Interviste rovesciate: i maestri interrogano i B.Liver. In questa intervista rovesciata le domande del poeta Simone Savogin a Edoardo, B.Liver.
Le interviste sono semplici: ti prepari delle domande, trascrivi le risposte, ne fai un sunto e lo pubblichi. Il problema di un’intervista sui sogni tra due persone che sognano ad occhi aperti, è che chi risponde pensa di essere quello impreparato, mentre chi domanda, teme di non avere molti argomenti… e sbagliano meravigliosamente entrambi.
Edo, quali sono i tuoi sogni e quale credi sarà il tuo futuro…
«Dato che ci sono giorni buoni in cui mi dico che tutto è possibile e che tutto andrà bene, e ci sono giorni in cui sono certo di dovermi trovare un lavoro fisso e limitarmi a quello che si crede essere il destino di chi si è laureato in Beni Culturali, io non so affatto cosa mi aspetti l’anno prossimo, ho solo delle speranze che si accendono quando mi tuffo nel corso che sto seguendo qui a Londra, e si spengono quando tutto mi sembra più grande di me. In questo momento so per certo che, anche dovessi scendere a compromessi, VOGLIO trovare un lavoro nel mondo artistico, come attore – ciò per cui mi sono impegnato da sempre.
E mentre a Milano il mio sogno sembrava a tutti, me compreso, qualcosa di “fuori dagli schemi”, arrivare qui e trovare altre persone esattamente come me (quasi tutti americani e con la mentalità del “se ci credi, puoi farcela”), mi ha colpito profondamente, perché mi ha fatto sentire compreso, ma mi ha anche spinto a scoprire la mia unicità; in questo mondo devo ancora trovare, far uscire e nutrire il mio essere speciale (non so ancora se devo entrare nel personaggio o se il personaggio debba entrare in me!). E visto che da quando sono qui sto ogni giorno in accademia, non ho avuto tempo per pensare a cosa fare dopo; vorrei provare il master in professional acting della London Academy of fine arts, ma ci vorrà qualche mese da istruttore di sci (lavoro che faccio da sempre) per potermelo permettere. Non so cosa mi aspetti, ma ho un’infinita voglia di scoprirlo».
Speriamo di sentirci fra qualche anno per vedere cosa sarà successo. Ma io vorrei chiederti anche i tuoi sogni del passato, come sei arrivato qui?
«Ho sempre voluto fare l’attore, per questo le persone mi vedevano “diverso” da tutti i miei amici che, ormai, hanno un futuro di fronte a loro, un lavoro, progetti, routine. Io ho un solo amico a Milano che condivide la mia mentalità, è un produttore musicale, solo l’arte può farti sognare così. Finché sono andato a scuola, quella dell’attore agli altri sembrava un’idea lontana, a me sembrava l’unica concretizzabile, anzi, da quando avevo 13 anni e ho cominciato a fare corsi, ho sempre atteso il momento in cui avrei potuto dedicarmici totalmente. Il futuro mi sembrava un po’ indefinibile, crescendo è sopraggiunta un po’ d’ansia, fino ai 18, in cui tutto era un “vedrai, troverai dei binari e dovrai solo seguirli”. Quando hai altro da fare è sempre più facile rimandare il dover affrontare concretamente una scelta. Ora ho 25 anni, ma penso esattamente lo stesso, quindi farò in modo di farci i conti e un po’ mi piace, perché uno diventa più consapevole di quel che può, e sa meglio come mettere a profitto i propri sogni e le proprie capacità. Sono arrivato a capire e ad apprezzare la routine, perché quando sono rimasto fermo ho visto quel filo sottile fra il tenersi occupato per forza e il non fare qualcosa perché si pensa non porti a ciò che si spera di fare; ma non sono mai stato capace di abbandonare i miei sogni. Ovvio, ci sono momenti in cui penso che avere realmente una passione sia una gran fregatura, perché magari ti ci senti incastrato dentro e non la vuoi lasciare per paura, perché l’alternativa è più semplice. A 19 anni avrei voluto trovare una soluzione entro i 3 successivi; ho lavorato, lavorato, lavorato, sono passati 6 anni e mi maledico perché avrei dovuto usare meglio il tempo che avevo. Avrei potuto aspettare. Non è vero che perdere un anno quando ne hai 19 è un disastro, ora lo so. Mi sono iscritto tempo fa a questo corso e, poco prima di iniziare, questo sentirmi “incastrato” nella passione stava avendo la meglio, ma appena sono arrivato ho avuto di nuovo la bellissima sensazione di seguire un sogno, e mi sono detto che non sono ancora abbastanza stanco per mollare tutto. E anche quando ho visto quanto lavoro c’è da fare per diventare attore, ho soltanto rinsaldato il pensiero che il mio non è un capriccio».
“non sono mai stato capace di abbandonare i miei sogni”
Edoardo, B.Liver
Pensi che la malattia ti abbia in qualche modo frenato, o ti ha dato forza?
«Non ho mai pensato di avere meno tempo degli altri per la fibrosi cistica, sono sempre stato col pensiero alla quotidianità. Ma oltre alla fortuna di avere questa mentalità, sono stato ancora più fortunato, perché nel momento in cui la malattia ha iniziato a essere più pesante, nell’inverno 2019, quando faticavo di più (avevo il respiratore, la notte, per mantenere i polmoni sopra la soglia di sopravvivenza), è arrivato questo medicinale dall’America e io ho affrontato ogni difficoltà burocratica per ottenerlo, e nell’agosto 2021 ho potuto iniziare a prenderlo.
Da subito è andata meglio, ma avendo altre difficoltà, è stato dopo l’asportazione della milza che tutto è migliorato. È la prima volta che mi allontano da casa per tanto tempo, e anche questo è sia un traguardo che uno sprone. Ammiro il me stesso di 10 anni fa, che costruiva un futuro perché aveva altro da fare. Anche in ospedale tutti mi dicevano: “tra 5 anni cambierai idea”, ma questo mi faceva solo venire voglia di far vedere a chiunque che si sbagliava. A 18 anni venivo preso più seriamente, ho fatto l’università convinto di finirla per riprendere questa carriera: “vedrete che andrà come dico io”. Poi ti ritrovi nella quotidianità che non ti porta da nessuna parte e vacilli. Tranne le tante amicizie a cui sono legato, a Milano per me non c’era più nulla, e ho capito che quelle vere restano, nonostante tutto. Sono felicissimo di aver colto al volo questa opportunità. Ovvio, ci sono problemi anche qui, ma mi sono reso conto che il mio livello base di felicità da quando sono qui è più alto e ancora adesso, quando mi fermo e dico “guarda cosa sto facendo e guarda i problemi”, sono contento di dover affrontare QUESTI problemi».
Cosa vorresti dire a te stesso fra 10 anni?
«Se c’è un me fra 10 anni, ovunque sia, l’unica cosa da dire
è che, indipendentemente da dove sarò e da quel che starò
facendo, da qualche parte c’è spazio e si trova il modo di essere felici».
“… da qualche parte c’è spazio e si trova il modo di essere felici“.
Edoardo, B.Liver