Gianni Rodari: l’immaginazione come strumento di cambiamento e speranza
Intervista allo scrittore che leggevo da bambina e che ancora oggi, da adulta, trovo così attuale: la sua immaginazione, le sue favole e i versi sono senza tempo.
Quali sono le tematiche principali nelle sue opere?
«Mi guardo sempre attorno cercando di capire come cambiare questo mondo che non mi piace. Le mie storie riflettono ideali pacifisti incoraggiando la libertà di espressione, la creatività dei bambini, non certo il conformismo degli adulti. L’esperienza come insegnante mi ha portato a comprendere l’importanza di un’educazione che stimoli la fantasia e l’autonomia dei bambini, elementi centrali nella mia narrativa».
In che modo ha utilizzato la fantasia nelle sue storie?
«Lascio la mia fantasia sempre libera, cominciando in realtà le mie storie senza sapere dove mi portano, ecco il bello: non sapere più come andare avanti, così cambio strada e la storia inizia a prendere un’altra forma, mi porta da un’altra parte dove non avevo pensato di andare in partenza. Nella mia opera Grammatica della fantasia ho sposato l’idea che l’immaginazione debba avere un ruolo centrale nell’educazione, incoraggiando i bambini ad esplorare e reinventare le storie. Mescolare elementi di diversi racconti per inventarne di nuovi».
Lei è stato l’unico scrittore italiano ad aver vinto il Premio Andersen. Ce ne parla?
«Questo è il premio più importante per chi fa il mio mestiere e ne sono stato davvero molto contento. Andersen, che gli ha dato il nome, è un vero genio, semplicemente una persona che ha creduto nel potere della fantasia e le ha dato corpo attraverso le sue fiabe. In più, quel giorno indimenticabile mi sono ritrovato in compagnia dei più grandi favolisti, e come dissi durante la cerimonia: si può parlare di cose serie e importanti anche raccontando fiabe allegre».
Lei sostiene che il compito dell’adulto è quello di stimolare la fantasia dei bambini. In un mondo oggi dove concediamo loro un uso eccessivo della tecnologia, che cosa ne pensa del nostro modo di educare?
«In effetti per gli adulti è una bella sfida, la situazione è un po’ complicata, devono prendere molto seriamente questo aspetto dell’educazione inventandosi qualche modo per stimolare i bambini a ritornare quello che dovrebbero essere e indirizzarli a riscoprire e riutilizzare l’immaginazione e la creatività come potenti strumenti di intrattenimento per auto-imparare. Non toglierei completamente il cellulare o il tablet, sono comunque un ottimo trampolino per poter lavorare, giocare, divertirsi con un bambino. Si potrebbe cominciare con questi strumenti, ad esempio per il suggerimento di una storia, una parola, una musica e da lì lavorare però unicamente con la persona, non più con il device, per creare qualcosa. Il bambino così sceglierebbe la direzione che preferisce, sprigionando finalmente la fantasia. Si dovrebbe provare ad usare questi strumenti come si fa, ad esempio, con gli elettrodomestici: solo come partenza».
Sbagliando «s’inventa», lei scrive nella Grammatica della fantasia, perché l’errore è un processo generativo di storie e di saperi, mi spiega questo passaggio?
«Se non si sbaglia, certo non si diventa grandi, la storia della nostra evoluzione è fatta di errori, di lenti cambiamenti e adattamenti alle situazioni. Lo sbaglio ti può portare in tante direzioni: un bambino ad esempio può sbagliare a “dire” una parola, facendole così cambiare destinazione. Con questi piccoli passaggi si può modificare davvero il mondo, perché una parola come “guerra” potrebbe diventare un vocabolo come “terra”».
Le sue rime e novelle catturano i piccoli per la loro curiosità e rivelano al lettore più maturo una grande attenzione ai temi sociali attraverso un uso rivoluzionario della parola. Come riesce ad «entrare» in più fasi della vita?
«Credo che faccia parte della mia natura, io mi sento un po’ così. C’è una parte-bambina di me che si trova molto gratificata nel giocare con le parole e una più adulta che mi fa sentire bene quando a queste parole affido dei messaggi importanti. Il mondo intorno mi offre davvero molti stimoli sia in positivo che in negativo».
Per lei era fondamentale la centralità del bambino. La società attuale non sembra tenere conto di questo, nelle guerre muoiono sempre più bambini. Che cosa scriverebbe oggi?
«Temo che tornerei a scrivere le medesime cose che dicevo venti, quarant’anni fa, non erano sbagliate allora e neanche adesso. È ingiustificabile quello che sta succedendo per colpa degli adulti: i bambini di un tempo e quelli di oggi avrebbero diritto allo stesso futuro di spensieratezza».
Lei credeva che un mondo senza guerra non fosse un’illusione ma una realtà da costruire. La poesia La luna di Kiev, scritta negli anni Cinquanta, oggi è più che mai attuale. Ce ne parla?
«Quella poesia mi colpisce veramente molto, in maniera semplice fa capire che le cose sono preziose perché ci crediamo fino in fondo, ma se non ci crediamo noi per primi, diventa difficile. La parte incredibile del bambino è che anche davanti agli orrori di una guerra ci può trovare qualcosa che non glieli fa vedere. La sua grandezza è riuscire a “vedere” anche le cose più orribili in secondo piano, se viene aiutato con la fantasia e la poesia, altrimenti ne resterebbe schiacciato; con gli occhi di un adulto probabilmente non riuscirebbe ad arrivare al giorno dopo. Se è abituato a cercare delle vie alternative nel leggere, quello che ha intorno gli rimane dentro come imprinting, e se si ferma alla prima impressione, porta quella semplificazione, che non lo aiuta a crescere, nel profondo. Ne La Luna di Kiev, pur non menzionando esplicitamente la guerra, sottolineo che la luna è la stessa per tutti. Simboleggia l’unità dell’umanità, suggerendo che al di là delle differenze culturali e politiche siamo tutti sotto lo stesso cielo. La luna diventa così un simbolo di speranza e solidarietà»
– Gianni Rodari
“Se non si sbaglia, certo non si diventa grandi, la storia della nostra evoluzione è fatta di errori, di lenti cambiamenti e adattamenti alle situazioni. Lo sbaglio ti può portare in tante direzioni: un bambino ad esempio può sbagliare a “dire” una parola, facendole così cambiare destinazione. Con questi piccoli passaggi si può modificare davvero il mondo, perché una parola come “guerra” potrebbe diventare un vocabolo come “terra”.“