di Sofia Catuarae William Moncada, B.Liver
Come sono le relazioni di oggi?
Non so se possiamo rispondere a questa domanda per tutti o per la maggior parte delle persone, perché secondo noi dipende da noi stessi, come siamo, come siamo cresciuti, cosa abbiamo vissuto, i nostri sentimenti, che tipo di amore abbiamo e il modo di volere bene e amare un’altra persona. Pensiamo che al giorno d’oggi le parole abbiano perso il loro significato. E questo spesso è causa di paura, dolore, mancanza di fiducia, fuga per proteggersi, chiudersi a riccio senza tentare nuove strade e non lasciarsi sentire…
Noi Millenials/Generazione Z, protagonisti dell’esplosione tecnologica, siamo stati portati a ridurre al minimo le interazioni reali in favore di quelle via internet, rendendo così sempre più complesse le relazioni umane per paura di mettersi a confronto.
Il giorno che ci siamo conosciuti non volevamo andare in Piazza Tre Torri per l’attività del Bullone Cicatrici. Non volevamo andare perché era un problema lavorare su noi stessi e scoprirsi di fronte a nuove persone.
All’inizio non volevamo confermare nulla del nostro rapporto, volevamo essere liberi, anche per paure nostre, dato che venivamo da traumi amorosi e familiari passati e presenti. Poi, piano piano ci siamo sentiti più vicini e abbiamo deciso di provare ad essere qualcosa di più e ora eccoci qua, insieme. Inoltre, le nostre esperienze precedenti sui social sono state disastrose. I social fanno da schermo per l’insicurezza, ma hanno anche il brutto vizio di farti vendere per quello non sei in realtà.
“piano piano ci siamo sentiti più vicini e abbiamo deciso di provare ad essere qualcosa di più e ora eccoci qua”
Sofia e William
Dal vivo è tutto più vero, è più facile capire cosa è buono e cosa non lo è, fino a scalfire l’armatura che spesso indossiamo per proteggerci dal mondo.
Grazie a Will, ho riscoperto musica, film, libri e ricordi sepolti.
Grazie a Sofi, i rapporti con la mia famiglia e con il lavoro sono migliorati, insieme ad altre cose.
Non ci siamo dati un tempo, una fine, non crediamo di essere «E vissero per sempre felici e contenti», ma crediamo di stare bene, come amici prima e come compagni poi.
Per aiutarci reciprocamente abbiamo usato un bellissimo gioco chiamato «We’re not really strangers», anche all’inizio ci spaventava dire «ti amo» a causa delle nostre insicurezze, ma poi Il primo «ti amo» è arrivato durante un litigio fuori da un supermarket.
Ma con il lasciarsi sentire e affrontando le cose senza pretese, fra amore e furiose litigate abbiamo costruito qualcosa.
La cosa migliore è stata conoscersi qui al Bullone: ancora oggi non sappiamo se la fondazione ci ha combinato un blind date, a Lara (l’educatrice del Bullone) piace pensare di averne il merito. È bellissimo che ci sia stato fatto questo regalo.