di I ragazzi della Casa di Deborah
C’era una volta un piccolo villaggio dove gli abitanti vivevano sereni e il sole brillava. Un giorno, da una grotta poco lontana, uscì un mago che, roso dall’invidia, decise di rubare il sorriso dal volto di quelle persone.
Con uno stratagemma attirò in un castello abbandonato, nel folto della vicina foresta, quattro abitanti: una pianista, un cuoco, un poeta e un mastro falegname. Nessuno veniva più rallegrato dalla musica del pianoforte che la fanciulla suonava con passione, dalle poesie e dalle storie che il giovane leggeva nella piazza accendendo la fantasia di grandi e piccini; sparirono le saporite pietanze e i fragranti dolci cucinati dal cuoco della piccola locanda, e scomparve il mastro falegname che con passione insegnava ai propri allievi l’arte dell’intaglio.
Si ritrovarono ognuno rinchiuso in una stanza del castello, vittime di un potente sortilegio.
La tristezza causata da quella situazione generò forti venti e nuvole minacciose che colsero di sorpresa Clara, piccola abitante del villaggio, mentre passeggiava nei dintorni. La bambina iniziò a volteggiare per ore ed ore, vittima del vento, finché sfinita si addormentò. Svegliata da un tintinnio ovattato, aprì i meravigliosi occhi verdi: si trovava all’interno del castello e davanti a sé vide una chiave a forma di «chiave di sol» battere sull’enorme scala che portava alle stanze.
Intorno a Clara vi erano tante porte, una ad una provò ad aprirle senza successo, solo l’ultima, da cui usciva una dolce melodia, si schiuse di scatto. Facendo capolino, la bimba vide all’interno una fanciulla intenta a suonare un pianoforte. Non appena si accorse di lei, smise di suonare e guardandola sorpresa si risvegliò dal torpore ricambiando il luminoso sorriso. La fanciulla chiese a Clara come fosse arrivata in quel castello e lei le raccontò la sua strana storia e delle tante porte. La pianista si ricordò allora di una misteriosa chiave a forma di forchetta che aveva visto vicino al letto.
Insieme cercarono a quale porta la strana chiave potesse corrispondere, ma subito intuirono che non poteva essere che quella da dove arrivava un inebriante profumo di torte appena sfornate. Inserirono la chiave e clack! Non si erano sbagliate. All’interno vi era un cuoco indaffarato con le stoviglie sui fornelli. Dopo la sorpresa iniziale, il cuoco raccontò della sua passione per la cucina e che, nonostante il padre avesse cercato di ostacolarlo, lui era finalmente riuscito ad aprire la piccola locanda nel villaggio e a farsi conoscere dagli abitanti per i suoi deliziosi dolci. Felice di non essere più solo, abbracciò le ragazze che gli chiesero se fosse in possesso di un’altra chiave. Il cuoco rovistò tra i cassetti delle posate e scovò una chiave a forma di penna stilografica.
Dalla forma intuirono che poteva trattarsi della biblioteca e così si avviarono lungo il corridoio. Per essere sicuri che la chiave fosse giusta, osservarono nella toppa se le particolarità della serratura corrispondessero con quelle della chiave: non c’erano dubbi. Entrarono e rimasero incantati dalla maestosità di quel luogo. Vi era uno scrittoio vicino alla vetrata che lasciava trasparire un giardino fiorito; un tavolo ovale su cui posarono un candelabro, un mappamondo, tanti libri aperti e infine un divanetto su cui sedeva un giovane uomo con occhiali spessi dalla forma curiosa. Lui non distolse lo sguardo dal libro che stava leggendo fino a quando Clara gli si avvicinò. Con aria malinconica si voltò accennando un timido sorriso. La bambina si sedette al suo fianco e gli fece compagnia per un po’ perché sapeva che tutto ciò di cui avevano bisogno in quel castello era di avere qualcuno accanto con cui poter stare in semplicità. L’uomo la guardò a lungo ed iniziò a raccontare molte delle storie che aveva letto nei libri che per tanto tempo erano stati la sua sola ed unica compagnia. Poi si interruppe e chiese come erano riusciti ad entrare. Clara spiegò e chiese poi come avrebbero potuto trovare la chiave per l’ultima stanza. Il poeta immediatamente capì a cosa lei facesse riferimento. Nel cassetto dello scrittoio c’era una chiave a forma di scalpello di cui non conosceva l’uso.
Tutti insieme si incamminarono quindi verso l’ultima stanza. Carichi di emozioni appoggiarono l’orecchio alla porta e delicatamente Clara inserì la chiave. Entrando si ritrovarono davanti tanti strumenti di lavoro, un tavolo di legno non finito, chiodi, seghe e molto altro, ma sembrava non esserci nessuno. Si accorsero poi di una scala che portava al piano superiore e da cui provenivano dei rumori. In cima alla scala videro un falegname intento a lavorare che si voltò e stupito chiese come fossero entrati. La bambina, presentando i suoi nuovi amici, raccontò le varie peripezie della loro avventura; l’uomo ridendo fragorosamente chiese se volessero aiutarlo a terminare il bellissimo tavolo. Incuriositi si avvicinarono al mastro falegname che spiegò loro con passione i segreti del mestiere. Martello, sega, trapano, scalpello, raspa… un mondo intero da scoprire. Il piccolo gruppetto si mise al lavoro e come per magia, in poco tempo riuscirono a creare una vera e propria opera d’arte.
Soddisfatti sorrisero l’uno all’altro e in quell’istante il sortilegio si spezzò. Il castello iniziò a brillare e la porta principale si spalancò. Tra grida di gioia e risate i cinque decisero di festeggiare: il falegname lucidò il tavolo, il cuoco vi appoggiò sopra molte pietanze profumate, la pianista cominciò a suonare una dolce melodia e il poeta leggendo poesie chiamò a gran voce gli abitanti del villaggio. Tra questi anche il mago arrivò al castello attirato dalle rumorose risate e da danze festose. Gli abitanti lo accolsero gioiosi al ricco banchetto. Il mago rimase veramente stupito da tanto calore e ripromise a sé stesso che mai più sarebbe stato invidioso della felicità degli altri. Poté scoprire così la bellezza dello stare insieme e della condivisione.
I sorrisi erano tornati, il sortilegio era stato spezzato per sempre.