Storia di Leonardo che racconta quando il cibo è disagio

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"Quando vado a cena fuori con i miei amici, mangio quello che mi va e penso che se sono lì è perché loro hanno voluto che Leonardo fosse lì con loro. Il resto non conta". Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale DALL-E
Animenta è un’associazione no-profit che si pone l’obiettivo di sensibilizzare e informare sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Attiva sul territorio italiano dal 2021, il suo lavoro coinvolge circa duecento volontari da tutta Italia tra professionisti, genitori e ragazzi che decidono di supportarne le attività attraverso le loro storie e competenze, provando a divulgare speranza e condivisione.

La collaborazione tra Animenta e Il Bullone nasce dall’obiettivo condiviso di raccontare la vita dopo la malattia, ma anche dal tentativo di provare a interpretare o reinterpretare il mondo con cui si interfacciano i ragazzi di oggi, soprattutto in caso di vissuti importanti, partendo, in primis, dalle loro parole.

Rubrica scritta e curata da Cristina Procida.

di Cristina Procida

Gli obiettivi di Animenta

Una volta mi è capitato di sentire da qualche parte la frase: «siamo più che statistiche, siamo storie», e queste sono sicuramente le prime parole che mi vengono in mente quando penso al lavoro svolto da Animenta, un’associazione no-profit che nasce nel gennaio del 2021 con l’obiettivo di informare, raccontare e sensibilizzare sulle malattie del comportamento alimentare.

Nata durante la pandemia, Animenta adotta come canale di comunicazione preferenziale i social, in particolar modo Instagram, ma cerca di trasmettere il suo messaggio anche offline e tramite iniziative concrete: ciò è possibile grazie al supporto di una rete di professionisti e alla passione dei volontari dell’associazione.

La rete creatasi permette, infatti, di entrare sia negli istituti scolastici che nelle università, per provare a divulgare ulteriormente il messaggio.

Animenta è attiva anche su tutto il territorio nazionale attraverso laboratori ed eventi dedicati a chi sta affrontando queste malattie e alle loro famiglie, creando un clima di unione e forte condivisione con l’altro.

L’associazione nasce dalle storie, e utilizza i racconti di ognuno, per permettere a tutti di sentirsi meno soli, per raccontare le molteplici sfumature di un disturbo alimentare e per dire che da queste malattie si può guarire, eccome.

Proprio perché siamo storie e non numeri, vita vissuta sulla pelle e sotto il cuore, come associazione Animenta tenta di sgretolare anche quel muro di pregiudizio su queste malattie.

La storia di Leonardo

Come la storia di Leonardo, un ragazzo, un uomo, che nel 2015 ha iniziato ad avere difficoltà con il cibo e con l’abuso di benzodiazepine: «Il mio peso continuava a scendere. Mi guardavo allo specchio e non volevo riconoscermi nell’immagine che vedevo riflessa. Mi vergognavo di quel corpo così esile, così debilitato. Era come se non riuscissi più a sentirmi un uomo».

“Mi guardavo allo specchio e non volevo riconoscermi nell’immagine che vedevo riflessa”.

Leonardo racconta di come ha dovuto rinunciare a tutto, di come abbia toccato il fondo, di come a un certo punto si sia guardato dentro e abbia capito di aver bisogno di un aiuto concreto: «Pensavo fosse finita, e invece ce l’ho fatta. (…) Anche se sono un maschio, non ho bisogno dell’autorizzazione di nessuno. Quando vado a cena fuori con i miei amici, mangio quello che mi va e penso che se sono lì è perché loro hanno voluto che Leonardo fosse lì con loro. Il resto non conta».

“Quando vado a cena fuori con i miei amici, mangio quello che mi va e penso che, se sono lì, è perché loro hanno voluto che Leonardo fosse lì con loro. Il resto non conta.”

Già, Leonardo. Il resto non conta. L’affetto, l’amicizia, la condivisione, le risate e un bicchiere in compagnia, invece, non tornano più.

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