Come si festeggia il Natale nei paesi arabi: intervista al professor Eissa Farouq Wael

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Pietro Invernizzi ha intervistato il professor Eissa Farouq Wael in merito alla questione dei presepi nelle scuole e all'integrazione religiosa.

di Pietro Vernizzi, ilsussidiario.net

Il Professor Eissa Farouq Wael è un professore egiziano associato dell'Università Cattolica di Milano. Pietro Vernizzi, del sussidiario.net, l'ha intervistato per Il Bullone in merito alle festività natalizie nei paesi arabi.

Professor Farouq, lei come musulmano si sente offeso dal presepe?

«La nascita di Gesù è un miracolo divino riconosciuto dai musulmani e, anche se non abbiamo la tradizione di celebrare questa ricorrenza in modo religioso, anche per noi è un momento sacro nella storia dell’uomo. In quanto musulmani riconosciamo la particolarità di Gesù e il miracolo della sua nascita. Per i musulmani il presepe non è affatto offensivo, anzi è un omaggio a qualcosa che riconosciamo noi stessi. Gesù Cristo possiede, nel nobile Corano, uno status superiore rispetto agli esseri umani ordinari, ai profeti e agli inviati di Dio, incluso il profeta dell’islam Muhammad. Gesù Cristo, infatti, è la Parola di Dio e uno Spirito che da Lui proviene, deposto nel grembo di Maria Vergine (Sura delle donne, versetto 171)».

Per i Musulmani il presepe non è affatto offensivo

Quindi non ci sono differenze tra cristiani e musulmani?

«Esiste una differenza che riguarda la natura di Dio e di Gesù. Ritengo però che tutto questo background teologico non dovrebbe essere coinvolto nella discussione sul presepe e sulla celebrazione del Natale nelle scuole. Il vero problema è l’integrazione per mezzo della “rimozione”: per integrare i musulmani, c’è chi pensa che si debba rimuovere la croce, o che per integrare gli omosessuali si debba aggredire la letteratura e la cultura della famiglia.

È un modo di vedere ristretto e rigido che considera lo spazio culturale come limitato, nel quale, a causa del “sovraffollamento” di culture, si deve togliere un po’ di spazio a una per darlo a un’altra. Ma la natura dello spazio culturale umano è proprio quella di essere senza limiti. Invece di cercare cosa rimuovere, dovremmo cercare cosa aggiungere e come costruire ponti. Così, secondo me, chi chiede di rimuovere la croce per rispettare i sentimenti dei musulmani, non è nient’altro che l’altra faccia di chi vede nei musulmani come un pericolo per la croce».

Eissa Farouq Wael, PhD in lingua e letteratura araba, è docente di lingua araba presso l’Università Cattolica. È stato inoltre docente di arabo
all’Università Americana del Cairo. È autore di numerose pubblicazioni in campo linguistico, letterario e filosofico, religioso arabo-islamico.

Quindi lei vuole dire che nessun musulmano si sentirebbe offeso dal presepe?

«Ci sono centinaia di famiglie musulmane che hanno partecipato ai presepi viventi sotto le feste natalizie e che non hanno avuto alcun problema. In una scuola Gesù Bambino è stato rappresentato persino da un ragazzino musulmano. Il vero problema quindi, non è che cosa pensino i musulmani di Gesù Cristo.

Piuttosto, la questione è se qualcuno abbia mai chiesto ai musulmani quali siano i loro sentimenti verso il Natale, prima di decidere di non fare il presepe per non offenderli. Oggi i musulmani sono strumentalizzati dai terroristi, dai politici e da qualsiasi portatore di una posizione ideologica. Tutti parlano per conto dei musulmani, ma nessuno parla con loro».

C’è differenza tra religione e cultura

Ritiene che vietare i presepi sia anche un segno di ignoranza?

«Chi vieta i presepi probabilmente non sa che in Egitto, Tunisia, Marocco e nella maggioranza dei Paesi islamici si celebra la Natività, e numerose famiglie musulmane allestiscono l’albero di Natale nelle loro case. C’è una grande differenza fra religione e cultura. Se la religione è un credo che possiamo accettare o rifiutare, la cultura è il frutto del movimento delle società nella storia, una formula umana che non può essere separata dal cuore e dalla lingua. Un cristiano egiziano dice: “Io sono di religione cristiana e di cultura musulmana”. E penso che anche i musulmani in Europa siano così. La loro appartenenza culturale – che lo vogliano oppure no – è determinata dalla lingua, dai vestiti, dal cibo, dalle arti, dalla tecnologia, dal linguaggio della vita quotidiana: un mare sul quale navigano con la nave dei loro valori religiosi. Restare a terra, o farsi inghiottire dal mare, sono due cose in contrasto con il ruolo e lo scopo di questa nave»

“Il vero problema quindi, non è che cosa pensino i musulmani di Gesù Cristo. Piuttosto, la questione è se qualcuno abbia mai chiesto ai musulmani quali siano i loro sentimenti verso il Natale”

– Eissa Farouq Wael

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