La storia di Denise Corbetta

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Di Denise Corbetta

La leucemia? Ho solo ricordi positivi. Se mi chiedete di dirvi qual è il mio motto vi direi «Always keep Smiling!». Questa frase racchiude tutto il mio modo di essere, credere e vivere. Da quando il 22 gennaio 2010 mi hanno detto: «Hai la leucemia», non ho mai smesso di sorridere e di vedere il lato positivo delle cose. Alcune persone nel corso della malattia dicevano di ammirare la mia forza, il mio coraggio e di non sentirsi in grado di affrontare una prova del genere. Ma a me non è mai sembrato di essere più forte di loro. Ho semplicemente fatto quello che andava fatto: curarmi. E l’ho sempre fatto vedendo il bicchiere mezzo pieno.

Se la malattia era capitata a me, era sicuramente perché io potevo affrontarla. Se ero destinata ad affrontare questo lungo percorso, beh, un fine ci doveva pur essere. E così è stato. Non mi sono mai arresa davanti a niente. Grazie alla leucemia ho conosciuto persone straordinarie, medici, infermieri, ragazzi e associazioni incredibili. Ho fatto esperienze mozzafiato che mai avrei potuto fare altrimenti. Quindi, perché essere triste per questo cammino particolare e tortuoso? Ha fatto entrare nella mia vita una presenza tenerissima: il mio adorabile cagnolino Wish. Mi ha dato la mia migliore amica, Giulia Carrer, una ragazza straordinaria, una delle persone più importanti per me e a cui voglio un mondo di bene. Mi ha fatto conoscere amici fantastici e che amo molto, come Eleonora Bianchi e Paolo Crespi.

Mi ha dato l’opportunità di stringere un legame più forte con la mia famiglia che adoro e che ho costantemente vicino. Ho sempre pensato che nella sfortuna sono stata molto fortunata. Per questo quando i medici mi chiedevano come stavo, indipendentemente da come stessi realmente, rispondevo sempre «bene», perché lo pensavo davvero. Ero curata, coccolata, ascoltata, avevo attorno persone straordinarie, vivevo avventure che non avrei mai vissuto altrimenti; perciò io ricordo solo il bello del viaggio verso e dopo il trapianto di midollo. E poi la malattia mi ha permesso di vivere momenti indimenticabili, anche grazie alla Magica Cleme, e mi ha fatto realizzare un piccolo, grande sogno: conoscere mio padre.

Mia mamma e mio papà si sono conosciuti come in una favola: alla Walt Disney di Orlando, 24 anni fa. Durante uno spettacolo, mio padre Derrick scelse una ragazza tra il pubblico, la mia splendida mamma Loredana. Fu amore a prima vista e si fidanzarono. Purtroppo lei sarebbe rimasta solo un anno a Orlando e una volta tornata si accorse di aspettare me. Ai tempi non c’erano tutte le tecnologie di adesso e riuscirono a rimanere in contatto per due anni. Poi causa trasloco, distanza e altro si persero i contatti con mio papà. Perché vedere il bicchiere mezzo pieno? Perché le favole hanno sempre un lieto fine e io lo avrei scritto prima o poi.

Infatti nel 2012 il mitico dottor Jankovich mi propose un viaggio in Florida con un tour che passava per Orlando. Il mio cervello iniziò a lavorare e a breve cercai mio padre su fb. Lo trovai, guardai dove lavorava e chiamai tutti i posti con quel nome fino a individuare il ristorante giusto. Poi sono partita col gruppo di ragazzi dell’ospedale per questa avventura. Ero consapevole del fatto che Derrick poteva benissimo decidere di non vedermi e di non rispondermi, ma da ottimista quale sono, speravo che sarebbe andata bene. Ho raccontato ai ragazzi e alla guida che volevo conoscere mio padre e loro decisero di aiutarmi. Un pomeriggio andammo tutti al suo ristorante e la guida lo fece uscire con una scusa. Scesi dal pulmino, lo guardai e gli dissi: «Ciao papà, sono tua figlia». Non dimenticherò mai la sua espressione. Fece un sorriso bellissimo, gli occhi gli diventarono lucidi e abbracciandomi forte mi disse: «Lo vedo, hai i miei stessi occhi!» e scoppiammo a piangere entrambi.

Parlammo qualche minuto, mi invitò a cena la sera stessa e chiacchierammo molto conoscendoci. Una serata magnifica. Poi mi riportò a casa e sulla strada del ritorno mi disse: «Ti voglio bene figlia!» e intanto davanti a noi si vedevano in lontananza i fuochi d’artificio della Walt Disney quasi a dire «…e vissero felici e contenti». Che magia, che giornata emozionante, che serata stupenda! Ho anche scoperto di avere due fratelli e due sorelle più piccoli in America. Non potrei essere più felice. Anzi sì. Grazie a B.live ho iniziato diversi progetti con varie aziende: abbiamo creato una linea di borse, una di trucchi biologici, una di gioielli e tanto altro. Ma una cosa ancora più bella mi è appena successa.

Prima di natale con B.live siamo andati a visitare il Mandarin Oriental Milano, un hotel 5 stelle Luxury dietro alla Scala di Milano. Il migliore della città. Appena entrata mi sono sentita come in un sogno. Un posto bellissimo. Un’atmosfera spettacolare, calorosa e accogliente, ma soprattutto uno staff gentile, solare e disponibile in ogni momento. Durante la visita ho sperato, dato che studio scienze del turismo, di poter un giorno lavorare in un ambiente del genere. Mai mi sarei aspettata di realizzare così in fretta quel sogno. Ho conosciuto Samira, ragazza adorabile che lavora alle risorse umane dell’hotel. Mi ha lasciato la sua email per mandare un curriculum per un eventuale stage. E io così ho fatto, ma non pensavo mai che avrei avuto la possibilità di un colloquio. Invece, di lì a un mese, mi arriva una chiamata inaspettata. Samira disse che il mio CV li aveva interessati e volevano farmi un colloquio. Che onore! Già solo quello per me era incredibile. E poi vada come vada. Con un sorriso enorme stampato in faccia feci un incontro con Irina e Davide, due persone straordinarie che riuscirono a farmi sentire tranquilla e a mio agio persino in un lungo colloquio in inglese. Uscita di lì ero entusiasta. Non sapevo che cosa sarebbe accaduto. Beh, ora vi posso dire che sono stagista al Mandarin Oriental da un mese circa e sono felicissima.

Essere ottimista, vincere la leucemia, affrontare tutto con un sorriso mi ha portato a realizzare un altro sogno bellissimo. Fare uno stage del genere è un’opportunità immensa. Sono onorata di fare parte di questa grande famiglia. Sì, per me è come una famiglia. I colleghi sono persone stupende, gentili, simpatiche e sempre pronte a insegnarmi tutto. I manager sorridenti e disponibili ad aiutarti se hai bisogno. Un ambiente di lavoro sereno. Sono tutti molto esigenti e vogliono il massimo, ma riconoscono il tuo buon lavoro e ti rispettano. Questa è una cosa fondamentale perché lavori meglio in un ambiente in cui ti senti apprezzato. E io sono fiera di farne parte e di regalare ai nostri ospiti esperienze incredibili. La malattia mi ha portato molte cose positive. Questo è l’anno più importante: sei anni dal trapianto. Secondo il protocollo sarò ufficialmente guarita il 30 giugno 2016 (nel 2010 ho fatto il trapianto). Sei anni fa non avrei mai pensato di arrivare dove e come sono adesso. Ma sono più felice che mai di aver affrontato questo percorso. Perciò il 30 giugno di quest’anno dirò: «Leucemia, abbiamo passato momenti belli e brutti insieme, tu ti sei imposta nella mia vita e io ti ho accettata, vissuta e sconfitta, ma ora tra noi è finita. Ti ringrazio per aver contribuito a farmi diventare quella che sono, ma a mai più rivederci!». Tutti dobbiamo «always keep smiling», perché non sai mai da dove, da chi o da che cosa possa arrivare una grande opportunità.

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