Silvio Garattini è un oncologo, farmacologo e ricercatore italiano, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri. È tra i quattordici scienziati italiani che hanno firmato un appello in difesa della sanità nazionale, e qui parla al Bullone del presente e del futuro del nostro sistema sanitario.
Silvio Garattini: riflessioni sul futuro della sanità italiana
Cosa ne pensa della nuova proposta di eliminare il numero chiuso dalla Facoltà di Medicina? Può essere una soluzione per risolvere la carenza di medici?
«Il numero chiuso dovrebbe esprimere non solo le necessità del Paese, per avere un numero di medici adeguati, ma anche la capacità delle Facoltà di Medicina di formare adeguatamente dei medici. Il problema non è quindi eliminare il numero chiuso, il problema è fare in modo che vi sia corrispondenza fra i due aspetti del problema, perché avere molti studenti che affollano le Facoltà senza poter esercitare alcuna attività pratica, non è un rimedio.
Semmai, occorre fare in modo che i quiz per la procedura di ammissione alla Facoltà di Medicina siano formulati non in senso puramente culturale, ma tenendo presente qual è la sensibilità dello studente per la salute pubblica e del singolo».
L’assistenza alla persona comprende sia la salute fisica che quella mentale. Riguardo alla salute mentale, esistono già servizi pubblici e privati in scuole ed istituzioni. Esistono agevolazioni e consultori gratuiti, però permane il tabù del supporto psicologico. Che cosa potrebbero fare le istituzioni per abbattere lo stigma della salute mentale?
«Sono stati chiusi – giustamente – i manicomi, ma non è stato realizzato ciò che bisognava fare per garantire un’assistenza alle persone che hanno problemi di salute mentale. Oggi i malati mentali sono prevalentemente a carico della famiglia e subiscono lo stigma pubblico. Occorre aumentare il numero di Servizi psichiatrici integrati da psicologi e psicoterapisti. Gli psicoterapisti devono essere assunti dal SSN e devono appartenere a scuole che hanno dimostrato la loro efficacia terapeutica. Gli psicoterapisti devono essere presenti nelle Case di Comunità, oltre che nei Servizi Ospedalieri».
Riguardo alla possibilità di assottigliare gli squilibri tra pubblico e privato, l’intramoenia, oggi, è ritenuta responsabile della poca attività pubblica dei medici e delle liste d’attesa lunghe. È davvero quello il problema principale?
«L’intramoenia è una clamorosa forma di ingiustizia sociale, contraria ai dettami della Costituzione che ritiene la salute un diritto di tutti i cittadini. Con l’intramoenia chi ha risorse economiche può venire curato immediatamente e chi ne è privo deve subire lunghe liste d’attesa. L’intramoenia va abolita».
Restando sull’argomento, spesso, da futuro medico, rifletto sul fatto che quando si parla di SSN, si cerca di correggerlo «dall’esterno». Si può educare a diventare buoni operatori della salute, in modo da congiungere l’etica del proprio lavoro con i propri interessi e quelli del paziente?
«Il SSN va corretto attraverso interventi politici che riguardano almeno tre argomenti ben definiti: adeguare gli stipendi dei medici, degli infermieri e del personale sanitario, che sono fra i più bassi dell’Unione Europea: se non si adeguano continueremo a perdere personale che, quindi, va all’estero e che dal pubblico emigra al privato, dove è pagato meglio.
Realizzare le Case di Comunità mettendo insieme 30-40 medici che possono integrare la loro attività e mettere a disposizione ambulatori per almeno 8 ore al giorno e 7 giorni la settimana, ciò diminuirà l’attuale congestione dei Pronto Soccorso affollati da tutti i pazienti che non trovano aiuto sul territorio. Nelle case di Comunità i Medici di Medicina Generale devono essere assunti, integrati da pediatri, geriatri nonché infermieri, psicoterapisti e fisioterapisti; devono essere presenti Assistenti Sociali per i rapporti con i pazienti, soprattutto anziani, a domicilio, devono essere presenti apparecchiature scientifiche e telemedicina».
Dall’appello in difesa della Sanità Nazionale emerge il divario riguardante la prevenzione primaria. La prevenzione permette di guarire oggi le persone che si ammaleranno domani; dunque, perché è così poco considerata? Come possono intervenire le istituzioni?
«Le malattie non piovono dal cielo, ma in molti casi sono evitabili, basti pensare che abbiamo in Italia 3,7 milioni di diabetici di tipo 2: una malattia evitabile sulla base di buone abitudini di vita che comprendono un’alimentazione varia e moderata, un’attività motoria adeguata e il mantenimento del peso corporeo ideale. Il 40% dei tumori è evitabile, eppure in Italia 180.000 persone muoiono di tumore.
È chiaro che il mercato della medicina è in conflitto di interesse con la prevenzione, perché la prevenzione è un importante fattore che riduce il mercato. Occorre quindi un’importante rivoluzione culturale che ricollochi la prevenzione al centro del SSN. La prevenzione deve divenire la cultura dominante per i dirigenti e gli operatori sanitari, ma anche per tutto il pubblico, attraverso interventi in tutte le istituzioni scolastiche».
Cosa direbbe a un giovane ragazzo o a una giovane ragazza che vorrebbe intraprendere la carriera di medico, infermiere od operatore sanitario?
«Ricordati che non è un mestiere, ma una missione e perciò richiede amore per il prossimo e spirito di sacrificio».
Se non interveniamo al più presto, cosa succederà al Servizio Sanitario Nazionale nei prossimi dieci anni?
«Purtroppo, senza interventi il SSN è destinato alla chiusura per mancanza di fondi adeguati e di personale sanitario. Ritorneremo nella situazione pre Servizio Sanitario Nazionale, in cui avremo delle forme di assicurazione proporzionali al reddito individuale, per cui in definitiva esisterà un rapporto fra reddito e capacità di curarsi in contrasto con la nostra Costituzione. Nei punti precedenti abbiamo detto cosa bisogna fare. È compito di tutti, dei singoli e delle organizzazioni, premere sul governo, perché le modifiche suggerite vengano attuate. Dipende da noi!».
– Silvio Garattini
“Nei punti precedenti abbiamo detto cosa bisogna fare. È compito di tutti, dei singoli e delle organizzazioni, premere sul governo, perché le modifiche suggerite vengano attuate. Dipende da noi!.”