Amore un robot sarà normale tra cinquant’anni

Autori:
Illustrazione di Lucrezia Marradi
Illustrazione di Lucrezia Marradi

Amare un robot sarà assolutamente normale tra cinquant’anni, lo dimostrano le ricerche e le giò attuali relazioni.

di Loredana Beatrici

Akihiko, dopo 10 anni di relazione, ha deciso di fare il grande passo e sposare Hatsune: «lei mi salvato dalla depressione e ha ridato un senso alla mia vita», ha dichiarato il novello sposo. Lilly, sul suo seguito account twitter, ha dichiarato come la sua nuova relazione la renda gioiosa, serena e appagata. La donna francese non vede l’ora di poter convolare a nozze. Jang, protagonista di un documentario girato in Corea, ha commosso tutto il mondo quando ha spento le candeline con la sua bimba Nayeon, stringendole la mano.

Espressioni d’amore. Come ne abbiamo vissute o desideriamo vivere tutti. La cosa che rende speciali queste tre storie, e un po’ distanti dalla rappresentazione dell’amore de Il tempo delle mele, è che Hatsune è un ologramma, il fidanzato di Lilly è un robot e la bambina che ha fatto piangere l’intero globo era una rappresentazione virtuale della figlia di Jang, morta a soli 7 anni.

Lo so, un colpo al cuore! E non si tratta di casi isolati. Al mondo si stima ci siano decine di migliaia di persone che hanno una relazione con un personaggio immaginario. L’OMS definisce questo fenomeno «fictosessualità» e lo contempla tra le tendenze sessuali rappresentate dalla comunità LGBQ+. Così come sono sempre più numerosi i casi di relazioni tra umani e robot.

Amare un robot

Lo studio di questa interazione emozionale si chiama «lovotica». David Levy, esperto di Intelligenza Artificiale e autore del libro Love and sex with robots, afferma che nel 2050 potrebbero addirittura venir legalizzati i matrimoni tra robot e persone e che già adesso sono aperti dibattiti legali ed etici a riguardo, che coinvolgono la religione, la cittadinanza, i diritti umani, la proprietà privata, etc…

Forse ci stupirà sapere che l’Italia sta guidando il mondo su queste discussioni, con la creazione dell’organizzazione robotica di Genova, presieduta dal Professor Gianmarco Veruggio.
Di fronte a questi fenomeni, e a questi numeri in crescita, non mancano gli allarmisti, terrorizzati dalla deriva che può prendere l’uso incontrollato della tecnologia digitale.

Dal punto di vista psicologico, per esempio, il documentario coreano ha aperto un dibattito acceso sui pericoli di tenere in vita un morto, seppur in modo virtuale. Questo potrebbe rendere impossibile l’elaborazione del lutto, il distacco dal passato, e quindi la possibilità di procedere verso il futuro. Questi timori erano comparsi anche con l’avvento delle fotografie, che venivano utilizzate sulle tombe dei defunti. Si temeva potessero diventare un feticcio e non consentissero il distacco necessario ai sopravvissuti.

Chissà cosa ne pensa l’anziano e tenero signore, la cui immagine è diventata virale, che pochi giorni fa mangiava seduto in un noto fast food, dopo aver accuratamente posizionato al suo fianco la foto della moglie deceduta.

Robot più umani

È innegabile che i fenomeni della realtà virtuale, dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata vadano studiati seriamente e con un approccio multidisciplinare che coinvolga psicologi, biologi, antropologi, neuroscienziati, sociologi, esperti di robotica, informatici e ingegneri. Come fanno i filosofi Michael Madary e Thomas K. Metzinger, che indagano su come la realtà virtuale, coinvolgendo tutti i sensi, riesca a modificare la percezione del reale e del sé, con conseguenze durature e profonde. Oppure Hooman Saman, ricercatore presso la National University of Singapore, che dal 2008 studia il modo di creare dei «robot emotivi» che siano in grado di riconoscere gli stati d’animo degli umani e di rispondere di conseguenza. Questi robot vengono dotati di una versione artificiale degli ormoni umani dell’amore (ossitocina, dopamina, serotonina ed endorfine) che aumentano o diminuiscono, a seconda del livello di attaccamento.

In commercio c’è già Pepper che, per la modica cifra di 1.700 dollari, è in grado di offrire tutto l’affetto di cui si ha bisogno. Questo bimbo sintetico prova emozioni, empatia e riesce a sviluppare una propria personalità. Pepper è l’emblema dell’amore nell’era post-umana, un’epoca caratterizzata dalla robotizzazione dell’uomo da una parte (attraverso arti artificiali, device, etc.) e l’umanizzazione delle macchine dall’altra. Una fase dell’evoluzione antropologica in cui l’uomo crea la macchina a propria immagine e somiglianza, come Dio ha fatto con lui.

Torniamo ad Akihiko, Lilly e Jang. Quando parlano delle loro esperienze lo fanno in modo sereno. Sono felici di quello che stanno vivendo: offrono e ricevono amore. Rispondono a un bisogno atavico, che nel corso della storia, o nel nostro immaginario, non si manifesta esclusivamente tra esseri umani. Geppetto si innamora di un burattino. Negli anni 80 abbiamo creduto all’amore della famiglia Lawson per la figlia Viky, anche se la protagonista della nota serie TV era un androide.

La relazione rischiosa è tra esseri umani?

E in quanti si innamorano di persone inesistenti, celate dietro una tastiera? O ancora di un Dio che non hanno mai visto e dal quale sono sicuri di essere amati? E le relazioni in cui si desidera l’altro perché trasposizione di propri desideri inconsci? O quelle in cui si idealizza il partner, fino a creare una persona che non esiste nella realtà? L’oggetto di un amore non rende meno reale il sentimento.

Il Piccolo Principe insegna che è «il tempo che dedichi alla tua rosa a renderla speciale». Siamo noi, secondo Saint-Exupéry, a decidere chi amare, rendendolo unico. Allora amare un robot, un feticcio, un ologramma non risulta poi così difficile. Ancor di più se la tecnologia li sta rendendo capaci di ricambiare i sentimenti. David Levy afferma che «fra cinquant’anni i robot saranno quasi del tutto indistinguibili dalle persone reali, anche nelle manifestazioni d’affetto».

Non solo non sarà strano innamorarsi di un prodotto digitale, ma sarà più sicuro, perché questa è l’unica grande differenza che ancora persiste: le relazioni tra umani contemplano l’imprevedibilità e il rischio. L’esser umano può ancora disinnamorarsi, tradire, far del male, disilludere le aspettative. Perché non è perfetto come una macchina. Pertanto in futuro ci sarà ancora chi vorrà rischiare e chi preferirà, invece, vivere al sicuro da possibili delusioni? Come è stato in passato e com’è nel presente: c’è chi decide di vivere delle relazioni rassicuranti, rinunciando a un po’ di emozione in più e c’è chi butta il cuore oltre l’ostacolo.

Qualcuno può decidere quale sia vero amore? Al momento possiamo solo porci delle domande. Probabilmente un domani degli esperti troveranno le giuste risposte. O forse non accadrà mai. Ora, scusate, vado a prendere mia figlia, che ho sempre amato, ancora prima che nascesse. Perché un amore così l’ho sempre desiderato e lo trovavo nei libri che leggevo, nelle canzoni che ascoltavo, nei film che guardavo, nei quadri che contemplavo. E in fondo… anche quell’amore era reale!

Ti è piaciuto ciò che hai letto?

Ricevi adesso l’ultimo numero del nostro mensile “Il Bullone”, uno spazio in cui i temi cardine della nostra società vengono trattati da un punto di vista “umano” e proposti come modello di ispirazione per un mondo migliore.

Ricevi ultimo Bullone
 
 
 
 

Diffondi questa storia

Iscriviti alla nostra newsletter

Newsletter (sidebar)
 
 
 
 

Potrebbe interessarti anche:

Torna in alto