A colloquio con Franco Vaccari, psicologo e docente, fondatore di Rondine Cittadella della Pace, dove giovani israeliani e palestinesi, serbi e bosniaci, russi e ceceni, riescono a convivere diventando amici.
di Elisa Tomassoli, B.Liver
Cos’è Rondine Cittadella della Pace
Franco Vaccari, psicologo e docente, è presidente e fondatore di Rondine, Cittadella della Pace, un’organizzazione internazionale che ha sede ad Arezzo e lavora per ridurre i conflitti armati nel mondo.
Il progetto che dà origine e ispirazione a Rondine è lo Studentato Internazionale – World House, che accoglie giovani provenienti da Paesi teatro di conflitti armati o post-conflitti, e li aiuta a scoprire la persona nel proprio nemico, attraverso il lavoro difficile e sorprendente della convivenza quotidiana.
Da più di vent’anni Rondine lavora con «coppie di nemici» che provengono dai Paesi in guerra: in un piccolo borgo medievale convivono israeliani e palestinesi, bosniaci e serbi, armeni e azerbaigiani, russi e ceceni, promuovendo la trasformazione creativa del conflitto e scoprendo la persona nel proprio nemico.
Come è nata Rondine?
«È nata dopo una mediazione di pace che avevamo fatto durante la guerra in Cecenia nel 1995, in cui i nostri amici russi e ceceni ci chiesero di prendere i loro giovani, che dopo la guerra facevano fatica a studiare – la capitale della Cecenia era completamente distrutta, e i ceceni non potevano andare a studiare a Mosca -, così io risposi “Va bene, ma solo se russi e ceceni vengono a studiare insieme”, per trovare una via di pace.
Rondine nacque con tre ragazzi ceceni e due ragazzi russi: venticinque anni dopo abbiamo esteso l’ospitalità a coppie di giovani nemici dai ventidue ai ventotto anni, che vengono da Paesi in guerra, e che non vogliono arrendersi alla loro condizione di guerra. Essi hanno sperimentato che il nemico concreto può diventare un collaboratore e, in qualche caso, perfino un amico.
Da allora, Rondine ospita nella World House queste coppie di giovani che convivono per due anni, per poi tornare nei loro Paesi d’origine a portare un cambiamento».
Il progetto di Rondine
Quando è stato il momento in cui ha capito che era necessario un progetto come quello di Rondine?
«Non c’è stato un solo momento, ma tanti momenti importanti: il primo quando ci venne chiesto di fare la mediazione durante la guerra, noi volevamo educare alla pace, e ci fu chiesto di metterci in gioco, allora capimmo che per fare la pace dovevamo metterci a disposizione.
“ci fu chiesto di metterci in gioco, allora capimmo che per fare la pace dovevamo metterci a disposizione.”
Franco Vaccari, fondatore di Rondine Cittadella della Pace
Mettendoci in gioco, abbiamo costruito relazioni di fiducia da entrambe le parti, e ci siamo accorti che le persone spesso sono dentro la guerra, ma cercano di uscirne: non è vero che tutti vogliono la guerra, anzi, sono in tanti che vogliono la pace, ma non trovano la via d’uscita; io ho lavorato con i giovani per molti anni, ma quando sono arrivati i primi ragazzi, abbiamo capito che il nemico era un inganno, era una maledizione, era un nome collettivo.
Nelle guerre, raramente una persona si considera fisicamente nemica dell’altra: i ragazzi che arrivano a Rondine scoprono che, con una persona concreta, le ragioni per collaborare e superare le divergenze sono infinitamente superiori a quelle che li spingono a distruggersi.
È l’esperienza concreta che mi ha fatto capire che dentro le relazioni, curate in modo adeguato, è racchiusa una possibilità di bene enorme: addirittura, si può superare la logica del nemico».
Che cos’è la pace?
E che cos’è per lei la pace?
«La pace è un processo quotidiano, non è mai una condizione permanente. La pace è mettere insieme tanti altri valori: non c’è pace senza giustizia, senza perdono, senza ascolto. Che cos’è la pace? È forse il quieto vivere? La pace non è l’assenza della guerra, è un movimento positivo che si costruisce a partire da sé stessi. Chi chiede pace, ma non è disposto a mettersi in gioco, non la troverà mai».
“La pace è un processo quotidiano, non è mai una condizione permanente e va sempre riconquistata.”
Franco Vaccari
Dove si può trovare la tenerezza umana in un mondo come quello di oggi?
«In ogni uomo e in ogni donna, solo che non è immediata: la tenerezza è una dimensione della parte intima di noi stessi, quando siamo teneri siamo vulnerabili, siamo fragili. Nella nostra esistenza quotidiana spesso siamo difesi, qualche volta iper-difesi, siamo armati; non c’è possibilità di espressione di tenerezza se siamo armati. La guerra è terribile, perché sembra rubare a tutti gli uomini e a tutte le donne la possibilità di tenerezza, ma essa rimane, perché sappiamo che anche nelle guerre ci sono persone che non si rassegnano e non si disumanizzano: l’umanità, nella guerra, è la capacità di esprimere tenerezza»
Dal 2015 avete portato il modello educativo di Rondine nelle scuole italiane: perché questa scelta?
«Nelle scuole troviamo molta accoglienza, perché noi lavoriamo sulle relazioni, sulla cura delle relazioni e sui conflitti, e questo è il pane quotidiano della vita. La scuola, che educa i cittadini di oggi, tutte le mattine deve affrontare il tema della relazione: l’educazione si basa sui rapporti, e prendersi cura delle relazioni, passando attraverso i conflitti, ossia le differenze, è la base dell’umano. Il metodo Rondine ha riportato al centro il compito della scuola: una relazione educativa significativa tra un insegnante e un alunno».
“La scuola, che educa i cittadini di oggi, tutte le mattine deve affrontare il tema della relazione, del prendersi cura.”
Franco Vaccari
Il percorso all’interno di Rondine ha come fondamento la trasformazione del conflitto: di cosa si tratta?
«I conflitti non si risolvono mai, i problemi si possono risolvere. I conflitti sono le differenze che si incontrano: differenze tra le persone, tra caratteri, tra culture, tra storie, tra generi; all’interno di ogni persona c’è una differenza tra ciò che si è oggi e quello che si sarà domani.
Siamo continuamente immersi nelle differenze: la nostra capacità è trasformarle continuamente in modo positivo, altrimenti il conflitto porterà sempre distruzione e, in alcuni tragici casi, morte. A Rondine educhiamo a vedere i conflitti in un modo positivo: tuttavia, è rischioso, perché se non acquisiamo una nuova mentalità per leggerli, capirli e orientarli, i conflitti ci faranno male; gestendoli li trasformeremo in bene per noi, e per gli altri».
Qual è il suo desiderio per il prossimo anno?
«Il mio desiderio è che questo nuovo modo di vedere le relazioni faccia il suo ingresso con più forza nel mondo, in modo che ogni persona prenda coscienza della propria energia, per migliorare sé stesso e la società in cui vive. Se guardiamo il mondo, vediamo un mare di guai, ma come possiamo conservare la possibilità di agire senza paura? Riscoprendo il valore e l’energia contenuta nelle nostre relazioni».