Mammoletta con voi – Ti sei mai sentito sfigato, diverso, escluso e incompreso?

Autori:
Umberto narra il laboratorio “lo scartino”, in cui oggetti abbandonati e sentimenti di esclusione diventano arte. Un'esperienza intensa tra emozioni condivise e creatività ritrovata.
Un’attività legata al Festival Sinfonie di Giovani Talenti.

Lo scartino: rifiuti trasformati in arte e anime trasformate in storie

«Ti sei mai sentito sfigato, diverso, escluso, incompreso, perso o rifiutato?».

Questo era uno dei due cartelloni davanti al nostro stand durante il Festival Sinfonie di Giovani Talenti, a Portoferraio, nel giardino adiacente al mare della spiaggia delle Ghiaie.

Questa storia inizia qualche settimana prima, quando Martina, organizzatrice e parte del gruppo «L.I.N.C. – lavorare insieme nella comunità», è venuta alla Fondazione Exodus a parlarci dell’iniziativa promossa dalla Fondazione Isola d’Elba.

Subito abbiamo pensato di proporre un laboratorio  per noi molto simbolico: «lo scartino». Come recitava il cartellone, viviamo un periodo storico in cui sentirsi diversi e piccoli (o grandi) scarti della società è sempre più comune. Siamo sempre più circondati anche da rifiuti materiali che, come noi, vengono considerati inutili, o che non meritano attenzione.

Quindi siamo stati in spiaggia dove, non essendo ancora iniziata la stagione, abbiamo trovato molta plastica. Non ci siamo limitati a raccogliere solo quella, ma anche legni, cartacce, sassi, scontrini e tutto ciò che solitamente riceve poca attenzione, e l’abbiamo portato direttamente all’evento.

L’allestimento era molto semplice: due tavoli uniti con colori, pennelli e tutto il materiale per colorare e delle tavolette di legno su cui sviluppare l’opera. Per terra delle cassette colme di «rifiuti». Al centro dei tavoli una scatola per raccogliere pensieri e riflessioni.

L’obiettivo era dare un valore trasformando in arte i frammenti smarriti.

Capita di sentirsi sbagliati o inadeguati. Penso che il termine giusto sia «fuori luogo». Magari siamo in un posto che non ci rispecchia e non ci dà la possibilità di esaltare i nostri colori. Così il pezzo di plastica abbandonato, attaccato sulla tavoletta, mischiato a un po’ di blu e verde, una pigna e un pizzico di fantasia, riesce a diventare un’opera d’arte.

Non c’è stata tantissima affluenza, ma abbiamo attirato le persone giuste, che inconsciamente volevano raccontarsi. La cosiddetta «qualità»!

I primi sono stati una coppia sulla quarantina che passeggiava con la loro piccola bimba.

Si sono lasciati trasportare con entusiasmo. Hanno parlato poco ed erano molto attenti a ciò che facevano.

Poco dopo si è avvicinato un gruppetto di ragazze: una classe di 3° liceo in gita, che ha colto l’occasione per passare del tempo spensierato.

Al termine di tutti i lavori, abbiamo proposto di sederci insieme sull’erba in un cerchio riempito con tutte le «opere» per raccontare l’emozione che ci ha suscitato crearle e che cosa, inconsciamente o meno, volevamo rappresentare.

Hanno iniziato a parlare le ragazze. Una diceva che vedere il suo elaborato con occhi critici, aveva un senso, e che mentre lo faceva si è solo sentita ispirata a crearlo. L’impronta della sua mano, la voglia di lasciare un segno.

Tutti eravamo d’accordo sul senso di pace e di rilassatezza che li riempiva. Eravamo tutti uniti da un senso di grande introspezione.

Andando avanti abbiamo chiesto alla mamma come stesse e cosa provasse.

Non so se posso raccontarvi per intero cosa ci ha detto. Posso dirvi però, che a ripensarci ho gli occhi lucidi.

Una mamma, una donna, una sconosciuta che racconta i suoi incubi vissuti, il suo enorme fardello, piangendo…

La nostra giornata ha avuto un senso. Ecco qualche riflessione trovata nella scatola.

«Era da tempo che non passavo dei momenti così, con gli amici, la natura, fantasia e tanta serenità. Momenti importanti che fanno crescere. Più ragazzi come voi!».

«Sono queste le cose belle della vita».

«Esperienza da non dimenticare, la proporremo a scuola».

«Io e i miei compagni ci siamo sentiti una parte di voi accogliendo tutti i vostri pensieri. Vi ringrazio perché siete riusciti a migliorare molto la mia giornata regalandomi un sorriso».

– Umberto Corsale

Subito abbiamo pensato di proporre un laboratorio  per noi molto simbolico: «lo scartino». Come recitava il cartellone, viviamo un periodo storico in cui sentirsi diversi e piccoli (o grandi) scarti della società è sempre più comune. Siamo sempre più circondati anche da rifiuti materiali che, come noi, vengono considerati inutili, o che non meritano attenzione.”

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