato UN ANNO (in sostituzione di maternità, non pensiate chissà quale posto stratosferico mi abbia preso) l’anno successivo mi sono visto recapitare da parte dell’INPS una lettera che mi comunicava la decurtazione della pensione d’invalidità di quasi il 50% della somma. Beh… io che di solito non mi permetto di disturbare nessuno, ho deciso che ora non mi cercherò più un lavoro; se non a determinate condizioni (che attualmente non si possono realizzare). D’altronde è lo Stato che ci rimette (anche a livello economico, sia chiaro) a lasciarmi a casa. Quindi a togliere dal mercato del lavoro un elemento che potrebbe svolgere determinate mansioni.
La cosa che mi fa ancora più rabbia è se penso che chi prende il «reddito di cittadinanza» percepisce una somma più elevata della pensione che prendo io. Solo che quei soggetti decidono DELIBERATAMENTE di starsene a casa, mentre il sottoscritto vorrebbe lavorare, ma senza doverci rimettere né economicamente né a livello di salute fisica.