Animenta con voi: quando la verità fa male è lì che parte la rinascita

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Viola racconta il suo viaggio attraverso il DCA, dalla sofferenza al perdono, costruendo una nuova casa per sé stessa e trovando la forza nella fragilità.
il racconto di viola
"Viola è una ragazza che fin da bambina ha sognato una vita semplice, simile a quella dei cowboy nei film che guardava con suo nonno: camicie a quadri, serate davanti al fuoco, il profumo del caffè e la compagnia del suo gatto. La vita passava attraverso l’innocenza dei suoi dieci anni, ma già allora una piccola voce, sottile e oscura, si faceva largo nella sua mente: un tormento che non sapeva definire e che nessuno sembrava notare". Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

La casa di Viola: un viaggio dalla fragilità alla forza

Tra le storie di vita con i Disturbi Alimentari, alcune escono dal solito schema narrativo. Un esempio è la storia di Viola, che ha deciso di parlarne sotto forma di un racconto.

Viola è una ragazza che fin da bambina ha sognato una vita semplice, simile a quella dei cowboy nei film che guardava con suo nonno: camicie a quadri, serate davanti al fuoco, il profumo del caffè e la compagnia del suo gatto. La vita passava attraverso l’innocenza dei suoi dieci anni, ma già allora una piccola voce, sottile e oscura, si faceva largo nella sua mente: un tormento che non sapeva definire e che nessuno sembrava notare.

La vita di Viola cambia drasticamente dopo il suo undicesimo compleanno, quando la madre le disse che per far sparire un «piccolo male» avrebbe dovuto perdere peso. A quel punto, la morbidezza che la contraddistingueva – e che per lei era un marchio di fabbrica – divenne un problema da risolvere. Ciò finì per creare tensioni e incomprensioni in famiglia: Viola si sentiva soffocata e, per reazione, la sua mente crebbe più velocemente del corpo. Iniziò così un’adolescenza piena di sfide e smarrimenti, mentre perdeva lentamente quella morbidezza che le era stata chiesta di abbandonare.

Viola ci mise quattro anni per il suo obiettivo, ma insieme alla perdita di peso arrivò un altro male, ben più grande: il Disturbo Alimentare. Il DCA divenne la sua nuova identità, il suo modo di sentirsi al sicuro. Anche il rapporto con la madre si complicò sensibilmente, e dopo la sua morte Viola scivolò ancora più a fondo, perdendo sé stessa. Era esausta di vivere in un limbo tra la vita e la morte. Fu proprio a quel punto, però, che riuscì a chiedere aiuto.

Iniziò un percorso terapeutico. La sua dottoressa, una figura eccentrica, la spinse a riflettere: «Saresti capace di scegliere una cosa sola e farla diventare la tua ragione di vita?», e la ragazza sembrò capire che per tanto tempo il Disturbo Alimentare era stato proprio quella «cosa». Aveva rinunciato a vivere per inseguire un ideale di leggerezza, finendo per capire che la fragilità porta con sé una forza incredibile. Si concesse il potere del perdono per fare pace con il suo passato.

Viola ora guarda al suo percorso con occhi diversi. Il «Posto» in cui trovava rifugio non ha più il potere di trattenerla. Ogni tanto vi si affaccia, ma non per restare, solo per ricordare da dove è partita e quanto è lontana. Ha imparato che dietro il buio, mattone dopo mattone, può costruire una nuova casa. E ora quella casa è finalmente pronta ad essere abitata da lei, solo per lei, per davvero.

– Cristina Procida

La sua dottoressa, una figura eccentrica, la spinse a riflettere: «Saresti capace di scegliere una cosa sola e farla diventare la tua ragione di vita?», e la ragazza sembrò capire che per tanto tempo il Disturbo Alimentare era stato proprio quella «cosa». Aveva rinunciato a vivere per inseguire un ideale di leggerezza, finendo per capire che la fragilità porta con sé una forza incredibile. Si concesse il potere del perdono per fare pace con il suo passato.

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