Intervista a Gianantonio Manzoni, chirurgo urologo e pediatra
Incontro il dottor Gianantonio Manzoni, chirurgo urologo pediatra di fama internazionale, che ha realizzato attività cliniche e di ricerca nei migliori centri clinici esteri. È stato per 19 anni Direttore di Urologia Pediatrica all’Ospedale di Circolo di Varese, poi per 13 anni Direttore di Urologia Pediatrica della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, dove ora, dopo il suo pensionamento, è rimasto come consulente. Mi racconta il suo volontariato in Pakistan, dove si reca una volta all’anno a insegnare la pratica chirurgica ai medici del SIUT: un Ospedale di eccellenza a Karachi.
Come è nata questa collaborazione?
«Nel 1982, poco dopo essermi sposato, mi sono trasferito a Londra e sono rimasto lì per tre anni lavorando all’Hospital for Sick Children in Great Ormond Street con il mio maestro Philip Ransley, Chief of Paediatric Urology: uno dei giganti dell’urologia pediatrica a livello mondiale. Nel 2000 mi ha fatto conoscere il dottor Adib Rizvi, un famoso chirurgo filantropo pakistano, che ha fondato nel 1970 un piccolo centro, inizialmente con solo 8 letti, che è poi diventato il Sindh Institute of Urology&Transplantation (SIUT), concepito per garantire cure gratuite e di alta qualità a tutti, senza distinzione di razza, cultura, religione e possibilità economiche. In quegli anni il Pakistan era un Paese molto povero e le cure sanitarie erano estremamente ridotte. Rizvi diceva: “Non possiamo lasciarli morire solo perché non possono permettersi di vivere”. Negli anni l’ospedale si è evoluto a tal punto da diventare un istituto di primo livello che oggi conta più di 1.200 posti letto e in tutto il mondo costituisce un modello nel campo dell’urologia, nefrologia e dei trapianti chirurgici».
Mi sembra una bellissima «utopia» poter fornire gratuitamente prestazioni eccellenti e di ultima generazione. Come si realizza questa possibilità? Come si sostiene?
«L’ospedale è stato costruito grazie alle iniziali donazioni di un filantropo e successivamente di altri ricchi sostenitori pakistani. Si basa per il 70% su donazioni di privati e solo per il 30% su contributi statali. Nel 2023 diverse donazioni per un ammontare di 6 milioni di dollari hanno consentito anche di creare un Centro Oncologico per il trattamento di diversi tipi di tumori e si è aggiunto un reparto di chirurgia robotica. È in fase finale di costruzione e dovrebbe essere inaugurato il prossimo anno un nuovo edificio di 10 piani che sarà totalmente dedicato all’area pediatrica (urologia, nefrologia, cardiologia e cardio-chirurgia)».
-Gianantonio Manzoni
In quegli anni il Pakistan era un Paese molto povero e le cure sanitarie erano estremamente ridotte. Rizvi diceva: “Non possiamo lasciarli morire solo perché non possono permettersi di vivere”. Negli anni l’ospedale si è evoluto a tal punto da diventare un istituto di primo livello che oggi conta più di 1.200 posti letto e in tutto il mondo costituisce un modello nel campo dell’urologia, nefrologia e dei trapianti chirurgici».
Che esperienza è per lei ogni volta?
«Per me è sempre un arricchimento professionale molto importante con dei numeri veramente impressionanti. Nel 2023 al SIUT sono state visitate 500.000 persone, si sono effettuati 127.000 interventi chirurgici, 1.800 con la robotica e 7.100 trapianti di rene. Consideri che in Pakistan ci sono circa 250 milioni di abitanti, di cui 25 milioni solo a Karachi. Per urologia pediatrica complessivamente ogni anno vengono visitati 26.000 bambini. In una giornata di attività ambulatoriale si riescono a vedere sino a 350/400 bambini, mentre solo nel reparto di urologia pediatrica ne vengono ricoverati 6.500 all’anno. La povertà assoluta, le condizioni critiche di vita e molto spesso anche la consanguineità portano a un numero molto elevato di malformazioni congenite. Inoltre in Pakistan sono molto religiosi e conservatori per cui non praticano aborti in caso di malformazioni evidenziate nelle diagnosi ecografiche prenatali (pratica peraltro non ancora molto diffusa nel Paese), quindi si vedono casi con situazioni urogenitali davvero complesse che in altri contesti non esistono più.
La natalità è veramente esplosiva se si considera che la famiglia pakistana mediamente è composta da 5 -7 figli! Ma l’esperienza più coinvolgente e stimolante è quella dal punto di vista umano. È davvero entusiasmante poter fare esperienza con loro. L’efficienza e la disponibilità affettuosa dei medici e di tutto il personale è toccante. C’è grande collaborazione, gentilezza e attenzione per la persona. Senti la gratitudine dei pazienti e dei loro familiari. Si nota l’impronta del fondatore: il suo carisma è di grandissima ispirazione per tutti gli operatori e i degenti, che lo considerano come un “santo benefattore”. Il suo mandato è che tutti hanno diritto a ricevere cure di qualità nel rispetto e attenzione alla dignità individuale. Allo stesso tempo lì vengono formati medici professionalmente validi e di rara sensibilità».
Come mi accennava è dunque l’opposto della logica commerciale che troppo spesso vige nei nostri ospedali, dove il fine è principalmente il guadagno e non si considerano le specifiche esigenze di ogni paziente. Vedo un’analogia con la Vidas, dove la degenza e le cure sono gratuite. Anche la fondatrice, Giovanna Cavazzoni, ha voluto che l’attenzione dei medici e di tutto il personale nei confronti di persone in fine vita fosse totale e di elevata qualità. Entrambi i fondatori sono dei visionari eccezionali che, con il loro esempio, lasciano un segno indelebile nell’alleviare le sofferenze di tante persone che altrimenti non avrebbero accesso a cure amorevoli e di livello eccellente.
– Gianantonio Manzoni
“Si nota l’impronta del fondatore: il suo carisma è di grandissima ispirazione per tutti gli operatori e i degenti, che lo considerano come un “santo benefattore”. Il suo mandato è che tutti hanno diritto a ricevere cure di qualità nel rispetto e attenzione alla dignità individuale. Allo stesso tempo lì vengono formati medici professionalmente validi e di rara sensibilità.”