I social? Amore e insicurezza

Autori:
Il B.Liver Francesco, alle medie, viene catapultato nel mondo social e si iscrive per "non rimanere indietro" rispetto ai compagni. Ben presto, quello che sembrava un passatempo arriva a consumare le sue giornate, tra cuffie e grandi maschere volte a coprire ogni insicurezza.
"Il vortice digitale", di Paola Parra e Giorgio Maria Romanelli
"Il vortice digitale", di Giorgio Maria Romanelli. Clicca qui per ingrandire e leggere il fumetto.

Social media: un mondo di fascino e insicurezze

«Social media», questo termine di cui ho sentito parlare per tutta la mia, finora, breve vita da adolescente, mi ha sempre affascinato e un po’ anche spaventato. Che cosa sono questi social che usano tutti? Che cos’hanno di così rivoluzionario? Alcune delle mie domande trovarono una risposta quando, da brava pecorella del gregge, mi scaricai Instagram e Discord durante la pandemia. Potevo non avere una cosa che tutti i miei compagni avevano? Certo che no!

Ai miei occhi di ragazzo delle medie questi mezzi di comunicazione diventarono fondamentali: postare foto, stare le ore su chat vocali con amici ed entrare in server e gruppi numerosissimi dove trovavo molte persone nuove che condividevano le mie passioni, furono una svolta per il me del passato; mi sentivo libero anche stando recluso in casa e potevo dire quello che mi pareva senza nessuno a puntarmi il dito contro, perché tanto sapevo che tutta la negatività che avrei potuto ricevere non sarebbe uscita dalle mie cuffie.

Accendevo il PC e mi sentivo sicuro

«Sicurezza» è il termine con cui riesco meglio a descrivere la sensazione che provavo non appena accendevo il pc la mattina: non appena finivano le videolezioni tutti i miei amici erano già online ad aspettarmi senza che dovessi dirgli nulla, e fino a mezzanotte non ci staccava nessuno. Compiti? Studio? E che problema c’era? Nessuno poteva venire a casa mia e controllarmi il quaderno, dopotutto, perché tanto tutti potevano vedere e ascoltare solo ciò che io volevo mostrare loro.

E allora continuavo così, tenendomi addosso questa pesante maschera. Ecco che qui i social iniziavano pian piano a trasmetterti quel sentimento di potenza e di invulnerabilità che sempre più si inculcava nella mente: quella sensazione dove tutti i tuoi lati negativi e le tue debolezze sembravano svanite, in realtà era solo un’illusione che ti trascinava sempre più verso l’ignorarli.

Solo che qualcuno quelle debolezze le conosceva, eccome: tutte le persone che ti puntavano il dito contro quando ancora avevano davanti il te del passato, quello vero. Anche senza malizia ma solo per un’affettuosa e amichevole presa in giro, qualche additamento o qualche critica passava comunque, e quel piccolo fastidio che ti provocava nel tempo si accumulava sempre più, fino a sparire dietro a una foto profilo. Tutto era svanito.

“Ci vuole poco a sentirsi meglio: ora gli amici e le loro critiche sono sostituiti da A, B e X. A è tedesco, B è francese, X manco sai da dove viene: ma loro le tue debolezze non le conoscono, e questo basta per tenerteli vicini”. Immagine generata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

Gli amici virtuali sostituivano quelli reali

E arrivò il liceo: niente più pandemia, niente più mascherine, ormai ci sono i vaccini e si può uscire di casa. E gli altri vedranno la tua faccia, non la tua foto profilo. E quel fastidio ritorna. Ci vuole poco a sentirsi meglio: ora gli amici e le loro critiche sono sostituiti da A, B e X. A è tedesco, B è francese, X manco sai da dove viene: ma loro le tue debolezze non le conoscono, e questo basta per tenerteli vicini.

Passato da essere un carismatico e curioso bambino a essere un ragazzo timido e dubitante. Ma la sicurezza che i social davano dov’è finita? Era rimasta in quelle cuffie che ormai indossavo tutti i giorni. Il mio percorso di iniziazione era terminato, e i social avevano fatto ancora una volta il loro effetto.

Ma entrano in gioco i tuoi amici, che ti tendono la stessa mano con cui ti puntavano il dito: loro sono la tua vera libertà. Prima la sfiori leggermente, poi la stringi, e infine ti fai tirare su, ma è un aiuto reale. Un aiuto che ti farà di nuovo correre per strada, abbuffarti nei fast food e ridere a crepapelle. Con qualche spintone o qualche sgambetto, ma senza più maschere e senza più cuffie.

– Francesco Campi

Compiti? Studio? E che problema c’era? Nessuno poteva venire a casa mia e controllarmi il quaderno, dopotutto, perché tanto tutti potevano vedere e ascoltare solo ciò che io volevo mostrare loro. E allora continuavo così, tenendomi addosso questa pesante maschera. Ecco che qui i social iniziavano pian piano a trasmetterti quel sentimento di potenza e di invulnerabilità.”

Ti è piaciuto ciò che hai letto?

Ricevi adesso l’ultimo numero del nostro mensile “Il Bullone”, uno spazio in cui i temi cardine della nostra società vengono trattati da un punto di vista “umano” e proposti come modello di ispirazione per un mondo migliore.

Ricevi ultimo Bullone
 
 
 
 

Diffondi questa storia

Iscriviti alla nostra newsletter

Newsletter (sidebar)
 
 
 
 

Potrebbe interessarti anche:

Torna in alto