La B.Liver story di Lisa: scrivere per fare pace con sé stessi e tutti gli altri

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La B.Liver Lisa racconta la sua storia con l’anoressia e il ricovero. La scrittura diventa il suo punto di svolta per riscoprire se stessa, il rispetto e il diritto di essere amata.
Una foto di Lisa Roffeni.
"Io sono Lisa, una ragazza di quindici anni che vuole raccontarti brevemente chi è. Amo scrivere, amo la musica (impossibile vedermi senza cuffie in giro), scolasticamente adoro le materie scientifiche e nella vita di tutti i giorni osservare e analizzare il mondo, prendendo ad esempio le materie umanistiche".

Fame di amore e la salvezza nella scrittura

«Mi mantengo sul superficiale o affondo? E l’ironia come la inserisco? Il messaggio?», mi sono chiesta subito dopo aver messo giù la scaletta. Mille pensieri in testa, talmente tante cose da non riuscire a focalizzarsi su una. Eppure… questa è la mia storia.

Io sono Lisa, una ragazza di quindici anni che vuole raccontarti brevemente chi è. Amo scrivere, amo la musica (impossibile vedermi senza cuffie in giro), scolasticamente adoro le materie scientifiche e nella vita di tutti i giorni osservare e analizzare il mondo, prendendo ad esempio le materie umanistiche. Frequento il liceo scientifico, opzione scienze applicate (quello con informatica al posto di latino) e sono stata ricoverata per anoressia nervosa a poco più di dodici anni.

Non dico che mi sembrasse «normale» la mia vita prima, mai sentito mio questo vocabolo, preferirei definirla più… «attinente alla realtà» che mi circondava. Insomma, pranzi con la famiglia, compleanni con la torta, uscite con le amiche a nascondersi per evitare che i nostri genitori sapessero che spizzicavamo cibo spazzatura. Andavo a scuola ogni giorno, persino!

Come tutti temevo arrivasse la verifica di matematica, o peggio scienze, giocavo con mio fratello, lo ignoravo, discutevo con le amiche, ci facevo pace, evitando di abbracciarle a causa della simpaticissima pandemia mondiale, mi chiudevo in camera ad ascoltare la musica con la tapparella abbassata, la luce della scrivania sulla quale studiavo spenta e la porta chiusa. Chiusa quanto lo stomaco che stavo cercando di stringere sempre più, o come le immaginarie sbarre che mi avevano portata un fatidico sedici febbraio duemilaventidue a passare cinque mesi ricoverata in ospedale.

Una foto di Lisa Roffeni.

Sono passati tre anni. In tre anni di vita un bambino impara a camminare, correre, muoversi, parlare, credo anche pensare, senza però sviluppare il senso critico, lo stesso ad avermi portata ad evitare l’istinto primitivo della fame e nutrizione, dovendo così rimparare e fare le cose precedentemente elencate. 

Se volessi mettere a fuoco i pensieri che inebriavano la mia visione del mondo, non saprei farlo. O perlomeno, tenderei a rinnegarli. La testa era piena di emozioni represse e paradossi, primo fra tutti l’inconscia volontà di apparire sparendo.

La malattia è un nodo fisso, una partenza dalle sembianze superficiali che si spinge sempre più oltre. Dietro al rifiuto del cibo, del proprio corpo, dietro all’apparente mancanza di fame, si nasconde un profondo dolore per mancanza di amore, in particolare nei confronti di sé stessi.

Non è mia intenzione dare lezioni di vita, o spiegare un Disturbo Alimentare con comportamenti e/o sintomi simili quanto di natura soggettiva, desidero solo dare un punto di vista personale e oggettivo sia per come ho vissuto la malattia, e sia «studiata» come osservatrice, nell’ambito del reparto ospedaliero di nutrizione e non nella speranza di dare quel minimo di contributo verso la strada di maggiore consapevolezza su un tema ormai così presente oggi.

Dal mio punto di vista, una domanda importante da porsi per capire meglio il disturbo e poter fare qualcosa per bloccare certi meccanismi di pensiero è questa: come mai la mancanza di amore si riversa sul corpo? Vi invito a rifletterci e a trovare la vostra risposta; nel frattempo, se permettete, vi do la mia.

L’aspetto è il primo tratto che si nota in una persona, e in un’epoca dove questo è portato sempre più sull’irraggiungibile, la ricerca della perfezione è una gara a chi arriva primo. Pensiamo di doverci meritare la felicità, l’amore, proprio perché narrati come immensamente belli e complicati, eppure il segreto sta proprio nel trovarli nelle piccole cose.

Ero in reparto da tre mesi ormai, quando è capitata, tramite il Bullone e due bellissime personcine alle quali sarò grata in eterno, di poter scrivere su un giornale. Non so con quale illuminazione ho colto l’opportunità al volo prendendo il contatto.

Da quel momento in poi la scrittura è stata la mia salvezza, per di più risorsa personale nata da me. È stato il primo passo, autostima permettendo, a farmi acquisire fiducia in me e nelle mie capacità. Una lenta salita ed evoluzione dettata dalla presa di coscienza nei confronti di me stessa, dopo l’annullamento di cui sempre io ero stata la carnefice.

Con il passaggio dalle medie alle superiori mi si è aperto un mondo: potevo ricominciare da capo e mostrarmi come la persona che avrei voluto essere, nonostante ancora non lo fossi. Qualcosa ancora mi bloccava.

Avevo tanti begli ideali, principi solidi; amavo la meraviglia del mondo e consideravo il sorriso la vera bellezza, eppure non riuscivo a rendere mie tutte queste belle idee e parole. È stato nel momento in cui ho capito di avere un mondo intorno che adoravo e stimavo e di farne parte, a mia volta, che il punto cambiò parecchio. Sarebbe stato il primo passo per imparare ad amarmi, ma ancora non lo sapevo. Il primo passo verso la ricerca di equilibrio tra ciò che sono io e il mondo di fuori, portando avanti la volontà di fare qualcosa di concreto perché questo cambi con «benessere» e «rispetto» come parole chiave.

Quindi sì, questa sono io e questa è la mia storia, e nonostante tutto non cambierei una virgola. È stato il passato, lo stesso buio che tanto tendiamo a rinnegare, a rendermi evidente la luce, e a creare la Lisa del presente, determinata a viversi e godersi ogni attimo.

– Lisa Roffeni

Quindi sì, questa sono io e questa è la mia storia, e nonostante tutto non cambierei una virgola. È stato il passato, lo stesso buio che tanto tendiamo a rinnegare, a rendermi evidente la luce, e a creare la Lisa del presente, determinata a viversi e godersi ogni attimo.

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