L’intervista a Samantha Cristoforetti, prossima Comandante della Stazione Spaziale Internazionale che tra pochi mesi ripartirà per lo spazio. Ci racconta della Terra con fiducia nel futuro e con un grande augurio finale.
Novanta minuti. È questo il tempo impiegato dalla Stazione Spaziale Internazionale per orbitare intorno alla Terra. Lo fa a una distanza di circa 400km, troppo poco per consentirne una visione completa, ma sufficiente per far sentire la persona una formica rispetto alla sua grandezza.
A raccontarlo è Samantha Cristoforetti, astronauta italiana e detentrice del record europeo e femminile di permanenza nello Spazio in un singolo volo, rispondendo alle domande dei giovani della redazione di Jedi Nuvolaverde e del Bullone, riuniti per l’occasione nella cornice del Teatro PuntoZero presso il carcere minorile Beccaria di Milano.
Samantha Cristoforetti di nuovo nello spazio
Samantha, come descriverebbe con una parola, stare nello Spazio?
«C’è un’espressione che mi è capitato di usare che non racchiude tutto ciò che significa stare nello Spazio, ma che descrive quella che per me è stata la cosa più importante. Questa espressione è “esplosione di libertà”. Quando sei nello spazio, ti liberi di tutto e ti svesti del tuo peso. Vai a vivere in una dimensione di leggerezza assoluta, dove tutto è senza sforzo».
Stando nello Spazio, la Terra le sarà apparsa infinitamente piccola. Come si è sentita?
«Ho il dovere di ricostruire un contesto diverso. Quando ci riferiamo alla Stazione Spaziale Internazionale, parliamo di orbita bassa terreste e, dunque, di 400km di distanza dalla Terra. In questo contesto, la Terra appare ancora molto grande. Per dare l’idea, immaginiamo che la Terra abbia le dimensioni di una palla da biliardo, intorno alla quale giriamo a una distanza di pochi millimetri e a una velocità impressionante. Ecco, se noi pensassimo di essere una formichina a pochi millimetri da una palla da biliardo, quella palla sarebbe per noi ancora molto grande. È così che ci si sente sulla Stazione Spaziale».

Nello spazio è come abbracciare l’umanità
Che sensazioni si provano?
«Nonostante la Terra non appaia come un puntino lontano, andare nello Spazio rende più presente il pensiero che la Terra sia piccolissima rispetto alla grandiosità dell’Universo. Inoltre, stando nello Spazio, acquisisci un punto di vista esterno rispetto alle vicende umane. Personalmente, questo mi ha permesso di provare un legame profondo con il Pianeta e i suoi abitanti. Ogni novanta minuti gli giri intorno come in un abbraccio. È come se ogni ora e mezza abbracciassi tutta l’umanità. Piano piano quei luoghi che sorvoli in continuazione diventano familiari, ti sembra davvero che tutta la Terra sia casa tua. Paradossalmente ti senti più vicina che lontana».
Nel suo abbracciare l’umanità, pensa che gli uomini e le donne del nostro tempo stiano percorrendo la strada giusta?
«Magari lo sapessi! Io sono una donna che tende a vedere il bicchiere mezzo pieno, seppur sia consapevole dei problemi e delle difficoltà che stanno attanagliando il nostro Pianeta. Nonostante le sfide che ci vengono poste, io sono contenta di vivere sulla Terra nella nostra epoca. Ho fiducia nel fatto che l’umanità troverà la sua strada e troverà il modo di risolvere i problemi che le si pongono. Nel lungo termine vedo una traiettoria positiva. Ricordiamoci che bisogna sì avere il pessimismo dell’intelligenza, ma abbiamo anche il dovere dell’ottimismo della volontà. Dobbiamo affrontare criticamente le crisi planetarie, ma anche rimboccarci le maniche con ottimismo per risolvere i problemi».

Il prossimo comandante della ISS
Nel prossimo aprile, vivrà nello Spazio da comandante della Stazione Spaziale Internazionale. Cosa significa?
«Forse è banale dirlo, ma essere comandante della Stazione Spaziale Internazionale è innanzitutto una responsabilità. Questo però non significa che sia un lavoro difficile. Nella pratica, significa essere leader di un team composto da sei o sette colleghe e colleghi estremamente competenti, affidabili e motivati e molto simili per cultura e formazione. Queste caratteristiche permettono di capirsi al volo, rendendo il da farsi più semplice».
Ci saranno aspetti insidiosi…
«L’aspetto più insidioso sta nella necessità di essere sempre pronta e preparata ad affrontare ogni imprevisto. È molto improbabile che si verifichi qualche evento negativo, ma in caso succedesse, si deve essere in grado di affrontarlo, del resto è ciò per cui siamo addestrati. In quelle circostanze, da una tua decisione può dipendere l’esito della missione, e addirittura la sopravvivenza stessa dell’equipaggio».

I poeti nello spazio
Lavorare in equipaggi spaziali sarà sempre solo prerogativa di scienziati e scienziate o sarà possibile anche per poeti e filosofi?
«Spero proprio di sì! Sarebbe l’occasione per raccontare lo Spazio con una sensibilità e una capacità di osservazione e condivisione diverse, che alle volte gli scienziati e le scienziate non hanno».
Del resto, in queste settimane abbiamo già visto privati cittadini volare nello Spazio.
«Sì, per ora i voli nello Spazio rimarranno appannaggio di persone facoltose, ma nulla vieta che proprio loro scelgano di sponsorizzare viaggi spaziali anche per chi ha una sensibilità diversa rispetto a quella propria degli uomini e delle donne di scienza».
Lei ha parlato di donne di scienza. Cosa consiglierebbe a una giovane ragazza che voglia dedicarsi alle materie scientifiche e tema siano discipline prettamente maschili?
«Ho difficoltà a pensare che una ragazza realmente interessata alle discipline scientifiche pensi che queste siano per soli uomini. È vero che le donne restano una minoranza, ma questo non rende gli ambienti scientifici sgradevoli od ostili, o almeno io non l’ho mai percepito tale e nemmeno le mie colleghe».

Chi è Samantha Cristoforetti
Veniamo ad aspetti più personali. Chi era Samantha Cristoforetti prima di diventare astronauta?
«Ero una giovane donna molto determinata e totalmente dedicata all’ottenimento della migliore performance in quello che facevo. Ero una pilota dell’aeronautica militare di 32 anni, ambiziosa e competitiva, con il sogno di diventare astronauta. Dopo essere andata nello spazio, devo dire di essermi un po’ calmata. Avendo raggiunto questo grande obiettivo, ho acquisito un nuovo equilibrio anche con la famiglia e gli amici, smettendo di focalizzarmi solo sul lavoro».
C’è una cosa che Samantha Cristoforetti ha fatto particolarmente bene nella sua vita?
«Una cosa che ho fatto davvero bene è l’ingegnere di bordo nella mia prima missione spaziale. Sia durante la fase di training, che durante l’esecuzione della missione ho saputo gestire tutto senza intoppi e in più mi sono anche divertita molto».

Il passato, il futuro, la Luna
Se guarda al suo passato professionale, ha qualche rimpianto?
«Forse sono influenzata dai racconti di fantascienza, ma ho l’idea che anche nel caso in cui si potesse, cambiare il proprio passato sia sempre pericoloso, perché non si potranno mai conoscerne gli effetti e le conseguenze. Detto questo, io sono contenta dove sono. Inoltre, sono convinta che il punto in cui si arriva sia il prodotto di tutti gli errori fatti. Sono gli errori che ti aiutano e ti formano. Del resto oggi, se guardo indietro ad eventi che mi sembravano una sfortuna, con il senno di poi penso che poi sfortune non erano».
Dopo i viaggi spaziali sa già cosa sarà del suo futuro? Ha ancora dei sogni aperti?
«Io sono abbastanza aperta. Mi immagino tanti futuri possibili, tutti a loro modo belli. Non escludo di continuare a fare l’astronauta, così come di smettere e di dedicarmi a tutt’altro. Sicuramente, non ho il desiderio di ottenere cariche altisonanti che rischiano di essere solo grandi fregature. Nei miei futuri possibili, c’è il desiderio di fare qualcosa che mi interessi e al contempo mi permetta di crescere e contribuire al progresso, restituendo alla società che mi ha cresciuta, ciò che ho ricevuto. Non so cosa farò, ma sicuramente ci sarà qualcosa di bello da fare».
Un’ultima curiosità. Perché non c’è più stata una missione sulla Luna?
«Non dobbiamo meravigliarci del fatto che non ci siano più stati viaggi sulla Luna, ma del fatto che ce ne sia stato già uno. Le missioni Apollo sono state il risultato di circostanze storiche difficili da ripetere e assolutamente eccezionali. Dopo quegli eventi, le attività spaziali sono state rincanalate in un cammino più naturale e progressivo, seppur lento, in ragione dei costi e delle complessità connesse. Ogni programma spaziale necessita di decenni per essere completato, abbiamo avuto lo Shuttle, poi la Stazione Spaziale Internazionale e poi sarà la volta di una nuova esplorazione lunare».