di Edoardo Hensemberger, B.Liver
Edoardo, B.Liver, inizia una riflessione sul filo che collega la vita di tutti partendo dalla conversazione che si è tenuta il 21 ottobre all'InVisibile Festival: "Incontrarsi: le relazioni nell’epoca del digitale". Una riflessione su ciò che siamo, da soli, e su cosa potremmo essere, insieme. Al di là e al di qua di uno schermo che continua ad essere importante più per le persone che per le intelligenze artificiali.
Esiste un filo, in un mondo wireless che ormai li ha fatti sparire quasi tutti, che collega inesorabilmente la vita della gente.
Quel filo è il Tempo.
All’InVisibile Festival, il 21 ottobre, c’è stata una conversazione che al centro aveva proprio questo filo. Il pubblico era diviso in due, le prime file di liceali, le ultime di generazioni precedenti. Il tema era proprio quello delle relazioni nell’epoca del digitale, oppure più semplicemente le relazioni di oggi.
Relazioni digitali
Si è discusso sul significato della parola «relazione», su cosa sia una relazione e se possa essere considerata tale anche se avviene solamente attraverso un display. E poi abbiamo cercato di capire se fosse vero che questi ragazzi così giovani non sono più in grado di creare connessioni a un livello più profondo rispetto a quello che si può raggiungere attraverso un social, e, spoiler alert, abbiamo capito, ascoltandoli, che ne sono capaci, eccome. E quindi alla fine è stata una bella conversazione in cui, anche se non sembrava, tutti erano d’accordo, anche i più «piccoli» che al giorno d’oggi – e dire al giorno d’oggi mi fa sentire vecchio mentre scrivo – sono vittime di una narrativa contro di loro che il filo del tempo si porta dietro fin dalla nascita dell’uomo.
Perché le generazioni precedenti hanno sempre avuto qualcosa da criticare alle successive, e viceversa. Ma quando si prova davvero ad analizzare le questioni, dialogando e guardandosi negli occhi, si riesce a capire come le insicurezze di ognuno di noi siano quelle che ci rendono fragili e ci portano a nasconderci, qualcuno dietro un display, qualcuno dietro un giornale, qualcuno dietro un bicchiere di vino.
Possiamo stare qui a discutere su quale nascondiglio sia quello migliore, ma il risultato alla fine non cambia, perché siamo tutti umani, e abbiamo tutti bisogno dell’altro.
L’altro che ci assista, l’altro che ci faccia sentire bene, l’altro con cui confrontarci e l’altro che alla fine ci faccia sentire autenticamente noi stessi.
E quindi con la collaborazione di Valerio Mammone, editor in chief di ScuolaZoo, di Paolina Consiglieri, fondatrice di Non è tutto rosa, di Giusy Scoppetta, B.Liver, e di Elisa Tomassoli, vicedirettrice del Bullone, abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza su tutto quel mondo di contatti, virtuali e non, senza la quale l’umanità sarebbe persa e senza scopo.
Il filo del tempo, che ci tiene per mano uno ad uno dal primo all’ultimo giorno della nostra vita, è ciò che ci rende uguali, le relazioni che stringiamo dal primo all’ultimo giorno della nostra vita sono ciò che ci rendono unicamente chi siamo, e sono ciò per cui vale la pena essere persone, piuttosto che intelligenze artificiali.
“Ma quando si prova davvero ad analizzare le questioni, dialogando e guardandosi negli occhi, si riesce a capire come le insicurezze di ognuno di noi siano quelle che ci rendono fragili e ci portano a nasconderci, qualcuno dietro un display, qualcuno dietro un giornale, qualcuno dietro un bicchiere di vino.”
– Edoardo Hensemberger