di Chiara Malinverno, B.Liver
La B.Liver Chiara ha riportato le parole dell'avvocata e pacifista iraniana Shirin Ebadi, che nel 2003 è stata la prima donna musulmana a ricevere il Premio Nobel per la Pace. Shirin Ebadi è stata anche la prima magistrata a Teheran, ed è ad oggi una figura scomoda del suo paese, a causa dell'opposizione al regime. Oggi vive in esilio a Londra. L'incontro è stato possibile grazie all'Ordine degli Avvocati di Milano.
Shirin Ebadi, avvocata iraniana e premio Nobel per la pace nel 2003, non si è mai arresa
«Gli avvocati iraniani indipendenti e convinti del loro percorso sui diritti umani non si fermano e accettano che, anche se la conseguenza sarà la prigione, bisogna andare avanti».
Ecco l’impegno morale e professionale che l’avvocata iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace nel 2003, prende durante l’incontro, al quale ha partecipato anche il Bullone, dedicato in maniera specifica agli avvocati e alle avvocate iraniane, organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano e, in particolare, alla Commissione Diritti Umani.
Shirin Ebadi non si è mai arresa.
Le sue parole importanti alla Giornata internazionale dell’Avvocato e dell’Avvocata in pericolo, che ricorda il massacro a Madrid del 1977
Le sue parole hanno segnato un momento importante per gli avvocati milanesi, riuniti per ricordare tutti i colleghi e le colleghe minacciati per il solo fatto di difendere i diritti altrui. Abbiamo così potuto seguire in diretta l’avvocata Ebadi, protagonista dell’evento, per celebrare la Giornata internazionale dell’Avvocato e dell’Avvocata in pericolo, a perenne memoria del massacro di Atocha, Madrid, del 24 gennaio 1977 in cui morirono brutalmente uccisi da terroristi tardo-franchisti, quattro avvocati e uno studente di giurisprudenza.
Chi è Shirin Ebadi?
Ce l’ha raccontato lei stessa: dopo gli studi in giurisprudenza, Shirin Ebadi ha potuto esercitare liberamente la sua professione di magistrato, senza subire alcuna influenza o restrizione dal governo monarchico che vigeva allora nel suo Paese. Dopo la rivoluzione e la presa del potere degli ayatollah, nel 1979, la vita di Shirin Ebadi è cambiata. È stata esclusa dalla magistratura, declassata dal regime al ruolo di semplice impiegata e di segreteria nel tribunale in cui era stata presidente di Sezione.
Nonostante sia stata declassata ad impiegata, Shirin Ebadi non si è fatta sottomettere
Shirin Ebadi ha scelto di non farsi sottomettere e di dedicarsi alla tutela dei diritti secondo un’altra prospettiva, diventando, non senza fatica, un’avvocata per la tutela dei diritti umani e, in particolare, dei diritti dei prigionieri politici.
«In Iran, formalmente – spiega Ebadi – l’attività dell’avvocato o, meglio, del difensore dei diritti non è stata cancellata, ma di fatto è stata profondamente ostacolata dal nuovo regime che, da un lato ha scelto di porre ai vertici dei tribunali persone completamente estranee al mondo del diritto ma fedeli al regime, dall’altro, ha scelto di prendere il pieno controllo dei diversi ordini forensi».
Nel percorrere le tappe della sua vita Shirin Ebadi ha tenuto a precisare come la vita degli avvocati e dei giudici iraniani non sia sempre stata «in pericolo», seppur mai completamente libera.
In 44 anni di Repubblica Islamica oltre 300 avvocati incarcerati per aver difeso i diritti dei prigionieri politici, tra cui lei stessa
Tuttavia, Ebadi racconta come in quarantaquattro anni di repubblica islamica sono stati oltre trecento gli avvocati incarcerati per il solo fatto di aver difeso i diritti di prigionieri politici. Fra quei trecento avvocati imprigionati c’è stata anche lei. L’avvocatessa narra come è stata perseguita perché aveva ricevuto il mandato a procedere contro il capo della polizia iraniana, dalla famiglia di uno studente ucciso durante un attacco delle forze militari del regime a uno dormitorio in cui erano presenti alcuni studenti.
Il suo arresto è stato portato a termine prima di poter utilizzare testimoni e prove per incriminare i responsabili di quell’omicidio. Come si è esercitata in Iran la campagna di continue minacce contro gli avvocati scesi in campo a tutela dei diritti umani e civili dei cittadini, ostacolando il libero e indipendente esercizio della professione forense?

pace. Figura «scomoda» per il suo Paese, per la sua opposizione al regime, vive in esilio. Illustrazione di Chiara Bosna.
Il regime creava documenti falsi per poter incriminare gli avvocati e le avvocate
Ebadi precisa che all’epoca, uno dei sistemi utilizzati dal regime contro gli avvocati e, in particolare, contro gli avvocati difensori dei diritti umani, fosse quello di creare dei documenti falsi con cui ricattarli. Il regime minacciava gli avvocati dicendo che, nel caso avessero difeso un prigioniero politico, sarebbero stati utilizzati quei documenti falsi anche contro di loro.
Il drammatico racconto di Ebadi si sposta infine all’oggi, ricordando come siano attualmente più di sessanta gli avvocati iraniani in attesa di giudizio. Tra i detenuti ci sono gli avvocati Amirsalar Davoudi e Mohammad Najafi, condannati rispettivamente a 30 anni di carcere e 111 frustate e a 17 anni di carcere e 74 frustate. L’unica contestazione è stata di aver scelto di lottare per la difesa dei diritti altrui.
Questi avvocati incarcerati con false accuse, sono anche costretti a trascorrere la loro prigionia insieme ai detenuti comuni, nonostante esistano specifiche carceri dedicate ai prigionieri politici, come sono gli avvocati difensori dei diritti. Avvocati e attivisti condannati ingiustamente si trovano così a subire continue violenze anche in carcere, in una condizione di perenne minaccia.
Cosa possiamo fare noi?
Dopo aver ascoltato il racconto di Shirin Ebadi, la domanda ci viene spontanea: cosa possiamo fare per porre fine a questo scempio? Come può il mondo restare inerte davanti alle atrocità che vengono quotidianamente commesse in Iran a danno di donne e uomini colpevoli solo di esercitare i propri diritti?
Shirin Ebadi ci avverte subito: ogni nostra azione di appoggio e supporto agli avvocati dei diritti non avrà effetto immediato. Le richieste di liberazione, le comunicazioni ufficiali, le contestazioni più varie non avranno certo come effetto quello di ostacolare il regime o di indebolirlo nel breve periodo.
Tuttavia, sono più necessarie che mai.
«Sono necessarie – spiega Ebadi – per far capire agli avvocati rinchiusi nelle prigioni iraniane che non sono soli e che sulla loro condizione sono puntati i riflettori del mondo. Più l’attenzione del mondo è puntata su di loro e su quanti sono imprigionati ingiustamente, maggior sicurezza sarà garantita loro».
Necessario costruire una rete di solidarietà per sostenere e sostenersi, in grado di abbracciare l’intera umanità
L’invito di Shirin Ebadi è di costruire una rete di solidarietà fra e per avvocati, in cui sostenere e sostenersi.
La rete fra e per avvocati non è, però, sufficiente.
Serve anche una rete capace di abbracciare l’umanità intera, con lo scopo comune di impedire che nel mondo vi siano persone costrette a soccombere per il solo fatto di voler vedere tutelati i diritti propri e degli altri.
“Sono necessarie – spiega Ebadi – per far capire agli avvocati rinchiusi nelle prigioni iraniane che non sono soli e che sulla loro condizione sono puntati i riflettori del mondo. Più l’attenzione del mondo è puntata su di loro e su quanti sono imprigionati ingiustamente, maggior sicurezza sarà garantita loro“
– Shirin Ebadi