Autismo: una sfida quotidiana tra tabù e consapevolezza, alla ricerca di un mondo più inclusivo
L’autismo è una neurodivergenza, ovvero un modo diverso in cui funziona il cervello umano.
Il 2 aprile è stata la Giornata Mondiale per la Consapevolezza sui Disturbi dello Spettro Autistico e per tutto il mese sono state organizzate iniziative, raccolte fondi per la ricerca, momenti di divulgazione. Poi tutto finisce per essere dimenticato, tranne da chi vive in prima persona l’autismo: dai familiari, dai caregiver, o da chi ha un interesse particolare per questo argomento.
I tabù sull’autismo sono tanti, l’autismo stesso è un tabù.
Autismo, gli aspetti meno conosciuti: il masking
Uno degli aspetti meno conosciuti a riguardo, è il fatto che si possa ricevere la diagnosi da adulti, anche se i professionisti in questo settore sono ancora pochi; se è vero che autistici si nasce, è vero anche che i tratti autistici sono diversi per tutti e molti non li riconoscono, oppure vengono confusi con timidezza, capricci, ritardo… solo perché il bambino o ragazzo impara a nascondersi imitando gli altri. Questo comportamento si chiama masking e non è messo in gioco solo dai più piccoli (inconsapevolmente) per omologarsi, ma anche da adulti diagnosticati che non vogliono dire di essere autistici per paura degli stereotipi e dei pregiudizi sulle persone dello spettro autistico!
Data la classica rappresentazione stereotipata dell’autismo come figura maschile, intelligente sopra la norma, ingenuo e poco empatico, un altro tabù è l’autismo al femminile, come se le bambine, ragazze e poi donne, non potessero essere autistiche.
Non si parla neppure di quei ragazzi e ragazze autistici con gravi compromissioni: non parlano, non capiscono o sembra che non lo facciano, per cui possono diventare troppo complicati da gestire persino per le famiglie, per i propri genitori e quindi, per mancanza di competenze, vengono affidati a centri specializzati e restano lì, insieme ad altri «come loro», facendo attività, ma senza conoscere il mondo esterno.
Non si parla di meltdown, né di shutdown, perché sono termini che non si conoscono e fanno paura: il primo è una crisi esplosiva esterna, causata dall’ambiente o dai comportamenti di altre persone; mentre il secondo è una crisi interna, che rende immobili, silenziosi, bisognosi di solitudine. Eppure questi due aspetti sono spesso presenti nelle persone autistiche, ma non sono capiti e chi prova ad avvicinarsi ad un autistico senza conoscerlo, pur con buone intenzioni, spesso contribuisce a prolungare e ad aggravare la crisi, perché non può sapere come comportarsi.
Le persone autistiche sono ipersensibili a livello sensoriale, ma non in modo standard: possono provare un forte fastidio verso gli odori, avere fobie davanti alle consistenze di alcuni alimenti, provare un vero e proprio dolore a contatto con tessuti diversi (al punto da non riuscire a indossarli) o rumori forti, o il brusio dei luoghi affollati.

Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.
I Terconauti: Margherita, Damiano e Philipp
C’è molto altro, ma vorrei chiudere con una bella esperienza, quella dei Terconauti: Margherita, Damiano e Philipp.
Damiano è un uomo autistico con deficit intellettivo e ha ricevuto la diagnosi tardi, a 23 anni. Viste le sue difficoltà, ha subìto bullismo e ha convissuto con la depressione. Ma Damiano ha un sogno, quello di diventare cantante, così ha chiesto aiuto a sua sorella Margherita e insieme, unendo le forze, hanno iniziato a farsi conoscere: hanno inciso una canzone, sono apparsi in tv e ora sono in tour teatrale con il loro spettacolo da un’ora intitolato Una storia di autismo normale. Una rivincita contro le numerose porte chiuse in faccia.
Margherita, Damiano e Philipp raccontano l’autismo come qualcosa di normale, qualcosa su cui si può ridere e scherzare, ma con rispetto, con l’obiettivo di farlo conoscere e contro il tabù del pietismo, puntando sulla persona, sulle sue abilità e potenzialità!
– Silvia Bellinato e Margherita Tercon
“I tabù sull’autismo sono tanti, l’autismo stesso è un tabù.”