di Andrea Travagin, B.Liver
Andrea, B.Liver, è un soccorritore dell'ambulatorio mobile della zona di Rogoredo. Capita spesso che, come altri soccorritori, si trovi a dover aiutare chi vive in strada e in situazioni di tossicodipendenza proprio durante le feste. Ha deciso di raccontare al Bullone il suo Natale.
La riduzione del danno è una strategia sanitaria volta a contenere gli effetti collaterali negativi dell’utilizzo di sostanze.
Negli anni tra il 2014 e il 2019, Rogoredo è stata considerata la più grande piazza di spaccio a cielo aperto di tutto il nord Italia. Alcune stime parlavano di un migliaio di consumatori che ogni giorno si recavano in quel quartiere di Milano. Non essendoci notizie di altre piazze analoghe così grandi, si può ipotizzare che sia stata la più grande di tutta Italia, e forse d’Europa.
In quegli anni, l’unico supporto ai consumatori di sostanze sono stati dei progetti di riduzione del danno con finanziamenti decisamente risicati.
All’inizio l’unico supporto fornito alla tossicodipendenza contava finanziamenti risicati, ma dal 2019 si attiva un progetto più ampio
Dal febbraio 2019, invece, è stato attivato un progetto più ampio, a titolarità Croce Rossa Italiana, a cui collaborano Coop, Lotta Contro l’Emarginazione e Comunità Nuova. Questo progetto prevedeva l’intervento ogni giorno dell’anno (dal 2020 ridotto a 4 giorni a settimana). L’intervento avviene, ancora oggi, da dentro un grande furgone adibito ad ambulatorio mobile.
La collocazione dell’ambulatorio, leggermente defilata, l’intervento che avviene attraverso la porta aperta, l’orario che inizia nel pomeriggio e si conclude a sera, le strade particolarmente deserte nei giorni di festa e il clima, sono elementi che non invogliano a stare fuori dal furgone, dando la sensazione che le persone «compaiano» solo nel momento in cui entrano nel cono di luce artificiale creato dalla porta aperta.
Ammetto che la mia sensazione all’inizio di ogni turno è quella dell’insofferenza, indipendentemente dal giorno dell’anno in cui ci troviamo, ma, nel momento in cui si comincia, il ritmo sostenuto di persone che vanno e che vengono mi piace e mi aiuta a tentare di dare il meglio. In questo via vai molto spesso l’incontro si riduce a poche parole spese: «come vuoi le siringhe?», «come stai?» e un saluto. Poche volte la chiacchierata prosegue con argomenti più o meno importanti.
Il giorno di Natale sono i pazienti stessi che ti pongono domande sulla tua presenza
Il giorno di Natale avviene quasi un’inversione: chi utilizza sostanze si stupisce della tua presenza, si preoccupa della rinuncia al pranzo con parenti e si sincera se, dopo il turno, potrai spendere del tempo con chi ti è caro.
Non ricordo situazioni di particolare conflitto o momenti di forte tensione. So che, i pochi accenni che ci sono stati, sono stati smorzati da altri con frasi tipo: «oh ma ce la fai? Questi sono qui il giorno di Natale e tu rompi pure il *****?».
I colleghi, sicuramente più legati di me al Natale, hanno spesso portato dolci. Lo ammetto: preferisco il salato. Anche questa caratteristica contribuisce a dare un’immagine di chi è profondamente contrariato nell’essere al lavoro.
A fine turno i saluti coi colleghi hanno un sapore differente. Ti senti più un eroe che in altri giorni.
Un passaggio veloce a casa per mangiare qualcosa di cucinato con amore, ma riscaldato.
Poi, senti quel collega e amico che ha fatto il turno di Natale come te, ma da un’altra parte, e gli proponi di trovarvi a una festa dove probabilmente incontrerete anche persone che avete visto nel pomeriggio.
“Il giorno di Natale avviene quasi un’inversione: chi utilizza sostanze si stupisce della tua presenza, si preoccupa della rinuncia al pranzo con parenti e si sincera se, dopo il turno, potrai spendere del tempo con chi ti è caro.”
– Andrea Travagin