Intervista a Giangiacomo Schiavi, autore della rubrica Noi cittadini sul Corriere della Sera.
Da dove le è nato il desiderio di scrivere?
«Venivo da una provincia dove il bar era il centro di tutto, come la chiesa e il campo sportivo. Un posto di vita vera e di passioni forti. Scrivevo poesie ed editoriali sul giornalino della parrocchia e immaginavo di cambiare il mondo con un articolo. Sognavo inchieste e grandi reportage».
Com’è nato il suo primo articolo?
«Quando sono arrivato a Libertà, il quotidiano di Piacenza, avevo 21 anni e frequentavo il secondo anno di Lettere a Milano. Erano gli anni ’70. Mi è stata proposta un’intervista per la rubrica di spettacolo e avevo già iniziato a sognare cantautori e band di successo internazionale, ma il mio obiettivo era Achille Togliani, l’idolo di mia madre. Così ho passato la domenica sera al dancing Sirenella, prima chiacchierando con Togliani, che si è dimostrato molto gentile e disponibile, poi assistendo al suo concerto. Nell’articolo ho raccontato la cronaca della serata inserendo anche qualche frase o parola del cantautore: tutto rigorosamente scritto prima a mano, e poi con la macchina da scrivere».
Quali emozioni l’hanno guidata?
«Quando mi hanno assegnato l’intervista mi sono sentito sotto esame, come se dovessi sostenere un test d’ingresso: è stata la prima vera emozione. Durante la serata, invece, mi sono sentito una mosca bianca, quasi fuori luogo, perché circondato da vecchi danseur di valzer e di tango e signore con il rossetto e la permanente».
E una volta consegnato l’articolo?
«Ho consegnato l’articolo di lunedì, sperando che venisse pubblicato nel numero del giorno dopo. Ho contato i secondi, i minuti, le ore. Poi è arrivato il martedì. Alle 8 in punto, accompagnato dall’ansia, sono andato a recuperare una copia del giornale alla ricerca del mio pezzo e mi sono entusiasmato appena l’ho visto: il titolo era bello, il testo non era stato modificato e c’era la mia sigla, “G.G.S.”. La mia felicità era incontenibile! Ho mostrato il mio articolo a tutti, anche se non capivano il mio voler essere giornalista, sono andato persino al bar del paese. Non sapevo dove mi avrebbe portato questo esordio. Per un po’ ho continuato a scrivere per la rubrica dello spettacolo e poi sono passato alla cronaca. Il mio primo articolo è stato una vetta che mi confortava in vista di un percorso in discesa, non per questo facile».
Che consigli darebbe a un giovane che desidera intraprendere questa professione?
«Di diventare “cacciatore di fake news”. Il primo compito del nuovo reporter è secondo me quello di andare a smontare tutte le false notizie che ci circondano, che abbondano e ci avvelenano la vita. Ormai c’è il marketing delle false o delle finte notizie, che sono il contrario del giornalismo. Occorre invece tornare sui sentieri non battuti, farsi chilometri a piedi per verificare una voce, come ci ha insegnato il grande inviato Ettore Mo».
E come si fa?
«Ci si deve armare di curiosità e andare sul campo, chiedere senza mai stancarsi di farlo, senza aver paura di risultare sgraditi, e non mollare finché non si sono ottenute risposte soddisfacenti. E poi fornire a chi ti segue le informazioni non tossiche ma corrette. Avere il puntiglio della versione esatta, del reale-reale e non del reale-verosimile, falso e inquinato».
– Giangiacomo Schiavi
“Ho mostrato il mio articolo a tutti, anche se non capivano il mio voler essere giornalista, sono andato persino al bar del paese. Non sapevo dove mi avrebbe portato questo esordio. Per un po’ ho continuato a scrivere per la rubrica dello spettacolo e poi sono passato alla cronaca. Il mio primo articolo è stato una vetta che mi confortava in vista di un percorso in discesa, non per questo facile“