Intervista a Telmo Pievani: “Chi pensa ad altri mondi è tacciato di essere un illuso. Dire no? Un esercizio di libertà”

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Il filosofo Telmo Pievani esplora il legame tra imperfezione ed evoluzione, sottolinea l'importanza del "no" come atto di libertà e riflette sull’urgenza di scelte consapevoli per il futuro.
"In natura non ci sono standard ideali. Inoltre, non si parte mai da zero, bensì da materiali già esistenti, che hanno una loro storia pregressa, vincoli e peculiarità. Quindi nell’evoluzione si fa sempre di necessità virtù, si fa bricolage, riutilizzando strutture già esistenti per funzioni nuove". Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

L’imperfezione che ci ha resi umani: intervista a Telmo Pievani sull’evoluzione, la libertà e il potere del no

Telmo Pievani è filosofo della scienza, evoluzionista e saggista. È professore ordinario presso il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Padova, dove detiene la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche ed è visiting scientist presso l’American Museum of Natural History di New York. Socio di importanti società scientifiche e dell’editorial board di riviste internazionali, dirige il portale Pikaia. Collabora con il Corriere della Sera e con le riviste Le Scienze e MicroMega.

«Sono le strutture imperfette a farci capire in che modo funziona l’evoluzione», così racconta nel suo libro Imperfezione. Una storia culturale. L’imperfezione ci ha permesso di evolverci e le scelte delle persone, anche sbagliate, che impatto hanno sull’evoluzione? 

«I processi evolutivi si alimentano di diversità individuali, cioè si nutrono delle differenze uniche e irripetibili che caratterizzano ciascun singolo soggetto, portatore di mutazioni. In natura non ci sono standard ideali. Inoltre, non si parte mai da zero, bensì da materiali già esistenti, che hanno una loro storia pregressa, vincoli e peculiarità. Quindi nell’evoluzione si fa sempre di necessità virtù, si fa bricolage, riutilizzando strutture già esistenti per funzioni nuove. Il risultato non è ottimale, ma funziona. La perfezione non è una qualità evolutiva. L’errore nell’evoluzione (come anche nella scienza) ha un valore generativo».

«Dire di no» è sempre una scelta che cambia significativamente l’evoluzione umana, o ci sono dei frangenti in cui più di altri effettivamente «dire no» cambia il corso della storia?

«Dipende dalle circostanze. Dire di no è un esercizio essenziale di libertà ogni volta che un comportamento, una scelta, un pregiudizio ci vengono imposti, in famiglia, nel gruppo o in società. Oggi viviamo in un’epoca di terribile conformismo, un conformismo implicito. Consideriamo “naturali” e inevitabili strutture culturali del tutto discutibili, come il libero mercato neoliberista, le diseguaglianze più vergognose, la morte dei migranti, le espressioni di patriarcato, la devastazione ambientale. Chi prova a pensare ad altri mondi possibili viene subito tacciato di essere un illuso, un isterico, un estremista. Lo trovo assurdo e violento. Sui social si confonde la libertà di espressione con la licenza di insulto e di menzogna. Ci sono moltissime infamie a cui dire di no in quest’epoca e non lo facciamo abbastanza. “Non ci sono alternative” è una frase orribile. Ci sono sempre nuove possibilità da esplorare, racchiuse nel presente».

Dietelmo Pievani (Gazzaniga, 6 ottobre 1970), è un filosofo italiano specializzato in evoluzione. Laureato in Filosofia della Scienza a Milano, si è poi specializzato negli Stati Uniti, conseguendo un Dottorato e facendo ricerca in biologia evolutiva e filosofia della biologia, all’American Museum of Natural History di New York. È autore di diversi libri. Illustrazione di Chiara Bosna.

C’è stato un momento, nella sua carriera professionale, o nel suo percorso personale, in cui ha detto di no a una proposta, per poi scoprire le possibilità delle alternative? Qual è il potere (o il privilegio) di poter scegliere?

«Più di uno, anche se io faccio fatica a dire di no perché ho il problema di non voler deludere gli altri, terribile difetto. Da giovane dissi di no ai miei genitori che volevano “indirizzarmi” a studiare materie universitarie diverse da quelle che mi interessavano. Ho fatto di testa mia, ne ho pagato le conseguenze e mi è andata bene. Quel no mi ha aperto molte possibilità inedite».

«La solitudine è un’invenzione recente. Dove si scopre che non siamo mai stati soli nel gioco della storia naturale, che un mignolo può raccontare un sacco di storie sorprendenti, che fino a una manciata di millenni fa esistevano almeno cinque specie umane contemporaneamente e che in più di un’occasione nella nostra evoluzione le cose avrebbero potuto prendere tutta un’altra piega», così scrive nel suo libro La vita inaspettata. Il fascino di un’evoluzione che non ci aveva previsto: ma se dunque non siamo e non siamo mai stati soli, che importanza hanno le decisioni umane, individuali e collettive?

«Una grandissima importanza. Se la nostra storia passata è stata contingente e aperta, allora significa che anche il futuro lo è. Se le nostre esistenze facessero parte di un disegno superiore, se ci fosse una provvidenza, una causa finale nascosta nell’evoluzione, allora sì che le nostre decisioni individuali e collettive sarebbero solo il tassello di una trama più grande e già scritta. Io penso invece che il singolo evento, la singola scelta, possano fare la differenza, deviare il corso degli eventi, cambiare il mondo. Come l’asteroide che 66 milioni di anni fa colpì la Terra, condannò gran parte dei dinosauri (i dominatori del momento) e consegnò le nicchie ecologiche ai mammiferi, dalla cui diversificazione nasciamo anche noi».

«La natura è più grande di noi perché non fa nulla per un fine», lei scrive ne La natura è più grande di noi. Storie di microbi, di umani e di altre strane creature. Osservando quello che è accaduto nella storia dell’uomo, l’evoluzione umana è stata determinata da scelte consapevoli o casuali? Qual è effettivamente l’impatto (positivo o negativo) che l’essere umano ha, e fino ad ora, come ci stiamo comportando nei confronti del nostro pianeta?

«Molto male, direi. Homo sapiens è una specie ambivalente, molto creativa e altrettanto distruttiva. Dove arrivarono i nostri antenati, nulla fu più come prima, da almeno 60 millenni. L’Antropocene è una vecchia storia. Le nostre scelte, anche quelle apparentemente consapevoli, sono spesso irrazionali e miopi. Non siamo lungimiranti, amiamo il profitto a breve termine. Oggi poi la stupidità umana, fra guerre e dazi, sta raggiungendo livelli preoccupanti. Gli elettori vengono abbindolati con parole d’ordine come “sicurezza” e “interesse nazionale”, quando l’unico modo per salvarci è cooperare con gli altri e valorizzare le diversità, non certo alzare inutili muri».

Le scelte collettive e individuali, se sommate tra loro, corrispondono a una direzione globale in cui si muovono le persone. Il cambiamento climatico può essere un esempio più che attuale. Pensa che vietare comportamenti scorretti e non sostenibili potrebbe determinare un passaggio positivo nell’evoluzione umana e dell’ambiente circostante?  O, al contrario, l’incapacità di scegliere potrebbe addirittura portarci alla nostra estinzione? 

«Non credo che in gioco ci sia la nostra estinzione. Ce la caveremo anche questa volta. Il punto è: a quale prezzo, in termini di sofferenze umane, di ingiustizie e di discriminazioni? Ricchezze stratosferiche sono in mano a un manipolo di tecnofeudatari digitali, ignoranti, immaturi, evasori fiscali e pericolosissimi. Ne usciremo capendo che dobbiamo ritrovare una solidarietà globale, terrestre, per generosità verso le generazioni future. Divieti e imposizioni non funzionano (anche se a un certo punto forse non potremo farne a meno), bisogna cambiare i comportamenti, i principi etici e le consapevolezze. Dobbiamo aggiornare le nostre Costituzioni e aggiungere nuovi vincoli positivi al nostro vivere civile: la solidarietà verso gli interessi delle future generazioni, la protezione della natura, i beni comuni».

Nel suo ultimo libro, Tutti i mondi possibili. Un’avventura nella grande biblioteca dell’evoluzione ci fa comprendere la storia sociale delle ricerche scientifiche e l’ecologia della serendipità. Se non possiamo sapere tutto, e se il morfospazio è pieno di «zone vuote», come possiamo agire con consapevolezza e responsabilità? E se facessimo errori senza comprenderlo?

«Gli errori fanno parte del gioco e dobbiamo trasformarli in occasioni di apprendimento, perché siamo tanto ignoranti. Moltissimi fenomeni naturali ancora ci sfuggono, figuriamoci quelli sociali ed economici. La scienza è gestione razionale dell’incertezza, non dogma di verità. Dobbiamo fidarci della scienza proprio perché sbaglia e raggiunge risultati che sono il frutto di un controllo sperimentale e sociale incrociato fra i pari di una certa disciplina. L’esercizio del morfospazio ci insegna che il possibile è molto più grande del reale, che in ogni istante ci troviamo in un punto di quell’immenso spazio combinatorio e siamo circondati da un “possibile adiacente” da esplorare. L’avventura umana è appena cominciata».

– Telmo Pievani

Dire di no è un esercizio essenziale di libertà ogni volta che un comportamento, una scelta, un pregiudizio ci vengono imposti, in famiglia, nel gruppo o in società. Oggi viviamo in un’epoca di terribile conformismo, un conformismo implicito. Consideriamo “naturali” e inevitabili strutture culturali del tutto discutibili, come il libero mercato neoliberista, le diseguaglianze più vergognose, la morte dei migranti, le espressioni di patriarcato, la devastazione ambientale. Chi prova a pensare ad altri mondi possibili viene subito tacciato di essere un illuso, un isterico, un estremista. Lo trovo assurdo e violento. Sui social si confonde la libertà di espressione con la licenza di insulto e di menzogna. Ci sono moltissime infamie a cui dire di no in quest’epoca e non lo facciamo abbastanza.”

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