Dove ti senti viva?
Tum tum.
Tum tum.
Tum tum.
Mi premo due dita sul collo, a sinistra, e resto in ascolto. «Dove ti senti viva?», mi chiedono. E io lo so che la risposta che si aspettano non è un «sul petto», o «al polso». Ma non è per questo che mi tocco il collo, perché neppure io, in fondo, risponderei come non si aspetterebbero che facessi. Ho la mano lì, piuttosto, perché mi sono risposta con un’altra domanda: «che bisogno abbiamo di chiedercelo?». Non dovrebbe, il solo fatto di avere coscienza di noi, di esser-ci (e qui rispondo con un trattino al dove), fornirci di per sé un’inconfutabile e sufficiente prova della nostra corrente esistenza? Tra l’altro, poi, nel caso in cui ci tenessimo a restare su di un piano più prettamente fisico, diciamo che, pure senza l’aiuto di uno stetoscopio, riusciremmo senza troppe difficoltà ad ascoltare – sentire, appunto – il perpetrarsi involontario delle rumorose contrazioni di quell’organo che, per non dette ma trasparenti ragioni, più di ogni altro è stato eletto a rappresentare, nelle sue forme più o meno stilizzate, la vita stessa.
Okay, l’ho fatta lunga. La faccio altra. Non meno concreta, forse più breve, sicuramente meno immediata. Siamo l’unica specie vivente che, da quando la vita esiste su questa Terra – l’unica vivibile, almeno per quanto ci è dato conoscere – riesca a pensare e volere la propria morte. In altre parole (altre ancora), l’uomo è l’unico animale capace di concepire, meditare, e commettere suicidio; e cioè, letteralmente (ed etimologicamente), di fare strage di sé. Ecco, forse, perché risponderei «sul muso del cane di un passante», o «sul pelo del mio gatto», o ancora «sul baffo sfuggente di uno scoiattolo al parco a due fiati dalla noce che agito piano sul palmo della mano». Non che sia una domanda, quella che apre questa riflessione, che ci si pone gli uni gli altri, pur se tra esseri umani (e però pure i soli «i mortali» tra tutti i moribili), così spesso. Ma ho avuto comunque occasione di essere testimone di risposte diverse: a un concerto; in macchina a cantare con le amiche; a fare progetti; a fare traslochi; nelle canzoni; nelle parole; nelle relazioni. E allora (mi) chiedo: e nelle restanti miliardi di sistoli fuori da lì?
«Va’ dove ti esplode il cuore», dice il ritornello di un brano a me recentemente caro (perché può diventare in breve molto caro anche ciò che non ci è antico); «ma resta nel tragitto», direbbe chi crede che dopo il botto non resti che nulla.
Tum tum.
Tum tum.
Tum tum.
Nel cuore, rispondo io, alle domande tutte. L’unico posto in cui so che crescono fiori a ogni bomba, se batte per.
– Federica Margherita Corpina
“Ecco, forse, perché risponderei «sul muso del cane di un passante», o «sul pelo del mio gatto», o ancora «sul baffo sfuggente di uno scoiattolo al parco a due fiati dalla noce che agito piano sul palmo della mano». Non che sia una domanda, quella che apre questa riflessione, che ci si pone gli uni gli altri, pur se tra esseri umani (e però pure i soli «i mortali» tra tutti i moribili), così spesso. Ma ho avuto comunque occasione di essere testimone di risposte diverse.”