Interviste rovesciate: i maestri interrogano i B.Liver. In questa intervista rovesciata le domande dello scrittore Arnoldo Mosca Mondadori a Maddalena, B.Liver.
Maddalena ha 19 anni, è piena di energia e idee luminose. Nel suo guardaroba c’è la divisa da volontaria della Croce Rossa, nei suoi piani il desiderio di dedicarsi agli altri per tutta la vita, nello sguardo sulle cose e sulle persone, tanta positività, una speranza contagiosa… e un evento straordinario alle spalle.
Le parlo, dialoghiamo. Più che un’intervista è un magico incontro. Lei mi insegna tantissimo, come se avesse già compreso: non tutti i misteri della vita, ma la chiave per scoprirli vivendo, sì.
Racconto questo incontro dopo molti giorni: ho lasciato depositare la gioia che lei mi ha comunicato e che rimane dentro. Non è una gioia
superficiale, ma è qualcosa di così profondo da agire nel cuore come un ricordo vivo e pulsante.
Sei una persona luminosa… Fa sentire bene incontrarti.
Dici? Accetto il complimento, perché è una luce che viene da lontano…».
Da dove?
«Da un’infanzia guarita».
Raccontami. Di fronte a questa sorpresa non vorrei restare in superficie, limitarmi ad ammirarti o a ringraziarti genericamente: c’è una fonte della speranza? La si può comunicare, insegnare?
«A due anni e mezzo avevo una gravissima malattia. I miei genitori hanno provato per me ansia e paura e i medici hanno lottato insieme a loro per farmi nascere una seconda volta. Perciò oggi non ricordo la malattia – perché ero piccola – ma so, sento, di essere “nata guarita”…».
Nata guarita… che belle queste due parole insieme…
«È vero: anche se non ricordo le mie sofferenze, ciò che non posso dimenticare nemmeno per un giorno è il dono di essere viva. La mia vita consapevole è cominciata con un regalo. Quindi in ogni momento della mia esistenza io sono “guarita e grata”. Di conseguenza, ogni passo della mia vita per me è sempre un nuovo dono, e poi un compito…».
E così appari per quello che sei: libera, determinata, orientata al meglio…
«Per me la libertà e la gioia sono proprio questo: mi è stata donata e ridonata – e ogni giorno mi viene donata di nuovo – una vita in cui posso sperare di realizzare al meglio me stessa. E anche quando faccio fatica, per questo, sento che ogni sforzo che faccio in realtà è un’opportunità di avvicinarmi a un obiettivo in cui credo tanto. E anche il crederci tanto è un dono che si rinnova ogni giorno».
Mentre Maddalena parla è come se guardasse lontano, come se i suoi occhi fossero rivolti in due direzioni: verso la persona a cui parla e nello stesso momento verso un orizzonte luminoso.
«Il mio sogno ha un contenuto molto concreto: sono sicurissima di voler diventare una dottoressa. Sono sicura di volere aiutare gli altri nelle loro sofferenze. E quindi, per esempio, quando pochi mesi fa ho superato il test per l’ingresso a Medicina ho sentito una grande pace. Mi dicono: “Medicina?! Ma dovrai studiare più di dieci anni, tra laurea e specializzazione…”. Lo so bene, e conosco i miei limiti: ma che gioia poter fare una fatica così intensamente motivata!».
Questo atteggiamento di gratitudine e di speranza fa parte anche del tuo carattere?
«Non chiedo mai che qualcuno soffra per me (e magari esagero, nel non chiedere aiuto, ci lavorerò). E ad esso reagisco appunto con una spontanea, sorgiva, energica speranza.
Dentro di me c’è una spinta fortissima ad attutire, a prendere almeno una parte del dolore che incontro. È lo spirito con cui mi relaziono con le mie amiche, con i miei, ma anche con persone sconosciute nel mio servizio di volontaria nella Croce Rossa: contatti brevi, ma intensissimi, con persone in grave difficoltà, spaventate, nel dolore».
La sofferenza non ti paralizza? A chi ha perso ogni fiducia cosa si può dire? Come ti relazioni con queste persone?
«A persone che si stanno arrendendo cerco di non dire, ma di trasmettere, tengo loro la mano e mostro di credere che anche nella sofferenza, o nella sconfitta, possiamo avere una seconda possibilità. Ecco, io credo tanto nella seconda possibilità».
E come reagisci, invece, quando incontri persone che sono nel buio, che non sperano affatto?
«Dico sempre: “Pensa che non hai niente da perdere!”. Infatti, qual è l’alternativa? Insomma, indico sempre la parte positiva, dico: “Guarda!”. È così che vedo il mondo, la vita: c’è sempre una possibilità di andare avanti».
Sempre?
«Sempre. Quando io stessa ho paura, dico: “Ce la posso fare!”. Questo grido mi sostiene, anche quando mi trovo in una situazione nuova, in cui prevale l’imprevisto. Cosa fare, in questo caso: scappare? E perché? “Ce la posso fare!”. La stessa cosa dico agli altri».
Tu sei «nata guarita». Ma gli altri, che non hanno vissuto il tuo percorso, come possono incontrare questa profonda fiducia? Vorrei che fosse per tutti, tu no?
«Io a una persona completamente “bloccata” perché ha sofferto molto, oppure perché ha sbagliato molto, racconterei delle storie; se possibile, faremmo un viaggio. Insomma, farei quanto riesco per farle balenare l’idea che esistono altri mondi, altre esperienze, differenze che salvano. Farei di tutto perché ciascuno possa dire: “Io non sono solo il mio dolore e non sono solo il mio errore”, mai!».
“Io non sono solo il mio dolore e non sono solo il mio errore”, mai!
Ora che ho raccontato meglio che posso il nostro incontro, capisco il motivo per cui ho lasciato che lo sguardo e le parole di Maddalena maturassero in me in silenzio per giorni, come un seme nel buio del terreno. Anch’io sono un uomo di speranza, ma non devo dimenticarne l’origine. E il seme delle emozioni che Maddalena mi ha trasmesso, mi ha riportato proprio lì: a un’energia contagiosa, che esiste eccome. E non chissà dove nell’universo, ma in un cuore puro. Una potenza buona e bella che può sviluppare in ciascuno di noi un grande albero ospitale.