Il primo impegno: far crescere la libertà di stampa ora sotto attacco e minaccia

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Il B.Liver Edoardo racconta l’assassinio del giornalista Zavala, simbolo di una libertà di stampa sempre più minacciata, tra cartelli, governi autoritari e censure; anche nell’Italia “problematica” secondo RSF.
Edoardo ricorda Zavala, giornalista ucciso in Messico. Un'analisi lucida e dolorosa sulla libertà di stampa sotto attacco, anche in Italia e nel mondo.

Zavala, la libertà di stampa e la paura: quando informare diventa un atto eroico

Questo nome non vi dirà niente, ma faremmo tutti bene a ricordarlo: Kristian Uriel Zavala.

28 anni, giornalista messicano, è stato assassinato insieme all’autista Axel Yahir nello stato di Guanajuato, lo scorso 2 marzo.

Non è che l’ultima vittima di una strage infinita di cronisti che da decenni insanguina il Messico, che si conferma così (tra le nazioni non in guerra) come uno dei luoghi più pericolosi al mondo per chi pratica questo mestiere. Addirittura anche per persone come Zavala, che in teoria avrebbe dovuto beneficiare di un programma federale di protezione, avviato dal governo in anni recenti. La cifra ufficiale dei giornalisti uccisi in Messico dal 2019 al 2024 ammonta a 37, ma è un numero approssimato per difetto: spesso le autorità che forniscono questi dati si riferiscono solo a personaggi noti, e non tengono conto di quelli scomparsi e con tutta probabilità ormai morti. Tale carneficina è legata principalmente alle loro denunce nei confronti dei potenti cartelli della droga, ma riguardanti anche la corruzione politica.

L’Italia che retrocede: il rapporto di Reporter Senza Frontiere

Ciò emerge dall’annuale rapporto di Reporter Senza Frontiere (RSF), una ONG che da tempo si occupa di monitorare il livello di libertà di stampa nel mondo (180 Paesi L’Inel 2024) attraverso questionari e altri metodi di indagine rigorosi, e che stila una particolare classifica. La posizione assegnata ai vari Stati dipende da molti fattori, dei quali il pericolo costituito dalla criminalità organizzata è solo uno dei tanti. Tra quelli più importanti considerati, vanno ricordati gli ostacoli o le sanzioni, anche penali, messe in atto dalle istituzioni che governano le nazioni studiate.

E qui arriva una notizia per noi italiani molto spiacevole: il nostro Paese si colloca al 46° posto, retrocedendo di cinque posizioni rispetto all’anno precedente, e mentre per la maggior parte degli Stati dell’Unione Europea la situazione è considerata «buona» o «soddisfacente», per l’Italia è «problematica». Che cosa sta succedendo?

L’articolo 21 della Costituzione si apre così: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Si sta forse andando contro quanto sancito? La situazione è in realtà complessa. La nota informativa di RSF spiega infatti che «Il panorama mediatico italiano è sviluppato e dispone di un’ampia gamma di mezzi di comunicazione che garantiscono una diversità di opinioni», e ancora: «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà». Però «a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. Ciò può essere aggravato per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla “legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo (…)  che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».

Assolutamente da non sottovalutare è l’influenza, più o meno diretta, esercitata da potenti gruppi economico-aziendali, che a volte coincidono con gli editori, imponendo così una loro «linea» volta ad enfatizzare o nascondere e censurare le notizie.

Ancora più grave è il caso riguardante chi si occupa di criminalità organizzata: «una ventina di giornalisti vivono attualmente sotto protezione permanente della polizia dopo essere stati bersaglio di intimidazioni e attacchi», ricorda RSF.

In questo contesto non va dimenticato il ruolo crescente dei social media e di altre piattaforme online, che in modo ormai sistematico diffondono fake news volte a screditare molte persone, o a deformare la realtà dei fatti, a volte utilizzando l’intelligenza artificiale, che rende difficile la distinzione tra vero e falso.

Le virtù dei Paesi più liberi: un faro di speranza?

Certo, molte altre grandi nazioni non se la passano meglio, ma non si può certo tirare in ballo il detto mal comune mezzo gaudio, soprattutto nella nostra era così globalizzata anche dal punto di vista dell’informazione. Gli Stati Uniti, per esempio, si collocano al 55° posto, e questo dato era relativo sempre al 2024, quando ancora c’era l’amministrazione Biden. Con l’avvento di Trump c’è da aspettarsi un ulteriore peggioramento. Basti pensare al recente provvedimento che stabilisce che alle conferenze stampa della Casa Bianca siano presenti solo giornalisti favorevoli all’attuale presidenza. O ancora, a un evidente conflitto di interessi come con la piattaforma X, ex Twitter, di proprietà di Elon Musk, il quale riveste un importantissimo e delicato ruolo di governo.

Altrettanto grave, ad esempio, sembra la situazione in Argentina, scesa dal 26° al 66° posto, dopo che il neopresidente Milei ha decretato la chiusura della principale agenzia di stampa del Paese.

Più scontata (ma non certo consolante) è la posizione di regimi dittatoriali o autoritari. La Repubblica Popolare Cinese, che detiene il record mondiale di giornalisti imprigionati, si trova al 172° posto, la Russia al 162°.

C’è da chiedersi se ci siano degli Stati che si «salvano» da questo quadro desolante, e la risposta per fortuna è sì, e la quasi totalità riguarda i Paesi scandinavi, o comunque del nord Europa. Ecco a chi spetta la palma dei più virtuosi e liberi, nell’ordine: Norvegia, Danimarca, Svezia, Olanda, Finlandia, Estonia, Portogallo, Irlanda, gli unici 8 in cui la condizione è buona.

Ricordiamolo: l’informazione corretta, la libertà di stampa, coincidono con la democrazia, e in ultima analisi, con la nostra libertà nel senso più ampio.

– Edoardo Grandi

“Il panorama mediatico italiano è sviluppato e dispone di un’ampia gamma di mezzi di comunicazione che garantiscono una diversità di opinioni», e ancora: «la maggior parte dei giornalisti italiani gode di un clima di libertà». Però «a volte cedono all’autocensura, sia per conformarsi alla linea editoriale della loro testata giornalistica, sia per evitare una causa per diffamazione o altre forme di azione legale. Ciò può essere aggravato per i giornalisti di cronaca nera e giudiziaria dalla “legge bavaglio” sostenuta dalla coalizione di governo (…)  che vieta la pubblicazione di un ordine di custodia cautelare fino alla fine dell’udienza preliminare».”

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