Intervista impossibile a Enrico Mattei: un metodo per l’indipendenza energetica

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Carlo Maria Lomartire veste i panni del fondatore dell'Eni e parla del suo metodo per l'indipendenza energetica. Leggi l'intervista!
Intervista impossibile a Enrico Mattei
Enrico Mattei interpretato da Max Ramezzana

di Carlo Maria Lomartire e Edoardo Pini

Interviste impossibili. In uno scenario geopolitico che ha messo in crisi la situazione energetica mondiale, le scelte strategiche che i governi si troveranno ad affrontare nei prossimi mesi saranno cruciali per definire un piano energetico capace di garantire sicurezza e stabilitĂ  all’Italia. Ne discutiamo con Carlo Maria Lomartire che, dopo aver scritto Mattei. Storia dell'italiano che sfidĂ² i signori del petrolio (Mondadori), vestirĂ  i panni del fondatore dell’Eni, nonchĂ© pioniere e forte sostenitore dell’indipendenza energetica del nostro Paese.

Che effetto le fa sapere che Giorgia Meloni l’ha nominata nel piano «Mattei»?

«Mi lusinga, anche se in realtà io non avevo un Piano Mattei. La mia preoccupazione principale era quella di procurare diversificate fonti energetiche al fine di evitare dipendenza da un unico fornitore e quindi minare la rinascita economica del Paese.

Se la strategia di differenziare e procurarsi energia da fonti disparate e da attori differenti prenderĂ  oggi il mio nome, non potrĂ² che esserne contento. Le condizioni di partenza furono perĂ² fortemente diverse: si trattava di fornire energia a una nazione distrutta, che oggi, invece, è una potenza economica a livello mondiale».

Quale puĂ² essere la fonte energetica che meglio contribuirĂ  alla transizione energetica?

«Ho da sempre appoggiato e sono stato uno dei primi a parlare di nucleare in Italia. In realtà sono promotore della diversificazione in tutti i campi. Non parlo solo dal punto di vista dell’impresa e della mia attività imprenditoriale, bensì della politica e delle relazioni che ho da sempre stretto attraverso tutto l’emiciclo parlamentare.

Sono quindi per il nucleare, insieme con le cosiddette energie alternative. Solo diversificando si puĂ² incrementare l’indipendenza che tanto stiamo cercando».

Quali sono state le piĂ¹ cruciali relazioni che ha stretto nel corso degli anni?

«Una delle piĂ¹ strategiche è legata alla creazione dell’autostrada A1. Ho instaurato rapporti e accordi con Vittorio Valletta della Fiat. Lui aveva interesse a creare l’autostrada per vendere vetture, io per vendere carburante.

Oppure con Luongo, segretario del Partito Comunista. L’amicizia è proseguita nel tempo nonostante io abbia poi contribuito a fondare la Democrazia Cristiana».

Enrico Mattei, (Acqualagna 1906 – Bascapè, 1962). Imprenditore, partigiano, politico e dirigente pubblico italiano. Vicepresidente dell’AGIP (1945) e deputato della DC, fonda l’Eni nel 1953, promuovendo l’affrancamento energetico dell’Italia.

Era piĂ¹ facile fare impresa nel dopoguerra o lo è oggi?

«Oggi c’è una piĂ¹ diffusa e ricca cultura industriale, mentre a quel tempo c’erano poche industrie medio-grandi come Fiat e Pirelli. Soprattutto, c’erano regole meno rigide che portavano a una maggiore disinvoltura nel non considerarle o raggirarle».

Ed è così che ha scavato di nascosto a Piacenza per tutta una notte…

«Eh… dovevo creare la rete del gas, quella che ha dato poi oggi vita alla Snam S.p.A. Se avessi dovuto aspettare permessi e concessioni, oggi nulla di quanto c’è sarebbe in vita. Ho quindi pensato che per attraversare Piacenza l’unico modo fosse quello di sventrarla e scavare per posare le necessarie tubature.

Così una notte siamo arrivati e con centinaia di operai abbiamo iniziato i lavori senza preoccuparci di chiedere permessi e concessioni. La mattina seguente cittadini e sindaco erano indignati per quanto stava succedendo. Ricordo la chiamata del sindaco che mi chiese furiosamente cosa stessimo facendo.

La realtĂ  vuole che, spiegato il motivo e soprattutto i benefici che la cittĂ  e l’Italia intera avrebbero avuto da quell’opera, mi lasciĂ² finire il lavoro. Iniziativa oggi impensabile».

Oltre al gas, so che ha trovato il petrolio in Pianura Padana.

«In realtĂ  l’iniziativa a cui lei si riferisce, cioè quella di Cortemaggiore, fu piĂ¹ che altro un’azione di marketing.

Il famoso spot Eni che citava Supercortemaggiore, la potente benzina italiana servì principalmente a elevare la mia figura di imprenditore capace di trarre energia dal suolo italiano. La benzina, infatti, proveniva anche da altri giacimenti esteri (Egitto, Iraq, Iran, Marocco)».

Carlo Maria Lomartire è giornalista e autore di biografie e saggi storico-politici, tra cui una trilogia sulla dinastia degli Sforza per l’editore Mondadori.

Gli intrecci politici che ha creato negli anni possono essere letti come corruzione? Come verrebbero visti oggi?

«Gli intrecci politici che ho avviato non avevano l’obiettivo di arricchirmi. Sono arrivato a fondare una corrente all’interno della Democrazia Cristiana (Corrente di Base) che, nonostante il solo 10 per cento, era determinante nella formazione e nelle scelte del partito.

Queste relazioni mi hanno permesso di creare l’Eni, che ha risollevato il mercato energetico italiano garantendo poi il boom economico di quegli anni».

Chi crede possano essere i suoi avversari piĂ¹ accaniti?

«Potrei dire che le aziende private sono da sempre state un osso duro. Temevano lo statalismo che Eni stava portando. All’interno della Democrazia Cristiana stessa avevo forti avversari come Amintore (Fanfani, ndr) il quale ambiva ad avere il controllo del partito.

A livello internazionale c’era una competizione con le altre big del mercato: diversamente da loro che trattenevano il 50 per cento dei ricavi nei confronti dei proprietari dei pozzi petroliferi, io mi attestavo sul 25 per cento.

Non da ultimo, instauravo un rapporto di partnership e non di sudditanza, come invece erano solite fare le altre nazioni leader nel mercato. Questo mi garantiva migliori rapporti e maggiore fiducia da parte dei proprietari dei pozzi e quindi maggiore ostilità delle nazioni che fino ad allora avevano giocato indisturbate nel mercato energetico».

Edoardo Pini, nasce trentatre anni fa, due mesi prima che il muro di Berlino venisse abbattuto. Vive tra Como e Varese e si occupa di Ricerca scientifica e tecnologica, supportando i ricercatori nella definizione di strategie denominate «Tech Transfer».

Lei è stato un uomo di successo e un uomo potente. Quale profilo ha contribuito maggiormente a creare l’Enrico Mattei che oggi tutti noi conosciamo?

«Sono due anelli strettamente legati. Il prestigio mi ha dato il potere e il potere mi ha dato il successo.

L’essere stato capo partigiano mi ha di fatto permesso di muovermi con autorità in Agip, carpendo ogni necessità allora non soddisfatta e proponendomi come nuovo attore sul mercato energetico italiano».

Chi l’ha uccisa?

«Domanda oziosa e tutto sommato inutile. Posso citarle decine di enti e figure che, probabilmente, hanno gioito della mia scomparsa.

Ma il sapere chi sia stato non cambia la storia. Anche perché le sto parlando. Quindi sono vivo e vegeto».

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