Intervista impossibile a Marisa Bellisario: “Essere donna? Un dono che deve fiorire”

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Marisa Isabella Bellisario è stata una dirigente d'azienda italiana, ricordata per le sue doti manageriali e per i suoi interventi decisivi nella ristrutturazione di Olivetti Corporation of America e Italtel. Fu la prima donna manager d'Italia, traguardo per cui circa 30 anni fa è nato il celebre premio che incorona le protagoniste della società in grado di far splendere la propria personalità anche in settori dominati dagli uomini. Leggi la nostra Intervista Impossibile!
marisa bellisario, illustrazione di max ramezzana
Marisa Bellisario illustrata da Max Ramezzana.

di Marisa Isabella Bellisario, Lella Golfo, Cinzia Farina

Fondazione Marisa Bellisario nasce nel 1989 da un’idea di Lella Golfo, per ricordarla e per promuovere le capacità e le professionalità femminili

Marisa Bellisario (Ceva, 9 luglio 1935 – Torino, 4 Agosto 1988); è stata una dirigente
d’azienda. Ricordata per le sue doti manageriali e per i suoi interventi decisivi nella ristrutturazione di Olivetti Corporation of America e Italtel. Fu la prima donna manager d’Italia.

Essere donna oggi

Cosa vuol dire essere donna oggi?

«Ora e da sempre, essere donna è un dono che sta a noi far fiorire. Se pensiamo alle straordinarie donne del passato, dobbiamo ritenerci fortunate. Loro non avevanocultura possibilità per far fruttare i propri talenti, eppure quanti esempi di donne eccezionali stiamo riscoprendo in ogni ambito… Protagoniste nascoste che hanno raggiunto traguardi incredibili, spesso nell’ombra. O ancora, donne che hanno combattuto fino allo stremo, con coraggio e determinazione e che hanno permesso a noi di arrivare fin qui.

Per questo incoraggio sempre le ragazze a inseguire i propri sogni e ambizioni: loro possono essere qualsiasi cosa vogliono. E quando incontrano degli ostacoli – e li incontreranno – devono ricordarsi cosa significava essere donna più di 50 anni fa. Combattere per sconfiggere gli ultimi pregiudizi, le discriminazioni che ancora si contrappongono alla reale e totale emancipazione femminile».

È più facile per una donna fare carriera oggi, rispetto ai suoi tempi?

«Senza dubbio. Oggi una donna che vuole far carriera non è guardata con sospetto e sufficienza. Certo, sa che non avrà vita facile, che dovrà dimostrare il doppio di un uomo e potrà capitare che le preferiscano un uomo solo a causa del suo genere. Potrà però scendere in campo. E avrà davanti a sé tanti esempi e modelli di donne che ce l’hanno fatta.

Un incoraggiamento e uno stimolo fondamentali a cui ho dedicato una vita intera con la Fondazione Marisa Bellisario e il Premio Bellisario, impegnandomi per valorizzare e dare visibilità all’eccellenza femminile in ogni ambito. Ripeto, gli ostacoli restano: la carriera di una donna non è mai un percorso in discesa, ma nel frattempo abbiamo abbattuto anche tanti tabù.

Oggi il freno non è tanto e solo frutto di pregiudizi, come ai miei tempi, ma di un’organizzazione del lavoro che penalizza le donne, spesso costrette a lasciare il lavoro per occuparsi della famiglia, e di una cultura che le vuole ancora come prime responsabili della crescita dei figli. C’è ancora un pezzo di strada da compiere, ma oggi sappiamo che nessun percorso di carriera ci è precluso solo per il fatto di essere donne. Un bel passo avanti».

Lella Golfo, giornalista, imprenditrice. Presidente della Fondazione Marisa Bellisario.

Quali sono i veri nemici delle donne nel mondo del lavoro?

«Una cultura maschilista ancora non del tutto scardinata, ma soprattutto delle politiche di conciliazione ancora troppo deboli».

Essere donna oggi: sapere e voglia di arrivare

Quanto contano la passione, la voglia di sapere e la volontà di arrivare?

«Tutto: sono la benzina di tutti i risultati e traguardi che si riescono a raggiungere nella vita. Le condizioni di partenza contano, senza dubbio. A fare, però, la differenza poi, sono la curiosità, l’ambizione che non ha paura di misurarsi con i sacrifici, l’amore per quello che si fa e anche gli ideali. Nel mio caso sono stati quelli il vero motore di tutto. Avevo un sogno e un obiettivo: la parità. Non ho mai avuto paura di sacrificare tutto sull’altare di quel traguardo.

A una giovane studentessa di un liceo reggino che un giorno mi ha chiesto: “onorevole, ma lei dove vuole arrivare?”, ho risposto d’istinto “dove voglio arrivare non lo so, ma so che non ho nessuna intenzione di fermarmi”. Per questo continuo a dire alle ragazze: non fermatevi, neanche quando sarete sole e in difficoltà, quando cercheranno di tarparvi le ali e di spegnere i vostri sogni. Non fermatevi, perché dentro di voi, dentro di noi, c’è una forza capace di cambiare il mondo.

Alimentatela, tenete acceso quel fuoco sacro e dovunque vi condurrà saprete che ne sarà valsa la pena. Io, con un po’ d’inconsapevole follia, il sogno di contribuire a cambiare un pezzetto di questo mondo, in fondo non l’ho abbandonato mai. E se oggi sono qui è grazie al quel fuoco sempre acceso e alla libertà delle mie idee, perché qualsiasi ricchezza o poltrona vi offriranno, qualsiasi lusinga e promessa di potere, non varrà mai il privilegio di essere liberi».

– Marisa Bellisario

Per questo continuo a dire alle ragazze: non fermatevi, neanche quando sarete sole e in difficoltà, quando cercheranno di tarparvi le ali e di spegnere i vostri sogni. Non fermatevi, perché dentro di voi, dentro di noi, c’è una forza capace di cambiare il mondo.

Perché l’Italia non aiuta le donne ad arrivare nelle posizioni apicali, a parte l’attuale Presidente del Consiglio?

«Perché, qualsiasi posizione apicale conquistata da una donna è persa da un uomo. Il punto è che la nostra “partita per il potere” è iniziata dopo. E mentre noi eravamo relegate da un sistema culturale e familiare retrogrado a fare da angeli del focolare, gli uomini governavano il mondo. È quasi normale che quando ci hanno visto arrivare si siano spaventati. Hanno compreso che avrebbero perso il monopolio del potere e hanno incominciato a giocare sulla difensiva, proteggendo i fortini che erano sempre stati loro. Quello su cui abbiamo da sempre lavorato con la Fondazione Marisa Bellisario è un concetto di leadership e potere femminile.

È vero che anche le donne hanno le loro colpe: troppo spesso poco consapevoli delle proprie potenzialità, hanno aspettato che venissero riconosciuti i propri meriti. E invece, devono rivendicarli, rimboccarsi le maniche e prendersi quel che spettava loro, senza chiedere il permesso. Quello che ha fatto la Presidente del Consiglio. Non ha aspettato l’investitura di un segretario di partito: lo ha fondato quel partito. Questo le è costato anni, sacrifici, ma lei aveva chiaro l’obiettivo, così come la consapevolezza delle proprie capacità. Ha costruito la propria fortuna politica da sola. Un esempio e un modello per tutte le ragazze, così come lo sono stata io nel mondo manageriale. Nessuna delle due si è trovata davanti tappeti rossi. Tutte e due abbiamo costruito una carriera di successo con determinazione, lavoro duro, sacrifici e ambizione».  

Cinzia Farina, laurea in Lingue e Letterature moderne, ha frequentato l’Istituto di medicina psicosomatica, specializzata in alimentazione, cronista del Bullone.

Essere donna: conciliare lavoro e famiglia

La denatalità: in Italia la situazione è drammatica. È così difficile conciliare lavoro e famiglia?

«Terribilmente difficile in Italia. II tasso di occupazione delle donne con figli è pari al 58,6%, quello degli uomini con figli all’89,3%: un divario di 30,7 punti percentuali, contro i 14,4 della Francia e 17,4 della Germania. L’arrivo dei figli rilancia un modello tradizionale di famiglia, con l’antica divisione dei compiti, per genere. Nel 2022 le dimissioni e risoluzioni consensuali dal lavoro relative a genitori con figli sino a un anno di età, hanno coinvolto 44700 madri e 16700 padri.

Riguardo alle ragioni delle dimissioni, il 41,7% delle madri e il 2,8% dei padri si sono dimessi per difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli, a causa della carenza dei servizi di cura, e il 21,9% delle madri e il 4,3% dei padri per difficoltà nel conciliare lavoro e cura dei figli, a causa di problematiche legate al lavoro in azienda. Numeri che gridano vendetta. Serve prima di tutto una rivoluzione culturale.

Pensiamo solo se invece di 10 giorni, il congedo dei padri fosse obbligatorio e per cinque mesi, come quello di maternità, come cambierebbero le cose? Per i datori di lavoro sarebbe finalmente indifferente assumere un uomo o una donna. Gli uomini capirebbero finalmente che la responsabilità genitoriale è condivisa: i figli si fanno in due e in due devono essere cresciuti.

Perché oltre alle dimissioni ci sono i part time, che per una donna non sono mai una libera scelta, ma una necessità per non perdere il lavoro e riuscire a conciliare l’impegno familiare. Quel part time molto spesso la esclude da determinati percorsi di carriera, fa sì che poi abbiamo pensioni più basse e così avanti in una spirale al ribasso. Certo, la cultura non basta e serve anche un welfare moderno, che sappia rispondere a una nuova struttura della società. La copertura italiana di asili nido è ancora sotto gli standard europei e con grandi disparità regionali. I nidi pubblici sono per 15 bambini su 100, quelli privati sono costosissimi.

E poi, una volta superato lo scoglio dei primissimi anni, ci si ritrova con orari scolastici inconciliabili con un impegno lavorativo. Ma come pretendiamo che in Italia si torni a fare figli? La genitorialità è un atto di speranza, di fiducia, un patto sociale e comunitario che va ricostruito dalle fondamenta. I numeri dell’inverno demografico li conosciamo tutti e spaventano. Perché parlano di un Paese che muore e non troppo lentamente. Un Paese più povero, meno innovativo e che non sarà in grado di garantire né una vecchiaia dignitosa né uno standard minimo di welfare.

Di fronte a scenari tanto apocalittici, la politica ha fin qui stentato a trovare l’unità nazionale, a superare le divisioni a favore di un disegno strutturale e di lungo periodo. Anche il tentativo di questo governo di dare alla natalità legittimità di ministero, è stata occasione di sterili critiche. La maternità non è più, per fortuna, l’unica via di realizzazione per una donna. Si dà la colpa delle culle vuote all’emancipazione femminile, omettendo che quelle culle sono proprio la prova di un’emancipazione a metà, di un diritto di scelta negato. Perché oggi, in Italia, dire sì a un figlio significa dire no alla carriera, rinnegare ambizioni e sacrifici di anni di studio. Da qui dobbiamo partire per cambiare le cose. E non è una questione di donne ma di sostenibilità dell’intero sistema Paese».

– Marisa Bellisario

“Per questo incoraggio sempre le ragazze a inseguire i propri sogni e ambizioni: loro possono essere qualsiasi cosa vogliono. E quando incontrano degli ostacoli – e li incontreranno – devono ricordarsi cosa significava essere donna più di 50 anni fa. Combattere per sconfiggere gli ultimi pregiudizi, le discriminazioni che ancora si contrappongono alla reale e totale emancipazione femminile”

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