Essere studenti dopo il covid: dopo due anni di DAD, però, è anche ingiusto pretendere di ritornare ad avere gli stessi studenti di prima. i professori dicono di far fatica a intraprendere una relazione aperta e serena con noi studenti. In effetti, sono cosciente del fatto che il rapporto è distante e mantenuto sul piano professionale, senza quell’elemento di fiducia che consente di vedere gli insegnanti come punti di riferimento anche al di fuori dell’ambiente scolastico.
Parlare di sistema scolastico in generale, è complicato, perché ogni studente vive in modo unico la propria esperienza a scuola.
La mia classe è stata spesso giudicata «difficile», perché i professori dicono di far fatica a intraprendere una relazione aperta e serena con noi studenti. In effetti, sono cosciente del fatto che il rapporto è distante e mantenuto sul piano professionale, senza quell’elemento di fiducia che consente di vedere gli insegnanti come punti di riferimento anche al di fuori dell’ambiente scolastico. Dopo due anni di DAD, però, è anche ingiusto pretendere di ritornare ad avere gli stessi studenti di prima.
È vero che siamo fortunati ad avere la possibilità di sederci al banco, ma il rapporto relazionale tra compagni e con gli insegnanti è diverso ed è faticoso adattarsi. È ingiusto pretendere, perché non siamo più nemmeno le stesse persone di due anni fa. Già è complicato cercare di ritornare alla vecchia routine con la stessa serenità mentale che si aveva prima della pandemia; immaginate quanto sia pesante dover andare a scuola e ritrovarsi cause della frustrazione e delusione dell’insegnante, che non vede più «i suoi studenti di una volta».
Essere uno studente dopo il Covid
Alcuni dei miei insegnanti si sono informati sul nostro stato di salute e «benessere», privatamente e non, ma dall’altra parte c’è sempre la convinzione, soprattutto degli insegnanti più avanti con l’età, per intenderci quelli che iniziano ogni frase con «ai miei tempi», che l’essere giovani sia automaticamente sinonimo di energia e partecipazione in ogni momento di ogni giornata. Spoiler: non è così. Forse quarant’anni fa la scuola era il luogo di socializzazione per eccellenza; oggi è diverso, si socializza solo con le stesse persone in determinati momenti della giornata, la digitalizzazione e il controllo del rispetto delle normative Covid, per poco non permettono nemmeno ai maggiorenni di firmarsi un permesso. Mentalmente è un luogo molto stancante.
Manca fiducia. Noi studenti siamo diventati il capro espiatorio del contagio e potrà anche essere vero, ma sentirsi ripresi e accusati innumerevoli volte, non stimola decisamente la volontà di ammorbidire il rapporto con i professori. È comprensibile che siano spaventati e si sentano soggetti a rischio, ma è anche vero che un ambiente sereno in classe nasce dalla serenità di chi lo vive, e un insegnante sull’orlo dell’esaurimento è lontano dalla parola serenità.
Servono modelli di scuola diviersi
Acquisire maturità organizzando il proprio lavoro e imparare ad essere autonomi è molto importante per noi studenti, ma anche qui c’è incoerenza. Ci sono professori che fanno tragedie per sciocchezze e mi fanno domandare a cosa serva andare a scuola per crescere e diventare persone migliori, quando sulle piccole cose, come libri dimenticati o compiti, vengono fatti discorsi moralisti che contengono le parole: «immaturi» e «presa in giro».
È un rientro difficile, ci sono spesso cambi di orari e organizzativi, c’è l’agitazione dei professori, che non si capisce bene se richiedono studenti indipendenti o studenti «modello» senza autonomia. Ci sono le regole da seguire, il programma da recuperare, l’esame di Stato da preparare. Quando la classe è spenta si richiedono studenti allegri, ma dopo le battute di troppo si ritorna ad essere gli studenti casinisti e perditempo. Forse le pretese, gli obblighi e richieste dovrebbero essere intermediati da momenti di ascolto, di spensieratezza e di condivisione, ma la strada è lunga e in Italia non ci sono mai stati traguardi del genere.
Banalmente la cosa che mi dispiacerà di più sarà finire la scuola senza un compagno di banco.