La noia – Il tempo che passa non è da riempire, ma da svuotare

Autori:
Monica, di Casa di Deborah, riflette sulla noia come spazio di libertà: tra campi, gabbiani e bambini che giocano, la lentezza diventa un modo per ritrovare sé stessi e il ritmo della vita.
"E se la noia fosse solo un pretesto per noi che corriamo e non ci fermiamo mai?" Immagine realizzata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

Il tempo è mio: riscoprire la lentezza e la vita oltre la noia

Un tramonto che infiamma una distesa di campi in aperta campagna, la strada che scorre tra filari di alberi e i pioppi che formano foreste bislacche macchiando l’orizzonte… Qualche casa sparsa qua e là. Se dovessi dipingere la noia mi verrebbe questa immagine.

E se noia non fosse e fosse solo tempo che il tempo fa? Il ritmo della natura, del lavoro pesante, delle albe e dei tuoni, delle coltivazioni da seguire, degli animali da allevare. E se la noia fosse solo un pretesto per noi che corriamo e non ci fermiamo mai?

Una delle cose che amo fare, da sempre, è perdermi guardando i bambini che giocano, ma anche i gatti che con la zampetta vogliono afferrare qualcosa che si muove tra i fili d’erba. I bambini non si annoiano di certo girando intorno, scalciando per spingersi in alto sull’altalena.

Cosa succede poi? Cos’è che noi non riusciamo a concederci perché ci sentiamo in tremendo difetto se non abbiamo la casa in ordine, un lavoro wow e i capelli che a volte sembrano cespugli ci fanno sentire un filino fuori posto? Cosa ci travolge in un continuo rincorrere il tempo come se il tempo non avesse una durata, come se si esaurisse nell’arco di subito?

Subito è il reale bisogno di una cura a chi soffre, subito è un aiuto nel momento di bisogno, subito è chiudere la finestra se la pioggia entra in casa. E non significa non prendere impegni e avere progetti, perseguire il desiderio che è il motore della vita stessa, ma significa soffermarsi a guardare i covoni di fieno e immaginare e rispettare il lavoro dei contadini, ma non precludersi la possibilità di pensare a qualche bambino che su quelle matasse dorate fa le capriole.

Ognuno di noi ha una passione dentro, un fuoco che durante la frenesia delle giornate che diventano mesi e si trasformano in anni rimane soffocato e che invece bisognerebbe ascoltare. Ci vuole allenamento, ci vuole coraggio e tenacia per sentirsi, ma quando ti concedi di meravigliarti davanti al silenzio, quando torni a spingere l’altalena è lì che tutto diventa armonia e i colori sono più lucenti.

La lentezza, il racconto, lo stare in silenzio. Il lavorare con le mani per creare, lo stupore del tempo che passa e che non è da riempire ma da svuotare. Un sonnellino guardando di sottecchi la polvere sui mobili, accorgerti che tutto sommato su quella polvere ci potresti scrivere: il tempo è mio e i granelli di polvere riescono a comporre fantastici disegni.

È difficile quando la vita ti travolge con le sue montagne russe, con la costante rincorsa di obiettivi, sembra tutto un «devo». Probabilmente capire che il devo ha un limite, e che il devo è proiettato al di fuori di noi, è il segreto per poter gustare la noia. Che noia non è. Magari è vita.

E ti ritrovi a seguire le formichine per vedere dove portano il cibo, oppure osservi in riva al lago il gabbiano antipatico che ruba le briciole alle anatre, mentre in campagna il tempo scorre così come da sempre è stato.

– Monica Nalin

“La lentezza, il racconto, lo stare in silenzio.Il lavorare con le mani per creare, lo stupore del tempo che passa e che non è da riempire ma da svuotare.Un sonnellino guardando di sottecchi la polvere sui mobili, accorgerti che tutto sommato su quella polvere ci potresti scrivere: il tempo è mio e i granelli di polvere riescono a comporre fantastici disegni.”

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