Disturbi del comportamento alimentare: la storia di Adele VS Amelia

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Scopri la storia di Adele, che si fa prima sopraffare da Amelia, un disturbo alimentare, e poi la sconfigge, grazie all'aiuto dei suoi amici.
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"A prendere il suo posto era stata Amelia, un disturbo alimentare, e la ragazza aveva iniziato velocemente a dissolversi davanti agli occhi degli altri, a dimagrire sempre di più".
Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale DALL·E 2

di Cristina Procida

Capelli ricci, occhi scuri, trucco impeccabile: nel 2016 Adele viene presentata a una classe già formata e dai legami già stabiliti.

Estremamente sensibile, «Il confronto per lei è sempre stato uno scoglio insormontabile», non aveva mai belle parole per sé stessa, tendeva a darsi della stupida e a pensare di non essere «abbastanza», regalandosi una lista di brutti termini che stridevano con quelli che riservava ai compagni: «Come sei bella oggi. Mi piacciono un sacco i capelli così!».

Un giorno, però, la luce nei suoi occhi iniziò ad affievolirsi. Sembrava che qualcun altro avesse preso il suo posto: «Aveva smesso di portare la merenda a scuola. Non uscivamo più a mangiare insieme. Beveva tantissime tisane fredde. Teneva continuamente ogni cosa sotto controllo».

A prendere il suo posto era stata Amelia, un disturbo alimentare, e la ragazza aveva iniziato velocemente a dissolversi davanti agli occhi degli altri, a dimagrire sempre di più. Poi, un messaggio veloce a un’amica: «Mi hanno ricoverata, non dirlo agli altri ancora, ti prego», ma la promessa non fu mantenuta, e la notizia iniziò a girare.

Le pareti e gli arredi del Policlinico, in cui Amelia era ricoverata, rispondevano all’esigenza di non far specchiare i pazienti. Non mancavano le visite di chi le voleva bene, volte ad abbattere la solitudine: «Le raccontavamo la settimana a scuola, interrogazioni, compiti, cose divertenti che erano successe. Passava un paio d’ore senza pensieri».

Ma il percorso non era semplice, e, mancato l’obiettivo dei medici, ad Amelia non venne concesso di passare il Natale in famiglia. Mancò compleanni ed eventi importanti di un’adolescenza mai più tornata. Persino i rapporti stretti iniziarono a perdersi. Le venne concesso il Day Hospital, e finalmente poté riprendersi un po’ di vita.

Piano piano Adele stava ricominciando a riemergere dall’abisso in cui Amelia l’aveva cacciata: «Fu la prima a diplomarsi». Ma le difficoltà non mancarono: ci vollero altri tre anni perché potesse ricominciare a camminare da sola.

La vera svolta arrivò in una vacanza con i suoi compagni: fu obbligata a mangiare a un orario non prestabilito, cosa difficile per Amelia e una sfida per Adele. Furono i suoi amici a calmarla, a rimettere Amelia al suo posto, a dirle che sarebbe andato tutto bene, che non doveva avere paura: «Se proprio vedi che non ce la fai verrò a tavola con te e ti farò compagnia per mangiare».

Sebbene Amelia e Adele fossero la stessa persona, è stato lì che piano piano Amelia è stata sconfitta. Ma è anche stato lì che Adele ha vinto, insieme a chi le vuole bene, in quella che è diventata la sua vera rinascita. La rinascita di Adele: capelli ricci, occhi scuri, trucco impeccabile.

Animenta è un’associazione no-profit che si pone l’obiettivo di sensibilizzare e informare sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Attiva sul territorio italiano dal 2021, il suo lavoro coinvolge circa duecento volontari da tutta Italia tra professionisti, genitori e ragazzi che decidono di supportarne le attività attraverso le loro storie e competenze, provando a divulgare speranza e condivisione.

La collaborazione tra Animenta e Il Bullone nasce dall’obiettivo condiviso di raccontare la vita dopo la malattia, ma anche dal tentativo di provare a interpretare o reinterpretare il mondo con cui si interfacciano i ragazzi di oggi, soprattutto in caso di vissuti importanti, partendo, in primis, dalle loro parole.

Rubrica scritta e curata da Cristina Procida.

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