“Grazie, ci sono, ti voglio bene”: intervista a Franco Vaccari

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La B.Liver Francesca ha intervistato il fondatore di Rondine, Franco Vaccari: «Noi insegniamo a non avere paura del conflitto»

di Francesca Stefanelli, B.Liver

La B.Liver Francesca ha intervistato il fondatore di Rondine, Franco Vaccari:  «Noi insegniamo a non avere paura del conflitto».

Professore, Lei insegna in Università e in Comunità quanto sia importante la forza di una relazione e di come conflitti, litigi, diverbi possano essere sconfitti grazie ad essa. Secondo lei, il conflitto è una caratteristica insita dell’essere umano, o si può invece considerare come qualcosa di «esterno a noi», che per varie ragioni continua ancora oggi a generarsi, come dimostrano le recenti tensioni internazionali?

«Per me e per noi di Rondine la parola “conflitto” ha un significato positivo. Basta riflettere sulla sua etimologia: “conflitto” deriva dal latino “conflictum”, che vuol dire “scontro”, “urto”. Esso quindi si genera quando delle differenze si incontrano e il regno delle differenze per eccellenza è quello umano.

Ciascuno di noi è fatto da tante parti che interagiscono, che a loro volta incontrano parti esterne che sono “altro” da noi. Questo convergere tra diversi, origina appunto un urto, piccolo o grande, che a sua volta provoca il rilascio di un’energia. È come una cascata d’acqua che quando cade produce energia, ma se non c’è una turbina essa si disperde.

Con il metodo Rondine offriamo alle persone la possibilità di capire che noi possiamo essere delle turbine, e che questa cascata d’acqua, invece di caderci addosso e travolgerci, può essere la fonte della nostra forza vitale».

Quindi il conflitto è qualcosa di costruttivo?

«Sì, è proprio questo. Il conflitto è inevitabile, e non si deve allontanare o far finta che non esista. È attraverso il dialogo che nasce dalla cultura che ne comprendiamo la vera natura e possiamo far sì che quest’energia, invece che distruggerci, ci faccia crescere. Se ci pensiamo è come ogni forma di energia: anche l’energia elettrica è pericolosa perché può folgorare, ma senza non si possono accendere le lampadine».

Chi educa al dialogo?

«Qualcuno che a sua volta è stato educato ad esso. A Rondine diciamo che ogni cambiamento del mondo passa in primo luogo attraverso di noi, quindi, mentre ci dedichiamo a educare, dobbiamo essere consapevoli che stiamo allo stesso tempo educando anche noi stessi. Non è mai un senso unidirezionale, ma la relazione è sempre uno scambio continuo».

La scuola, secondo lei, ha fallito la missione dell’insegnamento al confronto e al dialogo? In cosa potrebbe migliorare o cambiare?

«Non userei proprio il termine “fallito”, ma credo che negli ultimi tempi ci sia stata una deriva anche della scuola, perché sta dimenticando il valore educativo fondamentale, ossia insegnare a stare nella relazione e nel conflitto senza averne paura. Spesso mi sembra che oggi si cerchi di percorrere la strada più facile, pensando di poter raggiungere delle competenze senza confrontarsi quotidianamente con la dimensione dello scontro, ma è impossibile».

Quindi, in un certo senso, il termine «conflitto» può essere associato alla parola «crisi» (dal greco «discernere», per poi ricongiungere)?

«Sì esatto, però c’è una differenza tra quello che pensiamo noi di Rondine e quello che dicono altre scuole di pensiero. Per noi il conflitto è quotidiano, mentre la parola “crisi” apre un momento preciso della vita e delle relazioni, che in seguito, in base a come viene affrontato, può trasformarsi in opportunità. Ogni giorno la nostra vita si rivela conflittuale, ma bisogna toglierne l’accezione negativa e capire invece quanto questo scontro sia necessario, perché è un elemento costituzionale della vita stessa, che altrimenti non si genererebbe».

E la fiducia che peso ha?

«È decisiva, noi nasciamo programmati per avere fiducia in una visione bella dell’umanità. Senza, non si può vivere perché la sua forza crea ponti invisibili verso gli altri, che costituiscono la base per costruire delle relazioni valide con le persone. Purtroppo, spesso si deve misurare con le delusioni, la frustrazione e con la non corrispondenza da parte degli altri e a volte anche da parte di noi stessi.

Questo è il momento più importante perché è qui che la fiducia può arrendersi o andare avanti: se non si ferma, inizia a maturare diventando la forza del “nonostante”. La fiducia matura è un’energia che va avanti non perché tutto è andato bene, ma perché nonostante sia andato male, ha la forza per continuare».

Franco Vaccari (Arezzo, 1952) Psicologo italiano, è fondatore e presidente di Rondine – Cittadella della Pace, organizzazione internazionale che si impegna per la riduzione dei conflitti armati nel mondo e la diffusione della propria metodologia per la trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto

Anche grazie agli altri può maturare la fiducia?

«Sì. Il paradosso è che gli altri sono il mezzo per ritrovare me stesso. Non è chiudendomi che mi ritrovo, ma è nella fatica entusiasmante dell’incontro con la diversità, che capisco chi sono. Quando mi perdo, incontro delle parti di me che mi diventano estranee. Allora l’altro mi aiuta a ritrovare e a riconoscere questi lati di me sconosciuti. Non possiamo pensare di sapere già tutto neanche di noi stessi, perché la vita non è schematica, ma cambia e sorprende di continuo.

Anch’io sono estraneo a me stesso e continuerò ad esserlo, ogni giorno mi stupisco continuamente scoprendo parti che magari non credevo di avere. Dalla relazione con l’altro possiamo costruire un habitat protettivo dove impariamo ad accettare le nostre molteplicità, a volte anche problematiche, e solo in seguito siamo in grado di farle crescere».

Noi al Bullone diciamo: io ci sono, ti voglio bene. Lei professore quante volte ha ripetuto questa frase?

«Lo dico poche volte e cerco di farlo spesso».

Qual è stata la scintilla per capire questo bisogno? Che cosa le provoca?

«È la condizione dell’altro e del bisogno dell’altro. Quando vedo una persona che ha bisogno di cura mi sento subito rispecchiato, perché anch’io ho bisogno di cura a mio modo. La relazione è un investimento di energia, è prendersi cura l’uno dell’altro. Noi siamo dove siamo perché qualcuno si è preso cura di noi».

Nei giovani vede speranza per il futuro? Riusciremo a portare avanti un cambiamento più «umano»?

«Assolutamente! Quando guardo i giovani mi viene un ottimismo totale. È quando vedo gli adulti che mi preoccupo».

Crede che noi giovani avremo la possibilità di insegnare qualcosa agli adulti?

«Spero. Basta che vi si dia un po’ di spazio. Noi dobbiamo fare un passo indietro e voi un passo avanti. Ma io ne ho fiducia».

“È come una cascata d’acqua che quando cade produce energia, ma se non c’è una turbina essa si disperde. Con il metodo Rondine offriamo alle persone la possibilità di capire che noi possiamo essere delle turbine, e che questa cascata d’acqua, invece di caderci addosso e travolgerci, può essere la fonte della nostra forza vitale”

– Franco Vaccari

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