Una telefonata attraverso il tempo: intervista impossibile a Winston Churchill
Sir Winston Leonard Spencer Churchill è stato un politico, storico, giornalista, scrittore e militare britannico. È stato Primo ministro del Regno Unito dal 1940 al 1945 e nuovamente dal 1951 al 1955.
Impossibile incontrarsi di persona. Così decidiamo che la cosa migliore sia procedere con la nostra chiacchierata al telefono. La comunicazione, extradimensionale è leggermente disturbata dalla lontananza.
Sir Winston Churchill, quale è stata la sua influenza nella politica estera del Regno Unito?
«Nei miei diversi incarichi ministeriali credo di aver fatto tutto il possibile per tutelare gli interessi dell’Impero britannico e per mantenere saldo il suo ruolo di primo piano nel mondo. Nella seconda metà degli anni Trenta, quando non ero al governo, vidi per tempo il pericolo costituito dall’aggressività della Germania nazista, per questo, quando la guerra contro Hitler parve prendere una brutta piega, fui chiamato da re Giorgio VI a ricoprire la carica di primo ministro e diressi il governo della Gran Bretagna in uno dei momenti più difficili della sua storia».

Quali sono stati i principali successi come primo ministro?
«Il primo obiettivo che riuscii a ottenere fu convincere i miei connazionali che non si poteva scendere a patti con la Germania e occorreva proseguire la guerra contro un nemico che era la negazione dei nostri valori. Fu importantissimo stabilire un rapporto di fiducia e collaborazione con il presidente americano Franklin Delano Roosevelt. L’ingresso nel conflitto degli Stati Uniti, che già in precedenza ci avevano generosamente aiutato a contenere i nazisti, fu la chiave decisiva per la vittoria».
Sir Churchill cosa intendeva con l’espressione: «Cortina di ferro»?
«Sono sempre stato un convinto anticomunista. Da ministro della Guerra nel 1919 avevo insistito sulla necessità di aiutare i controrivoluzionari che combattevano i bolscevichi in Russia. Ma quando Hitler, nel giugno 1941, invase l’Unione Sovietica, non esitai a schierarmi al fianco di Stalin e del suo Paese aggredito a tradimento. Tuttavia sulle mire espansioniste del Cremlino non mi feci mai illusioni. E nel 1946, quando non ero più al governo, denunciai il fatto che sull’Europa orientale era calata appunto una “Cortina di ferro”. Cominciò allora la guerra fredda tra il blocco comunista e l’Occidente, terminata tra il 1989 e il 1991 con il collasso dell’impero sovietico».
Lei ha sostenuto che il successo non è mai definitivo, solo la perseveranza è la vera chiave…
«Nella mia vita ho conosciuto fasi di grande fulgore e periodi di amaro isolamento. Ho avuto un brillante esordio politico nel 1911 a 37 anni, ma poi, durante la Prima guerra mondiale, ho pagato lo scotto del fallimento della spedizione militare in Turchia, che avevo fortemente voluto. Dopo un paio d’anni sono tornato sulla cresta dell’onda come ministro della Guerra e poi cancelliere dello Scacchiere, cioè responsabile della politica economica, ma la crisi del 1929 ha fatto crollare il mio prestigio. Per circa un decennio sono stato emarginato, ma con la Seconda guerra mondiale, a 66 anni, ho preso la testa del Regno Unito e l’ho condotto alla vittoria. Poco dopo sono stato battuto dai laburisti alle elezioni del 1945, ma nel 1951 mi sono preso la rivincita e sono tornato a dirigere il governo».

psicosomatica, specializzata in alimentazione, cronista del Bullone.
Lei disse: «Bizzarro popolo gli italiani: un giorno 45 milioni di fascisti, il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani».
«Era una battuta maligna che feci per commentare il modo rapido con cui tanti vostri connazionali passarono in breve dal consenso verso Benito Mussolini al rinnegamento del fascismo dinanzi ai disastri della guerra. D’altronde io stesso avevo in un certo periodo apprezzato il Duce, per poi ricredermi completamente quando scelse di legarsi a Hitler».
Lei ha affermato che chi può vincere bene una guerra raramente può fare una buona pace.
«Le qualità che servono in guerra sono diverse da quelle che aiutano a costruire una pace equa e durevole. Nel primo caso ci vuole una forte determinazione per convincere i propri connazionali a sacrificare la vita in nome della patria. Quando le ostilità finiscono e la parola passa alla diplomazia, occorre saper valutare le circostanze con freddezza e mostrare comprensione anche per le ragioni del nemico sconfitto e le sue esigenze di sicurezza».
La sua filosofia è stata volta ai cambiamenti nella ricerca di un miglioramento sociale. La prima cosa è saper cambiare prospettiva, anche a costo di sbagliare. Come riuscirci?
«Se non ci si impegna con tutte le proprie energie, è difficile ottenere risultati duraturi in campo politico. Al tempo stesso bisogna saper cogliere i segni del cambiamento, senza ostinarsi a difendere posizioni superate. Sul terreno ideologico sono un conservatore, ma credo di non essermi mai fossilizzato nella cieca difesa dell’esistente: durante la Seconda guerra mondiale chiamai al mio fianco i laburisti in un governo di unità nazionale e collaborammo in modo proficuo, adottando misure importanti di protezione sociale a vantaggio della popolazione».
Nel famoso discorso alla gioventù accademica del 1946 lei disse: «Dobbiamo costruire una sorta di Stati Uniti d’Europa». Come vede oggi questa unità?
«Conosco per esperienza personale gli orrori della guerra. Prima di dedicarmi alla politica avevo intrapreso la carriera militare, poi da governante sono stato impegnato in ben due guerre mondiali. Al termine della seconda, mi resi conto che c’era un solo modo per porre fine al ripetersi di simili tragedie: promuovere un’aggregazione fra gli Stati dell’Europa continentale, a cominciare dalla Francia e dalla Germania. Molta acqua è passata sotto i ponti: Germania e Francia hanno seguito la via che avevo loro indicato e oggi hanno anche una moneta comune, insieme all’Italia e a molti altri Paesi del continente, ma manca un’autentica integrazione politica. La Gran Bretagna aveva aderito al progetto europeo, ma poi se n’è distaccata con la Brexit. Mi fa piacere che sui problemi cruciali della difesa l’attuale governo di Londra intenda collaborare con i Paesi dell’Unione Europea. Gli ostacoli non mancano, ma se vogliamo evitare un doloroso declino, la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa non deve essere abbandonata».
– Winston Chuchill
“Sono sempre stato un convinto anticomunista. Da ministro della Guerra nel 1919 avevo insistito sulla necessità di aiutare i controrivoluzionari che combattevano i bolscevichi in Russia. Ma quando Hitler, nel giugno 1941, invase l’Unione Sovietica, non esitai a schierarmi al fianco di Stalin e del suo Paese aggredito a tradimento. Tuttavia sulle mire espansioniste del Cremlino non mi feci mai illusioni.“