Intervista a Renzo Magosso, il giornalista che aiuta i reclusi
Ho incontrato Renzo Magosso, giornalista, al Carcere di Opera e mi ha illustrato il suo interessante progetto, iniziato nel 2012, di insegnare alle persone detenute a diventare giornalisti e pubblicare un periodico.
Come le è venuta in mente questa iniziativa così sfidante?
«Ho pensato che sia importante portare il mondo dell’attualità e delle notizie all’interno della realtà carceraria, dove di solito non c’è tanta possibilità di dibattito e di confronto. Mi appassiona inoltre, ascoltare il punto di vista di persone di etnie, religioni, Paesi diversi. In pratica, testimoniando “Ciò che pensano dentro di quel che succede fuori”, diamo voce a chi è recluso».
Come si fa a insegnare giornalismo a persone che non hanno una preparazione adeguata?
«È una bella sfida. Ci vuole tanta pazienza. Si inizia a insegnare loro a battere a macchina e ci si impiega parecchio tempo. Si chiede agli aspiranti giornalisti di essere sintetici ed essenziali nel descrivere un avvenimento, rispondendo alle domande: 1. Chi? 2. Che cosa? 3. Quando? 4. Dove? 5. Perché?.
A lezione avevo una trentina di persone di differenti culture, estrazioni, provenienze. Da chi non aveva mai studiato a gente laureata. Il giornale allora si chiamava In corso d’opera. Erano in gran parte molto motivati e davvero bravi. Ogni tanto qualcuno usciva perché aveva scontato la pena. Siamo andati avanti per dieci anni con grande soddisfazione. Nel 2022 abbiamo ricevuto l’Ambrogino d’oro dal sindaco Sala e siamo andati a ritirarlo tutti insieme. È stato un avvenimento molto importante. I “miei giornalisti” erano entusiasti. Era il riconoscimento del loro lavoro di grande valore umano e culturale».
Da due anni avete cambiato nome..
«Sì, ci sono stati alcuni cambiamenti. Adesso il periodico esce ogni due mesi e si chiama Opera News. Ragioniamo tutti insieme su come fare il giornale. Non trattiamo solo problemi che si riscontrano in carcere, ma si spazia anche ad argomenti che riguardano il mondo intero: dalla politica, all’economia, all’arte, allo sport. Alcuni ragazzi che frequentano il nostro laboratorio sono stupiti che esista un mondo diverso da quello che hanno conosciuto da giovani, in alcuni Paesi dove i genitori e tutti i loro familiari sono cresciuti con una mentalità malavitosa: l’uso delle armi e della forza per procurarsi denaro. Sono increduli che si possa vivere in modo diverso e si aprono orizzonti impensati, come quello di studiare per imparare e poter svolgere un lavoro per guadagnare onestamente».

Ci sono tanti laboratori a Opera oltre al vostro?
«C’è una sartoria che produce per marchi famosi, officine di assemblaggio di manufatti vari, una zona dedicata alla digitalizzazione di documenti da archiviare, un call-center, un panificio, un laboratorio da elettricista, uno da idraulico, uno da imbianchino, uno per muratori e il laboratorio di liuteria, dove il legno dei barconi che approdano a Lampedusa viene trasformato in violini e altri strumenti musicali e un laboratorio di lettura e scrittura creativa. Chi frequenta i laboratori per imparare un mestiere, alla fine ottiene un diplomino e potrà trovare lavoro, quando tornerà in libertà. Sono stati inoltre realizzati tre campetti da calcio in erba sintetica per permettere ai detenuti di fare sport».
Come sostenete i costi e come distribuite il giornale?
«Da quando, nel 1999, la carta non veniva più pagata dallo Stato, molti editori hanno venduto ad aziende che per far quadrare i conti hanno dovuto ridurre il personale e si sostengono grazie alla pubblicità. Noi, per fortuna, abbiamo un amico, Carlo Ubezio, che impagina il giornale gratuitamente. Inoltre lo diffondiamo via internet per raggiungere tante persone, con una spesa ridotta».
È davvero un progetto unico in cui sono le persone detenute a scrivere e a commentare le notizie esterne. Anche Il Bullone dà spazio principalmente ai ragazzi con malattie croniche, che hanno sempre un punto di vista originale e speciale, filtrato dalle loro intense esperienze di vita. Si sono confrontati in diverse occasioni con le redazioni di alcuni giornali in carcere come L’oblò del reparto «La nave» nel carcere di San Vittore e Cartebollate di Bollate, tramite le riunioni dette di «redazione». Anche a Opera i nostri ragazzi sono venuti a incontrare le persone detenute e sono avvenuti scambi di esperienze umanamente molto intense.
– Renzo Magosso
“Ho pensato che sia importante portare il mondo dell’attualità e delle notizie all’interno della realtà carceraria, dove di solito non c’è tanta possibilità di dibattito e di confronto. Mi appassiona inoltre, ascoltare il punto di vista di persone di etnie, religioni, Paesi diversi. In pratica, testimoniando “Ciò che pensano dentro di quel che succede fuori”, diamo voce a chi è recluso.”