Africa, un caleidoscopio di identità raccontate dal bimestrale “Africa – La rivista del continente vero”
Africa: in quanti di noi il solo nome evoca il trito appellativo di «Continente Nero», facendone un unico blocco monolitico, teatro di tragedie, sinonimo di arretratezza, povertà, miserie, sfruttato in modo bieco in epoca coloniale e poco altro?
Eppure è molto, molto di più: basti pensare che è costituita da 54 Stati, per un totale di quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti, circa tre volte la popolazione dei Paesi dell’Unione Europea. Ogni nazione africana possiede una propria storia, cultura, economia, ambienti diversi, e in tutto il continente si parlano centinaia di lingue differenti. Questo significa un caleidoscopio di identità, situazioni distinte che i grandi media tendono a ignorare, così come in genere tacciono nei confronti di eventi positivi che lì hanno luogo.
Lodevole eccezione in questo desolante panorama informativo è il bimestrale Africa – La rivista del continente vero. Ne parliamo con il Direttore editoriale, Marco Trovato: «La storia della rivista ha più di un secolo, era stata fondata dai Missionari d’Africa, chiamati anche Padri Bianchi. Nel tempo è cresciuta molto, con uno sguardo via via più laico sull’Africa. Una decina di anni fa è diventata una rivista indipendente ed è stata rilevata da una società fondata dagli stessi giornalisti che gestiscono il magazine. Siamo tutti giornalisti e reporter che si occupano da più di trent’anni del continente africano, e abbiamo una fittissima rete di collaboratori locali che ci forniscono notizie di prima mano».
Un fatto che colpisce già solo sfogliando Africa è la varietà dei temi trattati: «Il continente è attraversato da tantissime pulsioni. Naturalmente è ancora interessato da enormi problemi, ma vogliamo mettere in risalto gli aspetti vitali di un’Africa in pieno movimento, proiettata nel futuro e protagonista dei tempi che viviamo, oltre gli stereotipi e il pietismo o la compassione che gli eventi drammatici possono suscitare».
I giovani africani: una generazione protagonista, digitalizzata e connessa con il resto del mondo
Un altro elemento che cattura l’attenzione è che i protagonisti di molte delle storie riportate sono giovani. «Il 70% degli africani ha meno di vent’anni, l’età media è di 15 anni, è una generazione in gran parte urbanizzata, globalizzata, digitalizzata, quindi assolutamente connessa con quello che accade nel resto del mondo, è assetata di riscatto e vuole essere protagonista. È disillusa dalla politica, ma c’è un forte attivismo civico, e un florido panorama culturale, artistico, intellettuale: insomma, c’è una società civile molto vivace».
Chiaramente non è tutto oro quello che luccica, e la rivista segue con attenzione anche le grandissime difficoltà che i Paesi africani attraversano. Negli ultimi quattro anni si sono registrati ben 8 colpi di Stato militari, che hanno coinvolto quasi esclusivamente i Paesi del Sahel. Scrive il giornalista Mario Giro: «Le ragioni dell’attuale nuova proliferazione di golpe sono molteplici e diverse dal passato. La più importante è forse la sfida dello jihadismo, che ha messo in crisi le basi istituzionali di molti Paesi, soprattutto nel Sahel, dando spazio agli eserciti. I militari africani si sono trovati davanti a crisi gravissime e ne sono stati umiliati. La loro reazione è stata una forte contestazione dell’ordine politico, accusato di averli abbandonati o non sufficientemente sostenuti». Inoltre, non va dimenticato l’apparente disinteresse dell’Occidente e dell’Europa in particolare: «… non c’è più fiducia tra europei e africani: si è giunti a un limite di incomunicabilità. Manca totalmente un pensiero politico europeo sull’Africa che sostituisca quello delle ex potenze coloniali e del neocolonialismo che è prevalso dopo. Su questo fanno leva molti leader militari attuali».
Segnali importanti di crescita e salvaguardia di fragili e giovani democrazie
Eppure, nonostante tutto questo, c’è un Africa che resiste, come ad esempio il Mali, dove si rinnova l’annuale restauro della Grande Moschea di Djenné – il più grande edificio di fango al mondo – che coinvolge l’intera popolazione locale. L’instabilità e le violenze di matrice jihadista non hanno fermato il tradizionale lavoro di migliaia di muratori e manovali. Oppure la tormentata Repubblica Democratica del Congo, in cui centinaia di studiosi e scienziati lavorano, pur tra mille difficoltà, in un importante centro di ricerca di scienze naturali, dove si occupano della foresta e di altri ambienti del loro Paese.
Ma anche dal punto di vista strettamente politico, nella salvaguardia di fragili e giovani democrazie, si notano segnali importanti e positivi. Ricorda Marco Trovato: «In Kenya, qualche anno fa, le elezioni furono giudicate non sufficientemente trasparenti e regolari, secondo gli standard democratici, da un organo istituzionale dello Stato, e furono così ripetute. Mi piace pensare che questo sia non un sintomo di debolezza, ma di forza democratica con cui è stata sanata una ferita. Un fatto analogo è avvenuto di recente in Senegal, dove un presidente uscente voleva cambiare le regole del gioco modificando la Costituzione a proprio favore. Anche lì c’è stato l’intervento di forze dello Stato per impedire che avvenisse, ma soprattutto c’è stata una grande mobilitazione di piazza da parte di una società civile molto attiva».
La conversazione con Trovato si conclude con un commosso ricordo di Raffaele Masto, scrittore e giornalista, storica voce di Radio Popolare di Milano, grande appassionato ed esperto di Africa, scomparso nel 2020: «È stato un carissimo amico oltre che collega, per lungo tempo una colonna della nostra rivista. È stato uno dei più grandi africanisti in Italia, e ha lasciato un vuoto incolmabile».
– Marco Trovato
“I protagonisti di molte delle storie riportate sono giovani. «Il 70% degli africani ha meno di vent’anni, l’età media è di 15 anni, è una generazione in gran parte urbanizzata, globalizzata, digitalizzata, quindi assolutamente connessa con quello che accade nel resto del mondo, è assetata di riscatto e vuole essere protagonista.”