Intervista a Elisabetta Dami: “Io, creatrice di Geronimo Stilton, mi alzo ogni mattina grazie allo stimolo della mia curiosità”

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Il B.Liver Riccardo intervista Elisabetta Dami, autrice e creatrice di Geronimo Stilton: si parla di curiosità, amicizia, fragilità, scrittura e di come i valori siano le fondamenta del nostro mondo.
Un’immagine di Geronimo Stilton, il personaggio ideato da Elisabetta Dami.
Un’immagine di Geronimo Stilton, il personaggio ideato da Elisabetta Dami.

Elisabetta Dami, la mamma di Geronimo Stilton ci parla di curiosità, lupi, fragilità e futuro

Elisabetta Dami è una scrittrice di libri per ragazzi, nota per avere creato il personaggio Geronimo Stilton (serie tradotta in 50 lingue che ha venduto oltre 35 milioni di copie soltanto in Italia e oltre 180 milioni in tutto il mondo). Grazie al suo lavoro è stata adottata ufficialmente da due tribù di nativi americani: il Popolo degli Hopi e quello dei Cherokee.

Elisabetta Dami, (Milano, 1958). Scrittrice italiana, autrice di libri per ragazzi, nota per essere
la creatrice del personaggio Geronimo Stilton, degli orsetti Billo & Billa e di Lupo Blu. Le storie di Geronimo Stilton, tradotte in 50 lingue, hanno venduto oltre 180 milioni di copie in tutto il mondo.
Illustrata da Chiara Bosna.

Che cos’è per lei la curiosità?

«La curiosità è ciò che ci motiva ad alzarci la mattina, è una spinta interiore. Ho scelto un topo come protagonista delle mie storie proprio perché è un animale curioso, un po’ come i bambini. La curiosità ti fa vivere esperienze nuove: io, tramite progetti come la serie de I viaggi nel Tempo, ho potuto soddisfare la mia curiosità di conoscenza. Quando si ha l’impressione che certe porte della vita si stiano chiudendo, la curiosità è la fiammella che spinge a voler vedere cosa accade oltre».

Ha qualche trucco per tenerla viva?

«Per me uno dei modi migliori per non perdere la curiosità è passare del tempo con gli animali: loro seguono l’istinto, osservano, esplorano senza filtri. Quando ho incontrato i lupi da vicino, mi sono fermata in silenzio per osservarli. Li guardavo con un rispetto che mi è parso reciproco. I lupi sono creature incredibili, solidali, determinati, capaci di proteggere anche i membri più deboli del branco. Sono come una grande famiglia. È molto importante condividere il frutto della nostra curiosità: Geronimo nasce in un mio periodo di difficoltà, ero in ospedale e avevo davanti a me ragazzi con problemi medici. Sentivo naturale cercare di farli ridere, di raccontare loro delle storie».

Che valore ha per lei la scrittura?

«Mi dà forza. Se penso alle fiabe ottocentesche dei fratelli Andersen, di Perrault… Erano fiabe dure, di paura, c’erano prove da superare ed emozioni forti. Non avevano paura di mostrare il dolore o lo smarrimento, e per questo aiutavano i ragazzi a elaborare quello che sentivano dentro, ad affrontare le proprie emozioni, come nel teatro greco: ti identifichi nel personaggio, vivi una passione profonda, e così superi la difficoltà con lui».

Geronimo Stilton nei libri è descritto come un fifone, ma poi agisce lo stesso…

«Geronimo non nasce coraggioso, è vulnerabile, come tutti, ma comunque riesce sempre a trovare dentro di sé la forza di affrontare il mondo. Che cosa lo aiuta? Sapere di non essere solo, di avere degli amici. L’amicizia è il sostegno che gli permette di andare avanti e di superare qualunque cosa, anche quando gli sembra impossibile. Proprio attraverso l’aiuto degli altri scopre la forza di condividere, di mettersi in gioco e di affrontare nuove avventure. È qualcosa che ho voluto trasmettere anche nelle nuove avventure di Lupo Blu, ed è un messaggio in cui credo: io per prima ho cominciato a scrivere le storie di un topo per fare coraggio agli altri e a me stessa».

Perché il personaggio principale dei testi è Geronimo, e non Tea?

«Perché io sono Geronimo. In Geronimo ci riconosciamo un po’ tutti. I ragazzi apprezzano che lui non sia perfetto, che inciampi, questo dà loro fiducia: vedere che con l’aiuto degli altri anche qualcuno che ha delle insicurezze riesce ad affrontare il mondo. Oggi è difficile mostrare la propria fragilità, c’è l’idea comune che bisogna sempre essere felici, sempre forti: non è realistico. Geronimo, con le sue paure, è più vero».

Perché i Cherokee l’hanno adottata?

«Anni fa mi adottarono nel Clan del Lupo. Lo fecero perché scrivevo storie per i ragazzi, e per loro, come per molte antiche civiltà, gli storyteller sono fondamentali perché trasmettono i valori non con lezioni di morale, ma attraverso storie. Mi diedero il nome di “Usti Waya”, ovvero “Piccolo lupo”. Quando mi recai nel Maine incontrai un’anziana del Clan. Era una letterata e poetessa che si occupava anche di progetti umanitari per le Nazioni Unite. Lei mi raccontò la storia del lupo d’Ombra e del lupo di Luce. “Un’anziana lupa parla col nipote: nel nostro cuore vivono due lupi, uno d’Ombra, uno di Luce. Il primo è egoista e scontroso, il secondo è premuroso e generoso. Il lupetto chiede allora quale dei due lupi vincerà, e lei risponde che sarà lui, con le sue azioni, gesti e pensieri, a sceglierlo. In ogni istante della tua vita puoi scegliere di nutrire il lupo di Luce che c’è in te, ma questi due lupi esistono tutti e due, e la scelta è solo tua”».

Qual è il futuro prossimo di Geronimo Stilton?

«Per i ragazzi che escono dalla fascia Stilton e si affacciano a una nuova fase della vita, ho pensato a una serie di libri che abbiano gli stessi valori, così è nato Lupo Blu, un cucciolo che parte con la curiosità di scoprire, e poi un anziano che decide di raccontare la sua storia, sperando che sia utile a qualcuno. La sua storia è la storia della mia vita. La saga poi seguirà la storia della famiglia di Lupo Blu, dal figlio Occhi di Cielo che dovrà capire come compiere scelte di luce, fino alla nipote che vorrà mettere in discussione le tradizioni del Clan. Spesso i ragazzi mi dicono che i libri di Stilton sono diversi da quelli del Lupo, io rispondo che è vero, perché anche loro sono cambiati: non sono più i bambini che erano alle elementari, però il messaggio è sempre lo stesso».

Che differenze vede nei ragazzi di oggi rispetto a quelli di vent’anni fa?

«A mio parere i ragazzi di oggi sembrano più precoci, molto più aggiornati, ma al tempo stesso anche più vulnerabili. Oggi si tende a sottovalutare l’importanza delle fondamenta su cui edificare la nostra forza morale: ci sono dei valori, come la gentilezza o il rispetto, che vengono spesso trascurati. E con loro, anche le figure che una volta rappresentavano dei riferimenti non vengono più rispettate. C’è un’idea latente che nulla conti davvero e ciò rende i ragazzi più fragili. Capita spesso che i ragazzi mi chiedano consigli, e in quei momenti vedo la loro fragilità. Chiedo se ne abbiano prima parlato con i genitori o gli insegnanti, e spesso la risposta è no. A volte basterebbe una parolina gentile in più, nel momento giusto, per fare breccia. I ragazzi di oggi spesso si sentono soli perché non si aprono agli altri. Il consiglio che do agli adulti è: ascoltate i ragazzi. Spesso si può vedere una crepa sotto un “Non ho niente”, e diventa un compito dell’adulto tentare di aiutarlo senza forzarlo, con rispetto e gentilezza».

Si sente di dare alcuni consigli ai giovani?

«Credo sia molto importante avere delle colonne forti, queste colonne si chiamano valori. Non importa quali, ma bisogna crederci veramente: per andare avanti è importante costruirsi delle colonne robuste, sono quelle che scopri quando hai una giornata no e senti la terra aprirsi sotto i piedi. Se sono solide, lì trovi conforto e sostegno».

Lei ha girato il mondo, ma c’è un’esperienza recente dove ha genuinamente pensato «ho visto tanto, ma questo non l’avevo mai visto»?

«La vera avventura è la vita, che sa sempre riservare sorprese, tutte interessanti. Anche nei momenti più semplici, negli incontri quotidiani, ciascuno ha un’opportunità di conoscersi meglio e di condividere la sua storia. Basta un attimo per vedere il mondo intero con occhi nuovi».

– Elisabetta Dami

“La curiosità è ciò che ci motiva ad alzarci la mattina, è una spinta interiore. Ho scelto un topo come protagonista delle mie storie proprio perché è un animale curioso, un po’ come i bambini. La curiosità ti fa vivere esperienze nuove: io, tramite progetti come la serie de I viaggi nel Tempo, ho potuto soddisfare la mia curiosità di conoscenza. Quando si ha l’impressione che certe porte della vita si stiano chiudendo, la curiosità è la fiammella che spinge a voler vedere cosa accade oltre.”

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