Follia e fame di vita: un riscatto contro l’omologazione
«Stay hungry, stay foolish», è la famosa frase che Steve Jobs, fondatore di Apple, pronunciò quando fece il suo discorso alla Stanford University di Palo Alto, e con la quale invitava gli studenti dell’università e, inconsciamente, tutto il mondo, a rimanere affamati e folli. Una frase all’apparenza banale, ma che cela un significato forte e profondo. Con questo slogan Steve Jobs ha consigliato alle nuove generazioni di essere coraggiose nella spensieratezza, di non lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e anzi, di sfruttare il diritto di sbagliare per imparare e crescere. È un salvagente per molte persone, me compresa, una lezione di vita che rafforza il mio senso di determinazione. Io, pensandoci bene, amo essere folle. Amo quei cinque minuti di follia del giorno, di cui alle volte il solo pensiero mi fa storcere il naso, ma altre volte mi apre nuovi mondi che non avrei mai conosciuto, se non fosse per questo lato folle celato dentro di me. Per quanto io possa essere una persona paranoica, per quanto mi faccia prendere sempre dall’ansia nella stragrande maggioranza dei casi, non posso mettere in dubbio che anch’io, come tutti, nascondo l’altra faccia della medaglia irrazionale e impulsiva.
Penso che non esista qualcuno al mondo che non sia folle, nemmeno Aristotele che come concetto di aretè aveva l’agire secondo la ragione, che era convinto che le virtù fossero quelle dianoetiche e morali. Secondo me ciò che lo ha reso uno dei più grandi filosofi dell’antichità è stato l’impeto di follia, che lo ha portato a condividere, appunto, tutte le tesi pedagogiche e filosofiche che hanno segnato la storia delle sue materie. Potete benissimo dirmi che questo è solo un pretesto per puntare il dito contro Aristotele, per dargli del folle. In effetti dovrei lasciare in pace quel povero santo nella sua tomba, ma prendete quest’intera parentesi come enfatizzazione del fatto che letteralmente tutti sono folli. C’è chi la controlla meglio la sua follia e chi vive nell’irrazionalità. Chi si affida alla razionalità, chi vive solo grazie agli istinti.
Se il mio raziocinio dovesse dare un nome alla mia vita, come fosse un film, lo chiamerebbe Paranoia e follia sono sinonimi. Titolo alquanto controverso, ne sono consapevole. Ma per una persona paranoica come me, che ama crogiolarsi nella definizione di «ragazza razionale», ma che nasconde il suo lato pazzo, è un titolo molto sensato. Partirei infatti dall’analizzare le definizioni dei due termini: la paranoia è «uno stato di confusione mentale, o condizione, anche temporanea, maniacale, di crisi, di prostrazione psichica»; la follia, invece, è un «termine non tecnico usato genericamente per indicare uno stato di alienazione mentale».
All’apparenza questi due termini sembrano molto diversi tra loro. Io, personalmente, avrei visto la paranoia come uno stato confusionale che si manifesta attraverso la paura di sbagliare. La follia, invece, uno stato di pazzia che momentaneamente non ti fa pensare ai tuoi eventuali errori. O meglio, questa era la definizione che avrei dato prima di scoprire che in realtà fossero dei sinonimi. E invece ad accomunarli è proprio la confusione mentale che hanno come conseguenza. Una confusione che alle volte può risultare disastrosa, ma altre volte è frutto di fantastici risultati. Ed è proprio così che suona la mia vita: disastrosamente fantastica. Io invece mi definirei, per la gioia di Steve Jobs, follemente paranoica.
-Amy El Kamli
“Ed è proprio così che suona la mia vita: disastrosamente fantastica. Io invece mi definirei, per la gioia di Steve Jobs, follemente paranoica.”