Il potere dei piccoli rituali quotidiani: come salvare una giornata partendo da sé
Come nel film di Wim Wenders Perfect Days, che ho visto l’anno scorso, una giornata costruita attorno ai piccoli rituali quotidiani porta appagamento e tranquillità.
Il protagonista, tutti i giorni dopo un’attenta pulizia personale inclusa la cura dei baffi, dedicava la stessa routine rigorosa per il suo lavoro, puliva i bagni pubblici meticolosamente, curava una piantina e per pranzo mangiava un panino al parco, seduto sempre sulla stessa panchina. Questo «tran tran» lo faceva sentire dignitoso e sazio.
Nel mio caso, i rituali quotidiani sono la mia salvezza perché rappresentano le certezze che non dipendono dagli altri, né dal tempo (e che c’è un giorno dopo che mi aspetta).
Per esempio, uno di questi è guardare il meteo, una pratica che inizia già il giorno prima e nonostante molti mi dicano che sia inutile perché le previsioni cambiano continuamente, io comunque vado avanti per la mia strada, perché mi fa stare bene.
Guardare le previsioni per il giorno seguente è la prova tangibile che esiste un giorno dopo.
Quando mi sveglio al mattino, mi lavo le mani dicendo una preghiera e osservando una sequenza di tre volte per ciascuna mano. Questo rituale mi aiuta a mettere un punto alla notte e a connettermi con il giorno che sta cominciando.
Subito dopo la colazione, salgo sulla cyclette: non è qualcosa che attendo con frenesia in quanto è un’attività faticosa e non molto piacevole, soprattutto con il caffè bevuto da poco.

A questa routine non simpatica ho cercato di dare una connotazione diversa, definendola «un momento per me stessa».
Finita la cyclette, mando un whatsapp di buongiorno a un parente e ci confrontiamo sulle ultime notizie del mondo: lo considero come una timbratura con il badge, che di solito in campo lavorativo indica la propria presenza al lavoro, mentre nel mio caso è qualcosa di tenero che mi aiuta ad addolcire l’inizio della giornata.
Quando la mia testa lavora tanto, ed è per me difficile fermarla «doucement», mi è molto utile fare dei lavori manuali in automatismo che non richiedono niente di elaborato – come per esempio piegare i vestiti – cose che mi permettono di liberare la testa meglio di una meditazione guidata e rilassano la mia mente dalle sollecitazioni che incontro durate la giornata.
Una routine che per me è un vero e proprio rituale, è la preparazione delle sveglie per il giorno dopo.
Se si tratta di mettere i farmaci, scrivo sulla sveglia del mio cellulare semplicemente il nome del farmaco, invece, per un’attività o un impegno da cui scapperei volentieri, utilizzo delle espressioni «pittoresche» e un linguaggio diretto, che, conoscendo i miei punti deboli, mi arrivi senza se e senza ma. Per quanto riguarda quelli piacevoli, invece, utilizzo aggettivi allegri che mi danno l’ebbrezza nell’attesa.
Dopo tutte queste sveglie per ogni attività e sollecitazioni, a un certo punto la giornata arriva al termine. Fuori è buio, il mio corpo è stanchissimo, ma la mia testa è in fibrillazione per la carica che mi sono dovuta dare e non distingue il giorno dalla notte, a causa del danno che ho all’ipotalamo e a tutte le problematiche che ne conseguono, così mi preparo da sola ad accogliere il sonno, ascoltando una musica rilassante mentre mi dedico a un auto-massaggio ai piedi per (come dico io) «lasciare la presa».
– Joelle Novelli
“Nel mio caso, i rituali quotidiani sono la mia salvezza perché rappresentano le certezze che non dipendono dagli altri, né dal tempo (e che c’è un giorno dopo che mi aspetta).“