Riflessi di un viaggio interiore: la storia di Pavel
La mia avventura inizia intorno alle tre di pomeriggio, quando insieme al mio educatore abbiamo preso il traghetto che porta sulla terra ferma, per iniziare il viaggio verso Tursi, un paesino in Basilicata, per entrare in un’altra comunità a fare una riflessione sui miei «nodi» problematici: l’impulsività, la rabbia, la violenza sia verbale che fisica, la permalosità e l’egocentrismo.
Dopo ore e ore di viaggio ricevo una bella accoglienza da parte dei ragazzi della comunità che vivono in una vecchia abbazia; noto subito che tutto è diverso dall’Elba: sono abituato a vivere in un posto senza cancelli, qui invece tutto durante la notte viene sigillato. La mia ansia e le mie preoccupazioni iniziano a farsi sentire, non ero partito per mio volere, ero stato mandato quasi per «obbligo», se fosse stato per me avrei preso tenda e sacco a pelo e sarei andato sotto un ponte finendo per tornare a fare la vita che facevo prima: in quel momento così critico per me sembrava la strada più semplice.
Tornare a rifugiarsi nel passato era la cosa più semplice: le sostanze alterano la percezione dei propri sensi senza dover pensare alle cose reali che accadono tutti i giorni… è facile, immediato e per alcuni potrebbe essere bello.
Ritornare di nuovo ad avere gli stessi atteggiamenti avuti nel passato, gli stessi che hanno fatto sì che io perdessi tutto, le amicizie e le molte passioni che avevo. Perdere tutto questo mi faceva stare quasi bene, perché ero arrivato al punto di odiare tutto e tutti, perfino di odiare la mia vita.
A Tursi stando distaccato dai miei compagni di percorso, ho visto che ero a un limite, con le provocazioni ho rischiato di far del male a chi mi stava intorno, anche per delle cavolate. Ho capito che era importante anche distaccarmi dai miei genitori, soprattutto da mia madre perché il suo attaccamento non mi fa sempre bene: questo rischia di danneggiare i percorsi di tutti e due senza lasciarmi lo spazio necessario per poter crescere davvero; le mie paure, le mie ansie, le mie preoccupazioni le risolvevo chiedendo ai miei di venire a trovarmi, ma tutto era una scusa per poter uscire dalla comunità per fare compere, o per meglio dire, per distogliere l’attenzione dai problemi reali che avevo.
La riflessione mi ha aiutato molto, ho iniziato a vedere i miei problemi relazionali da un’altra prospettiva e a ragionare sulla mia impulsività.
Sono migliorato nelle relazioni: in un mese e mezzo sono riuscito a «stare» e a creare rapporti nuovi con persone a me sconosciute, con problematiche totalmente diverse dalle mie e motivazioni differenti.
Ho fatto tanta fatica: in alcuni momenti pensavo che il mio «vero gruppo» dell’Elba si fosse dimenticato di me perché non mi ricercava, io andavo in crisi e la combattevo senza andare a rifugiarmi nel letto, ma lavorando in falegnameria e scrivendo, così cercavo di capire da dove partivano tutte queste ansie e paranoie. Il gruppo di Tursi non mi ha aiutato molto, perché ho sentito che alcuni «giocavano» sulle mie debolezze, ma pian piano ho imparato a ignorarli.
Non nego di avere avuto anche vere e proprie discussioni con alcuni di loro, ma sono riuscito a risolvere allontanandomi, per poi riapprocciarmi a loro e spiegando loro perché ho avuto certe reazioni e atteggiamenti.
Poi finalmente il giorno più atteso: quello del rientro nel «mio gruppo», uno dei momenti più emozionanti. Appena visti tutti i miei compagni sono rimasto senza parole, il mio corpo era diventato rigido quanto un tronco d’albero.
In quel momento tutti mi si sono avvicinati per darmi un abbraccio, perfino il compagno con il quale avevo discusso pesantemente arrivando alle mani: quello è stato il momento più bello, il perdono più sincero!
– Pavel Bartesaghi
“Ho fatto tanta fatica: in alcuni momenti pensavo che il mio «vero gruppo» dell’Elba si fosse dimenticato di me perché non mi ricercava, io andavo in crisi e la combattevo senza andare a rifugiarmi nel letto, ma lavorando in falegnameria e scrivendo, così cercavo di capire da dove partivano tutte queste ansie e paranoie. Il gruppo di Tursi non mi ha aiutato molto, perché ho sentito che alcuni «giocavano» sulle mie debolezze, ma pian piano ho imparato a ignorarli.”