Fondazione FATA: la casa magica dove l’accoglienza è reale
Intervisto il sig. Norberto Orsini, tra i Soci Fondatori della Fondazione Fata onlus, a Cesano Boscone
Sig. Orsini mi racconti come è nato questo bellissimo progetto, così importante.
Nel 1997 il parroco, don Lino ha chiesto ad alcune famiglie di accogliere i bambini bielorussi dopo il disastro di Chernobyl. La risposta fu di 100 famiglie che hanno accolto altrettanti bambini fino al 1999, in cui si chiudeva il mandato. Il 16 giugno 1999 abbiamo accompagnato i bambini a Verona e ci siamo sentiti un po’ “orfani”. Abbiamo così deciso in qualche modo di continuare l’esperienza e ci è venuta l’idea di renderci disponibili ad accogliere dei bambini sul territorio nazionale, per dare loro una famiglia. Il nome che abbiamo scelto è FATA: Famiglie Temporanea Accoglienza. I fondatori erano 10/12 famiglie. Non avevamo idea di come incominciare, ci mancava la sede per incontrarci e non conoscevamo le regole per gestire questo tipo di accoglienza.
E come avete fatto?
Come sempre quando ci sono le buone intenzioni, la Provvidenza viene in aiuto. In questo caso fu il Presidente della Casa di Cura Sacra famiglia, nata nel ‘900, per bambini disabili e orfani, Monsignor Colombo, che ha accolto con entusiasmo la nostra idea, facendoci conoscere la dottoressa Dente, che ci è stata di grande sostegno, permettendoci di ricevere i fondi per affittare un appartamento nel mese di luglio del 2000. A settembre il Presidente della Fondazione “Per i bimbi della Provvidenza” di Milano ci ha messo a disposizione una cifra importante, che ci ha dato la possibilità di ristrutturare un appartamento e aprire una comunità residenziale, che poteva accogliere dei bambini, allontanati dalle famiglie d’origine, con Decreto del Tribunale per i Minorenni, gestiti e guidati da un’équipe educativa. Ci hanno solo chiesto di apporre la targhetta con i nomi dei benefattori.
Quanti bambini avevate?
5 bambini e l’équipe per seguirli. Nel frattempo ci siamo fatti conoscere dai Comuni dell’hinterland milanese e abbiamo affittato un appartamento con 2 camere, soggiorno, pranzo, cucina, bagno, spazio per i giochi e compiti. I vari Comuni ci proponevano gli inserimenti. Con il passare del tempo, le richieste per aiutare i bambini aumentavano ed era necessario ampliare gli spazi per accogliere un numero maggiore di minori. Così, nel 2007 abbiamo trovato una villetta in affitto, tramite il passaparola di amici e conoscenti; in questa casa, dopo le necessarie ristrutturazioni, abbiamo potuto ospitare 9 minori. C’erano quindi due Comunità Residenziali e abbiamo poi aperto anche un servizio di Comunità Diurna, in cui i ragazzi facevano i compiti, cenavano e poi venivano accompagnati a casa dalle loro famiglie.
Da dove arrivano i bambini?
I bambini arrivano da famiglie con gravi difficoltà e sono collocati nelle comunità dai Servizi Sociali, con Decreto del Tribunale per i Minorenni. Il primo che abbiamo ospitato si chiamava O., aveva 4 anni. I genitori erano tossicodipendenti, il padre era in carcere e la madre, dopo un po’ di tempo, è morta. O. faceva fatica a parlare: ci siamo accorti che era sordo e che aveva bisogno di diversi interventi per poterlo aiutare al meglio. Dalla fondazione di Fata abbiamo accolto circa 200 minori.
Che età hanno i bambini?
Accogliamo minori di pochi mesi, fino ai 21 anni, divisi per fasce d’età, nelle diverse Comunità Residenziali. Dopo i 21 anni le ragazze decidono della loro vita, in base alle varie situazioni, alcuni si laureano, altri iniziano a lavorare.
Come sostenete i costi?
Ogni Comune di residenza dei minori sostiene una retta giornaliera, che permette di pagare le spese legate al mantenimento di vitto e alloggio, oltre a tutte le spese che li riguardano, legate alle varie esigenze, per età. Con le rette vengono pagati gli stipendi degli operatori, le utenze e tutto quanto ruota intorno al mantenimento di Case di Accoglienza. Ovviamente l’importo delle rette non è sufficiente per dare ai nostri ragazzi tutto quello di cui hanno bisogno, come il sostegno psicologico, l’iscrizione a uno sport, cure specialistiche come ad esempio il dentista, la logopedia ecc. Per questo abbiamo la fortuna di avere diversi sostenitori che ci aiutano economicamente e con forniture di abbigliamento, alimenti, giochi e molto altro. Ci tengo a sottolineare l’importanza dei volontari e delle famiglie affidatarie che si prodigano, ci aiutano ogni giorno in tanti modi e sono spesso un punto di riferimento anche per i nostri bambini e ragazzi. Dal 2008 siamo stati riconosciuti giuridicamente dalla Regione Lombardia e questo ha permesso di poter attuare nuovi progetti di sostegno ai minori e tante iniziative. Nel 2010, grazie all’intervento e alla generosità di amici di Fata, che hanno creduto nel nostro lavoro, abbiamo ricevuto in comodato d’uso la villetta dove siamo adesso e l’abbiamo ristrutturata, aiutati da alcuni imprenditori, per poter ampliare gli spazi di accoglienza, rispettando le normative stabilite.
Mi ha accennato ad altre iniziative. Di che genere?
“Il Mappamondo” è uno sportello che accoglie persone da tutto il mondo e offre corsi di italiano, il supporto per trovare casa e lavoro e una volta alla settimana distribuiamo viveri alle famiglie bisognose. “Scrigno” è un centro polifunzionale, aperto anche agli esterni, dove lavorano alcuni psicologi, che seguono i nostri bambini e ragazzi. C’è anche il “Gomitolo”, che è uno spazio di incontro tra i minori e le loro famiglie, gestito da operatori specializzati, che si occupano di favorire l’interazione e il recupero dei legami familiari.
Quanti educatori avete in sede?
In tutto una trentina di dipendenti: nelle varie équipe educative c’è la Responsabile, la Referente Pedagogica, un Coordinatore, 5/6 Educatrici. Poi ci sono le governanti che ci aiutano nelle pulizie delle varie case, un manutentore, il personale amministrativo e di raccolta fondi.
Come avviene esattamente l’iter?
Il Tribunale allontana il minore dalla famiglia d’origine, per gravi motivi di incuria, maltrattamento e altro, i Servizi Sociali del Comune di residenza lo prendono in carico e lo collocano in Comunità; allo stesso tempo le Assistenti Sociali hanno il compito di occuparsi del nucleo familiare, attuando tutti i supporti necessari. Dopo un periodo in Comunità, di qualche anno, i minori possono rientrare nelle loro case, laddove stabilito dal Tribunale, oppure possono essere accolti in famiglie affidatarie o andare in adozione. Per le ragazze dai 18 ai 21 anni, è aperta la possibilità di chiedere il proseguo amministrativo, cioè di essere accolte negli appartamenti dell’autonomia e di essere seguite ancora per poter concludere gli studi e trovare un lavoro stabile. Le racconto questo: per i nostri bambini, la casa di Fata è la casa magica, dove si sentono accolti e protetti. Per noi fondatori e per gli operatori è il più bel riconoscimento e una grande soddisfazione, poiché così i bambini ci fanno capire che ci occupiamo di loro nel modo corretto.
Ma è vero che questo è un posto segreto? Perché?
Per alcuni dei nostri minori, la comunità è secretata, in quanto i loro familiari hanno difficoltà tali da arrivare a poter avere agiti violenti e pericolosi, per i bambini e anche per gli educatori. Per fortuna non sempre è così.
Mi parlava di prossimi progetti. Quali sono?
Abbiamo ottenuto con un bando una villa sequestrata alla criminalità organizzata. Dobbiamo raccogliere fondi per ristrutturarla per poter aprire nuove Comunità Residenziali, date le continue richieste di inserimento. È un progetto molto impegnativo, poiché servono circa 270 000 € e non sarà facile realizzarlo.
Mi parlava del sogno di Fata. Qual è?
Vorremmo aprire una Comunità Terapeutica per accogliere i ragazzi con grande disagio psichico, che non possono beneficiare dell’aiuto solamente educativo, che forniamo noi nelle nostre comunità. Col passare del tempo ci siamo resi conto che è in aumento il numero dei ragazzi che hanno bisogno di aiuti più specifici, con équipe di lavoro strutturate diversamente e maggiormente specializzate, come ad esempio neuropsichiatri, infermieri ecc.
Caspita, una grande sfida!
E non è finita. Abbiamo altri progetti, tra cui quello di poter diventare Ente Formatore per il sociale, con uno specifico accreditamento della Regione Lombardia.
Ho visitato gli appartamenti, che sono molto ampi e luminosi, affacciati sul verde. Sono stata accolta da ragazzini educati e curiosi che giocavano tra loro tranquilli. Complimenti davvero per questa iniziativa così importante e davvero sfidante, in cui è evidente l’attenzione e la cura per creare un’atmosfera armoniosa.
– Emanuela Niada
” Nel 1997 il parroco, don Lino ha chiesto ad alcune famiglie di accogliere i bambini bielorussi dopo il disastro di Chernobyl. La risposta fu di 100 famiglie che hanno accolto altrettanti bambini fino al 1999, in cui si chiudeva il mandato. Il 16 giugno 1999 abbiamo accompagnato i bambini a Verona e ci siamo sentiti un po’ “orfani”. Abbiamo così deciso in qualche modo di continuare l’esperienza e ci è venuta l’idea di renderci disponibili ad accogliere dei bambini sul territorio nazionale, per dare loro una famiglia. Il nome che abbiamo scelto è FATA: Famiglie Temporanea Accoglienza. I fondatori erano 10/12 famiglie.”