Mare aperto: il Mediterraneo come mare di vita e di memoria
Le parole di Luca Misculin, dal libro Mare aperto. Storia umana del Mediterraneo centrale, lasciano il segno: «il Mediterraneo è un mare eterogeneo, complesso, questa diversità geografica si trasfigura in eterogeneità umana. Il Mediterraneo è un mare di morte e un mare di vita. Un ponte verso una successiva fase di vita per qualcuno, un muro invalicabile per altri».
Il mare, tuttora imprevedibile e inesplorato, fu spesso il tramite attraverso cui si compirono scelte di vita da cui difficilmente si tornò indietro. Una volta in mare aperto, si può guardare solo l’orizzonte, è un salto nel vuoto senza un vero paracadute. Esso raffigura una cruda speranza, poiché non è possibile averne il controllo, e dunque, forse, rappresenta piuttosto una forma di fede, la cieca fiducia verso la vita che accompagna l’uomo da sempre e che gli ha permesso di evolvere, di sopravvivere. Quasi si sfuma il confine tra questa speranza e la disperazione, ma, in ogni caso, tutto si trasforma in carburante, in energia, e commuove assistervi, come, ad esempio, mi è capitato di provare durante la visione del film Io capitano, di Matteo Garrone.
L’impotenza dell’uomo di fronte al mare resterà sempre, così come davanti a tutti i fenomeni naturali, sempre pronti a ricordarci di non essere i padroni della Terra, ma solo di passaggio. In un estratto del libro si legge, infatti: «il mare non ha confini, ma gli uomini li tracciano ovunque, e poi si stupiscono se la storia non li rispetta». A riprova del fatto che la storia si ripete, tutte le volte che l’uomo ha reso il mare un affare politico, ma, soprattutto, economico. L’arroganza di pensare di poter possedere davvero qualcosa sul nostro pianeta dovrebbe ammutolire davanti alla realtà dei fatti, ma purtroppo non è così e non sarà così, poiché solo chi ha provato davvero l’impotenza davanti alla morte e alla paura, può capire il vero limite umano. Attraverso l’informazione e l’ascolto, però, si possono compiere i primi passi verso un Mediterraneo tollerante e inclusivo.
Il mare cancella tutte le tracce e accoglie molti segreti; è un cimitero di oggetti persi, di vite perse, come quei piccoli biglietti d’amore racchiusi in bottiglie di vetro galleggianti, che chissà dove sono finiti. È un grande archivio di storia e di storie.
Luca Misculin definisce il Mediterraneo come un mare a più facce, contraddittorio: dal mare cosmopolita al mare in tempesta. L’aggettivo «eterogeneo», usato per definirlo, dice tutto e dice nulla, come è giusto che sia, perché richiama nuovamente l’impossibilità di usare etichette su qualcosa di eterno e indomabile.
L’umanità, dunque, dovrebbe includere tra le sue missioni verso un futuro e un pianeta più sostenibile, anche quella di conoscere la storia del Mediterraneo, così da accorgersi che ogni tratta porta cultura e ogni vita che si incrocia con la propria, arricchisce e insegna.
– Luca Misculin
“Il Mediterraneo è un mare eterogeneo, complesso, questa diversità geografica si trasfigura in eterogeneità umana. Il Mediterraneo è un mare di morte e un mare di vita. Un ponte verso una successiva fase di vita per qualcuno, un muro invalicabile per altri.”