ARFID: quando il cibo fa paura
Quando si parla di Disturbi Alimentari, tendiamo a pensare subito all’anoressia, alla bulimia o al binge eating. Ne abbiamo parlato a lungo, ma c’è un disturbo meno conosciuto, la maggior parte delle volte invisibile agli occhi, e troppo spesso sottovalutato, anche da chi ne soffre: parliamo di ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder), ovvero disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo.
Quando ero bambina ho convissuto con l’ARFID per diversi anni, ma ogni medico da cui mia madre mi portava riduceva la portata del problema a un «capriccio», qualcosa che non era un problema reale, anche se il peso scendeva e i cibi «sicuri» erano sempre meno. A sedici anni mi ammalai di anoressia nervosa, e mi piacerebbe tanto dire che questa «è un’altra storia», ma non lo è. L’emetofobia (la paura ingiustificata di vomitare o di vedere vomitare), che era alla base del mio problema con il cibo, e che nessuno ha saputo riconoscere, ha condotto direttamente al Disturbo Alimentare che ha poi contraddistinto la mia adolescenza.
Ma c’è una differenza rispetto ad altri DCA: chi convive con l’ARFID non rifiuta il cibo per una questione di peso o immagine corporea, ma per paura. Un terrore inenarrabile per il cibo, legato ad ipersensibilità alle consistenze, odori o gusti, o a causa di esperienze traumatiche legate all’alimentazione: proprio come l’emetofobia, il terrore di vomitare.
Nell’ARFID, non è tanto il corpo il nemico da modificare, (sebbene spesso lo diventi con il tempo): il cibo lo è. Ogni pasto può diventare una prova di forza, un campo minato di emozioni difficili da gestire.
A volte, come nel mio caso, si presenta in età molto precoce, e viene appunto confuso con i «capricci» o con la «selettività alimentare». In realtà, chi ne soffre può arrivare a evitare interi gruppi alimentari, e conseguentemente a perdere peso, sviluppare carenze nutrizionali importanti, o ad affrontare forti limitazioni nella vita sociale: tutto questo, senza che il disagio venga riconosciuto. Ecco perché l’ARFID è un disturbo che spesso resta nell’ombra, silenzioso, sottostimato, ma profondamente impattante.
C’è chi teme di soffocare, chi ha paura del dolore allo stomaco, chi riesce a mangiare solo pochissimi alimenti «sicuri». Le cause sono complesse: possono esserci eventi traumatici legati al cibo (come un soffocamento, o un ricovero), una sensibilità sensoriale molto accentuata, o condizioni neurodivergenti come l’autismo. Ma non esiste un’unica storia che porta all’ARFID, così come non esiste un’unica forma di questo disturbo.
Il rischio, però, è sempre lo stesso: non sentirsi «abbastanza malati» da chiedere aiuto, non essere capiti dagli altri, restare soli con la propria difficoltà.
Ecco perché parlare di ARFID è importante. Perché esiste, è reale e merita attenzione tanto quanto gli altri Disturbi del Comportamento Alimentare. Serve un ascolto attento, privo di giudizio, che vada oltre la superficie. Serve un linguaggio che non minimizzi, che non trasformi la sofferenza in stranezza o svogliatezza. Serve empatia.
La diagnosi di ARFID è clinica, e può essere complessa da ottenere. Ma la buona notizia è che esistono percorsi di cura. Psicologi, nutrizionisti e medici specializzati possono accompagnare chi ne soffre in un cammino di riconnessione con il cibo, con il corpo e con la serenità. Non è un percorso facile, ma è possibile e, soprattutto, non deve essere affrontato da soli.
In un mondo che troppo spesso associa i Disturbi Alimentari solo all’apparenza, l’ARFID ci ricorda che il dolore può assumere forme silenziose. Imparare a riconoscerle è il primo passo per cambiare le cose.
– Cristina Procida
“A volte, come nel mio caso, si presenta in età molto precoce, e viene appunto confuso con i «capricci» o con la «selettività alimentare». In realtà, chi ne soffre può arrivare a evitare interi gruppi alimentari, e conseguentemente a perdere peso, sviluppare carenze nutrizionali importanti, o ad affrontare forti limitazioni nella vita sociale: tutto questo, senza che il disagio venga riconosciuto. Ecco perché l’ARFID è un disturbo che spesso resta nell’ombra, silenzioso, sottostimato, ma profondamente impattante.”