Il progetto LudoMi del Politecnico di Milano utilizza una soluzione tecnologica denominata Magika per la riabilitazione dei bambini con disabilità cognitiva
La tecnologia al servizio del bambino con il Progetto LudoMi, co-finanziato dal programma di impegno e solidarietà sociale del Politecnico di Milano, che si propone di creare nuovi servizi educativi, in particolare per bambini con disabilità cognitiva, basati su una soluzione tecnologica denominata Magika.
Ne parliamo con la professoressa Franca Garzotto, responsabile scientifico del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico.
Progetto LudoMi tra tecnologia e riabilitazione
Professoressa Garzotto, come vede questa unione sempre più risonante tra uomo e tecnologia?
«Ci sono due dimensioni di utilizzo della tecnologia. La prima progettata da esperti a scopo riabilitativo; nella seconda, la tecnologia come processo costruttivo. Progettare delle soluzioni tecnologiche insieme con i ragazzi. Noi abbiamo contatti con vari centri terapeutici sia in Italia che all’estero, però bisognerebbe riuscire a dare una struttura più sostenuta al progetto per poterlo far vivere con una prospettiva di sostenibilità, continuità e scalabilità; altrimenti resta un’esperienza isolata».
LudoMi e Magika, la «stanza magica», una stanza multisensoriale progettata per stimolare i sensi del bambino con disabilità cognitiva. Ci racconta com’è iniziato questo progetto?
«Siamo una dozzina di persone tra ricercatori, dottorandi e studenti del master. L’idea è nata come sintesi finale di tutta una serie di esperienze tecnologiche che avevamo fatto con la realtà virtuale, ambienti stimolanti, caratteri e personaggi simulati. Il tutto sia in un attraverso la proiezione ambientale, sia con la realtà virtuale a visori indossabili, e con oggetti smart, come robot, pupazzi, giocattoli, arricchiti digitalmente. La stanza magica è una sintesi di queste competenze, esperienze tecnologiche che avevano dimostrato un enorme impatto sui bambini soprattutto con disabilità cognitiva. Parliamo di disturbi del neurosviluppo: autismo, difficoltà linguistiche, disturbi nella sfera dell’apprendimento. Queste tecnologie se rese molto interattive, immersive e se hanno anche una dimensione tangibile e fisica, che coinvolge il corpo, promuovono dei processi notevoli di apprendimento e di acquisizione di competenze, sia sociali che di natura cognitiva. Nella stanza ci sono oggetti smart, musica, luci, aromi, contenuti immersivi attraverso sistemi di videoproiezioni e c’è un’integrazione basata sulla manipolazione. All’interno degli oggetti ci sono attuatori che tramite un sistema di calcolo sono in grado di percepire le manipolazioni e di restituire dei feedback visivi e sonori».
La stanza di Magika
La stanza magica può essere arricchita in base alle diverse necessità, quindi personalizzata a misura di ogni bambino?
«Si, il bambino che ha difficoltà linguistiche ad esempio può svolgere attività in cui cerca di capire il concetto di verbo, di soggetto, interagendo con dei personaggi virtuali e con degli oggetti fisici; per il bambino ad esempio a cui vogliamo insegnare a fare la spesa, abbiamo costruito degli oggetti in smart, con proiezioni che gli dicono cosa deve comperare. Alla fine si ha tutta una serie di feedback multisensiorali, visibili, auditivi, e fisici. La stanza media è grande circa 3 x 5 metri e può ospitare sia a livello individuale che in gruppi (di massimo 15 bambini); la caratteristica fondamentale è questa interazione che si chiama full body, cioè interagire usando il corpo, manipolando oggetti e facendo gesti. Il sensore più importante è quello di movimento che riesce a riconoscere e ad interpretare i movimenti del corpo: accelerazione, spostamenti, movimenti degli arti e della testa. Un ambiente basato un po’ sul principio che il nostro apprendimento è embodied cognition, cioè la conoscenza passa attraverso il corpo».
La tecnologia al servizio del bambino, in quali centri e scuole è già installata la stanza magica?
«Il CRC Balbuzie di Roma, centro di eccellenza internazionale per la ricerca e la cura delle disabilità neurocognitive, rappresenta il centro pilota di questo progetto di ricerca in Italia, perché per la prima volta questo tipo di tecnologie viene impiegato in maniera sistemica per la riabilitazione dei bambini affetti da disabilità del neurosviluppo. La tecnologia ci offre la possibilità di stimolare il bambino in modo controllato, ossia potendo controllare digitalmente tutti gli stimoli, perché questi sono generati da dispositivi digitali, oltre ad interpretare quello che fa l’utente. Abbiamo installato le stanze magiche anche in due scuole di Cornaredo, in provincia di Milano, dove i bambini con e senza disabilità possono svolgere attività multisensoriali di gioco, apprendimento, inclusive e adattabili alle specifiche esigenze di ognuno di loro. Un grosso risultato di inclusione scolastica, di accettazione, di sentirsi integrati da parte dei bambini atipici. Ora c’è una quarta stanza magica che stiamo installando all’Università Bicocca dove collaboriamo con il dipartimento di psicologia. L’idea è quella di avere due servizi, dove si sperimentano nuove forme di diagnostica e nuove forme di trattamento terapeutico e di riabilitazione».
Uso efficace della tecnologia
Che cosa si potrebbe fare a livello istituzionale per portare questo progetto in più centri e scuole?
«Ci vorrebbero più finanziamenti. Anche l’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano è alla ricerca di fondi per poter installare Magika».
Tecnologia e uomo oggi… domani cosa accadrà?
«Credo che la nostra vita sarà sempre più pervasa di tecnologia, il nostro futuro è trovare il modo di usare la tecnologia nel modo più efficace e utile possibile soprattutto nelle disabilità cognitive. Un futuro che metta insieme “accademia, industria, famiglia e centri terapeutici“. Solo se saranno uniti questi settori potranno esserci delle enormi possibilità».