Un nuovo senso al lavoro: chi decide non cambia

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Il mondo del lavoro è nero, tossico, incerto e silenzioso dice Marwan, B.Liver. Contorto, perché anche quando si trova non è in grado di rispondere alle esigenze del lavoratore, sia fisicamente, che psicologicamente, che economicamente. E le nuove generazioni continuano a fare i conti con una selva oscura, come il "job-hopping" e il "gender pay gap".

di Marwan Chaibi, B.Liver

Il mondo del lavoro è nero, tossico, incerto e silenzioso dice Marwan, B.Liver. Contorto, perché anche quando si trova non è in grado di rispondere alle esigenze del lavoratore, sia fisicamente, che psicologicamente, che economicamente. E le nuove generazioni continuano a fare i conti con una selva oscura, come il "job-hopping" e il "gender pay gap".

Tossico, nero, incerto e silenzioso. Non si tratta del monossido di carbonio o di qualche altra sostanza, ma del mondo del lavoro. Una giungla intricata, malata e contorta, capace di far desistere anche il più coraggioso degli Indiana Jones. Non è complesso trovare lavoro, quello c’è, ma la vera sfida è racchiusa nella sua sostenibilità psicofisica e nel bilanciamento economico rispetto alla prestazione fornita. Le nuove generazioni (Gen Z e Millennials) hanno molto a cuore, giustamente, il «work-life balance» e la giusta retribuzione.

Una selva oscura

Nel 2023 parlare di inclusività, equilibrio e accessibilità a livello lavorativo sembra una banalità, purtroppo si rende ancora necessario sondare tutte le strade non lastricate che abbiamo a disposizione ed esplorare ogni lido che intravediamo all’orizzonte.

Gli inglesismi

Gli inglesismi che possiamo sciorinare per illustrare l’attuale mondo del lavoro sono infiniti, ma alcuni sono davvero descrittivi e capaci di fare un’istantanea del mondo lavorativo.

Il «Job-Hopping» è uno di questi ed è quello che più caratterizza le nuove generazioni, in positivo e in negativo, tutte le facce della medaglia, nessuna esclusa. Il «Job-Hopping» è la tendenza a cambiare lavoro con una certa frequenza, se prima si faceva un lavoro per una decina d’anni, ora lo si fa per una media di 2-3 anni e poi si passa al lavoro successivo.

Questa incertezza è data sia dalla ricerca del lavoro perfetto, sia dalla necessità di trovare un lavoro che rispecchi e rispetti la persona che lo sta svolgendo. Provare tanti lavori è positivo, permette di imparare tante skills e di studiare il mercato con occhi sempre nuovi, ma non permette la stabilità economica necessaria a sviluppare un nucleo familiare… dov’è il «balance» che stiamo millantando?

E se proprio vogliamo parlare di equilibrio dovremmo parlare del «Gender Pay Gap», un inglesismo che possiamo tradurre con «Equilibrio di Genere». Un equilibrio mai ottenuto dalle quote rosa per meritocrazia o per semplice reale competenza.

Perché non siamo capaci di creare un sistema che si regga sulle sue stesse gambe e rispettoso delle differenze? Non vogliamo parlare di genere? Argomento troppo divisivo e ancora fumoso? Parliamo allora della «Inclusion», della famosa 104, della ancora più falsa inclusione sociale. Nel mondo delle diversità, dei colori e delle capacità non siamo in grado di creare un ecosistema capace di includere e collocare in base alle proprie competenze e capacità, persone che vivono vite differenti dalla classica «normalità».

Il mondo del lavoro è talmente cangiante e variopinto che non sarebbe possibile fare una istantanea vera e propria, ma lo spaccato che siamo riusciti a vedere e ad ascoltare durante la conversazione, è terribilmente reale e vicino.

L’ansia dovuta al mondo del lavoro è qui, oggi e per sempre.

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