Maschere e sostanze: «Io ne sono uscito, cerco la verità»

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Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli
Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli

C’è chi mette maschere usando sostanze come è capitato a me, ma era un’apertura fittizia, ora comunico con le persone senza i social

di Simone Arcidiacono

Nella società odierna i mezzi di comunicazione sono cambiati per via dell’evoluzione tecnologica; la vita ci sembra più frenetica che mai per via delle costanti notizie che abbiamo e la rapidità con cui vengono aggiornate.
Tutti sanno di tutto, ma nessuno conosce più l’altro, proprio perché è interconnesso con il mondo e non lascia spazio alla connessione umana, mettendosi delle maschere sia sui social sia nella vita reale, ed etichettandosi in qualcosa o in qualcuno.

Ad esempio, tra i ragazzi giovani va di moda la musica trap e drill (ovviamente c’è cantante e cantante), molti giovani idolatrano le loro canzoni che parlano fondamentalmente di nulla se non della malavita. Il pubblico è formato per la maggior parte da adolescenti e preadolescenti, che giustamente vogliono spaccare il mondo emulando i loro idoli e compiendo azioni che spesso si rivolgono loro contro.

Principalmente indossiamo maschere perché non siamo più abituati ad avere un confronto e ci raggruppiamo in bolle di nostri simili per paura di essere giudicati, o ci creiamo un mondo all’interno dei social, dandoci delle etichette. Ogni categoria, se ci fate caso, ha un’uniforme (ovvero uno stile di abbigliamento). È logico che per molti lo stile rappresenta la propria personalità, le aziende lo hanno intuito, di conseguenza abbiamo un’uniforme.

Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli
Illustrazione di Giorgio Maria Romanelli

Mettere maschere usando sostanze

C’è chi mette maschere usando sostanze come è capitato a me. Quando andavo alle medie ero timido e bullizzato, poi avendo incontrato il mondo delle sostanze mi sono aperto, ma era un’apertura fittizia, dato che i discorsi ruotavano principalmente su quello e avendo quell’illusoria felicità che ti faceva vedere il mondo sotto altri occhi, da una parte mi faceva riflettere su ciò che avevo attorno e dall’altra mi assopivo e mi crogiolavo nel mio brodo, il che è stato la mia rovina: ho avuto due psicosi dovute principalmente all’uso di sostanze, ma non solo. Nella società dei consumi e dello scarto non c’è solidarietà, abbiamo delle maschere perché non vogliamo far vedere che abbiamo bisogno di una mano. Forse perché reputiamo che i nostri problemi non siano importanti, o perché non li riconosciamo e se chiediamo un aiuto, molto spesso o ci isoliamo o non vogliamo farci vedere.

Dopo le mie due psicosi sono entrato alla Mammoletta dove facciamo un percorso proprio per levarci le maschere. Come facciamo? Semplicissimo! Ci distacchiamo dai social, comunichiamo con le persone, ci fidiamo, ci affidiamo e creiamo solidarietà gli uni con gli altri. Se portassimo queste attività fuori dalle realtà come la Mammoletta, potrebbe cambiare qualcosa.

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