di Fiamma Colette Invernizzi, B.Liver
Fuori piove e tira vento. Quel vento freddo che, mescolato alle goccioline gelide, ti entra fin dentro le ossa. Quel vento che, a Leeds, a gennaio, non ti molla nemmeno un secondo.
Lei si alza il cappuccio del giaccone, cercando di infilarci dentro quasi tutto il collo, i capelli e la faccia.
Lui si sfrega le mani affusolate prima di infilarle in tasca: ha dimenticato i guanti e inizia a non sentirsi più le dita.
Non si conoscono, loro. Non ancora.
Sono quasi le 8 e il pub è proprio dietro l’angolo, si sente la musica da lontano, inizia a vedersi l’alone delle luci calde provenire dalle vetrate appannate.
La band è arrivata da qualche ora, la serata sta per avere inizio.
Lei entra, accompagnando lo scampanellio della porta con un sorriso luminoso. La settimana è finita. I milioni di progetti da gestire per l’azienda per cui lavora sono ormai alle spalle.
Gli sguardi in call dei colleghi – quasi tutti insopportabili – si sono spenti appena chiuso il laptop. È la sua serata di libertà.
Il cappotto bagnato viene abbandonato su una sedia, i capelli stretti in una coda alta.
Che gioia, quella musica afroamericana. Lo swing, il lindy hop, il boogie, il charleston, lo shim sham, il tranky doo, sono tutti lì pronti a farsi ballare da Lei.
Lui è già lì che la aspetta, senza saperlo.
Lei è già lì che lo attende, ignara. La pista si riempie, si scalda.
Lei balla con un suo vecchio amico, poi con il suo maestro, poi con un signore anziano che inizia a puzzare un po’ di sudore.
Poi ci sono il ragazzino impacciato e l’ometto barbuto e, dopo un giro di pausa, ecco Lui. Biondo, alto, con un marcato accento americano.
Iniziano a volteggiare, Lui molleggiato, Lei leggerissima.
Saltellano, si sfiorano, piroettano senza sosta, senza sentire la fatica.
In ogni pausa, un sorriso. A fine serata poche parole – Piacere, Diletta. Piacere, Nic. – e una proposta: settimana prossima, stesso posto, stessa ora? Poi un rapido saluto e via, verso direzioni opposte.
Che strano, però, quella notte di gennaio, a Leeds, con il vento e la pioggia, non sembra più così gelida, anzi. Sembra il preludio di un’ottima primavera.
Un risveglio di sguardi, di appuntamenti, di sorrisi, di capelli d’oro, di accenti diversi, di passeggiate, di biciclette, di differenze culturali, di scherzi e moine affettuose.
Lei italiana, lui americano.
Loro, marito e moglie cinque anni più tardi, centinaia di balli dopo, sono mia sorella e mio cognato.