Quanto vale una vita? Tra numeri, rischi e gesti invisibili
Quanto vale un essere umano? Negli Stati Uniti circa 10 milioni di dollari, secondo lo studio dei due economisti Viscusi e Aldy (The Value of a Statistical Life: A Critical Review of Market Estimates throughout the World).
La stima si ottiene grazie all’analisi di aspetti che caratterizzano il nostro stato di vita.
Si considerano, infatti, le condizioni socioeconomiche dei soggetti quali età, istruzione, settore lavorativo e regione del mondo di appartenenza.
Soprattutto, però, la somma ricavata si basa su un dato empirico e non completamente oggettivo come lo sono, invece, le informazioni presenti sul nostro documento d’identità o del passaporto.
Viene tenuto conto, allora, della retribuzione che si è disposti ad accettare per un progressivo aumento del rischio di morte in ambito lavorativo.
Il calcolo appare freddo e cinico, ma, in fin dei conti, rispecchia esattamente il valore, in termini economici, che noi stessi attribuiamo alla nostra esistenza.
Il rischio, che sempre più spesso si tenta di evadere, costituisce qui il metro di misura dell’analisi dei due studiosi. Le compagnie di assicurazione fanno forse la fila per avere come clienti persone con vite precarie e sempre sull’orlo del precipizio?
Chi è abituato a vivere situazioni potenzialmente pericolose tutti i giorni, come gli autisti dei colorati e agghindati camion sulla Karakorum Highway in Pakistan, probabilmente capirebbe il significato della valutazione econometrica. Nonché la giustificata diffidenza degli affittuari verso condizioni di vita estreme.
Armati di eccezionale capacità di elusione degli ostacoli sulle strade più pericolose della Terra, questi supereroi sono l’esempio lampante di vita al limite, il cui valore o fine dipende dalla precisione con cui si effettua una curva lungo una strada a strapiombo.
E se prima si è discusso del valore monetario della vita umana, ora penso a Sanya, ragazza che si guadagna da vivere grazie alla vendita di animaletti, come piccoli squali.
La peculiarità di questi minuscoli manufatti? Sono tutti ottenuti dalla lavorazione dell’alluminio derivante da ordigni bellici inesplosi nei campi agricoli laotiani, vicino a Luang Prabang.
Il valore dei gesti e, insieme delle idee, costituiscono un peso impressionante in questo caso.
L’idea della ragazzina, capace di trasformare uno strumento di guerra che ha devastato un intero popolo in una forma di bellezza, ci suggerisce che la «preziosità» della vita è racchiusa anche nella capacità di agire in modo rivoluzionario, anche se in piccola scala.
L’azione di ribellione pacifica, in un film silenzioso ma potentissimo Perfect Days, come la normale routine quotidiana di un addetto alle pulizie nei bagni di una metropoli, è un’eco della condizione di milioni di persone.
Per questo forse, la cassa di risonanza prodotta da un insieme di mosse inizialmente insignificanti, ha un valore.
Così, il protagonista del film e la sua vita, anche se non parrebbe, valgono una cifra esorbitante.
Non a caso è la pellicola con più incassi di Wim Wenders…
Anche le mosse invisibili, allora, definiscono il valore di un uomo, se così si può dire.
Ma non è neanche necessario interagire con la società.
Battiato, in un’intervista rilasciata diversi anni fa, racconta che gli eremiti, uomini che vivono lontano dal mondo e indagano loro stessi e la loro sofferenza, danno un contributo immenso alla gente. Forse è una questione di energia che tiene a galla il mondo, come lui stesso sostiene. Quest’ultima riesce a giustificare la loro assenza dalla vita sociale e ne caratterizza il loro ruolo imprescindibile. Il loro peso è inestimabile, anche se nessuno può vederli. Vite al limite, si diceva in precedenza.
E allora se non sono le azioni, né il prestigio economico, né le conquiste, né il riconoscimento sociale, che cosa dà valore a un essere umano?
– Pietro Lenzi
“E se prima si è discusso del valore monetario della vita umana, ora penso a Sanya, ragazza che si guadagna da vivere grazie alla vendita di animaletti, come piccoli squali. La peculiarità di questi minuscoli manufatti? Sono tutti ottenuti dalla lavorazione dell’alluminio derivante da ordigni bellici inesplosi nei campi agricoli laotiani, vicino a Luang Prabang. Il valore dei gesti e, insieme delle idee, costituiscono un peso impressionante in questo caso.L’idea della ragazzina, capace di trasformare uno strumento di guerra che ha devastato un intero popolo in una forma di bellezza, ci suggerisce che la «preziosità» della vita è racchiusa anche nella capacità di agire in modo rivoluzionario, anche se in piccola scala.“