I Tetragonauti: il mare che insegna autostima e cooperazione ai ragazzi
Ho conosciuto Gabriele Gaudenzi, uno dei due fondatori dell’Associazione I Tetragonauti, in occasione della Mostra benefica al Circolo Caldara in via De Amicis, il cui ricavato è andato a sostegno della Onlus stessa. Gabriele mi ha raccontato con entusiasmo il loro incredibile progetto: portare in barca a vela ragazzi con vari tipi di difficoltà, creare una squadra, e insegnare i principi e i valori dello sport, dello stare insieme e della cooperazione per generare in loro autostima. Imparano tutti insieme ad apprezzare la bellezza e la potenza del mare, della natura, del sole, del vento e del sentirsi liberi. Ho intervistato Valentina, un’educatrice, che mi racconta il loro lavoro.
Come e quando è nato il progetto? E da dove deriva questo nome strano?
«L’Associazione è nata nel 2003, prima come Onlus poi come A.P.S. (associazione di promozione sociale). Il nome deriva dal titolo di un libro di Borg Gerard sull’esperienza della navigazione, in cerca di felicità. Gabriele è un educatore e preparatore paralimpico. Sciava insieme a Marco Spagna, un imprenditore ipovedente, e insieme hanno affrontato anche il mare, in barca e facendo immersioni. Sono diventati amici e Marco ha messo a disposizione la sua barca a vela di 22 metri. Così è nato un sogno pazzesco: quello dei I Tetragonauti. Tra le ambizioni più sfidanti c’è il nostro progetto di portare un gruppo di ragazzi in mare per 100 giorni, per conoscersi e affrontare sfide sempre nuove. Imparare a navigare in un mare imprevedibile, pronti a ogni evenienza, reagendo in fretta e seguendo regole e codici consolidati è una metafora della vita, per essere in grado di affrontare le difficoltà, ma anche per riconoscere e apprezzare la bellezza della natura e delle relazioni personali».
Chi portate con voi?
«Portiamo tutti, dai bambini agli anziani, persone con disabilità, con malattie rare o che stanno affrontando l’iter oncologico, persone con disturbi alimentari, collaboriamo con associazioni diverse. Vengono con noi ragazzi con disagio giovanile, che affrontano la dispersione scolastica, o che si trovano nel circuito penale minorile, in messa alla prova o in custodia cautelare».
Come sostenete i costi?
«La barca ha costi molto alti. Di solito l’80% viene coperto dai bandi di progetto a cui partecipiamo insieme alle diverse realtà che collaborano con noi. Crediamo molto nel fare rete. Quest’anno, inoltre, il nostro servizio A Scuola Per Mare è stato riconosciuto come unità di offerta sperimentale “Comunità Educativa Navigante”, e in questo modo la retta è pagata dai servizi sociali. Cerchiamo di non chiedere niente alle famiglie. Desideriamo che siano progetti gratuiti».
Come selezionate i partecipanti?
«Per il servizio di “Comunità Educativa Navigante” facciamo dei colloqui di selezione per capire se i ragazzi e le ragazze, dai 13 ai 18 anni, sono idonei ad affrontare questo tipo di esperienza. In questi anni di sperimentazione abbiamo capito che è importante preparare i ragazzi prima della fase a bordo, così per due mesi cerchiamo di capire insieme a loro quali sono le motivazioni che li spingono a mettersi in gioco e a intraprendere un’esperienza così impegnativa e quali obiettivi vogliono raggiungere. Dopo lo sbarco, ci sono poi tre mesi di accompagnamento per supportarli nella crescita, affinché al rientro non perdano tutto quello che di loro stessi hanno imparato in barca. Chi non sapeva nuotare spesso impara e altri fanno addirittura il corso di sub. Tutti devono cooperare come equipaggio e fare la corvée in cucina. Imparano a gestire le emozioni e i conflitti nelle relazioni tra estranei, interagendo in spazi ristretti. Per i progetti più corti, che durano un week-end e una settimana, vale lo stesso principio: ci si prepara con incontri pre-navigazione e dopo lo sbarco ci si rivede per condividere pensieri sull’esperienza fatta. I gruppi che fanno esperienze brevi partecipano già ad attività organizzate dalle associazioni e dalle realtà con cui collaboriamo; quindi, non c’è da parte nostra un’ulteriore selezione».
Dove navigate di solito?
«Si parte dalla Toscana e si naviga nel Tirreno arrivando fino in Sardegna e in Sicilia: posti unici, meravigliosi, che tutto il mondo ci invidia. Crediamo molto nella collaborazione con le realtà locali che si occupano di temi come sostenibilità, ambiente e legalità, per esempio, a Palermo collaboriamo con “Addio Pizzo Travel”, che condivide con noi le sue esperienze per costruire un percorso sulla legalità».
Con chi altri collaborate?
«Sono davvero molte le realtà con cui facciamo rete nei bandi di progetto. Con “Banco Alimentare Toscana” lavoriamo sul tema antispreco di cibo, con Legambiente sulla pulizia delle spiagge, con l’Acquario di Genova e “Costa Edutainment” costruiamo percorsi dedicati alla biologia marina. In barca viene fatta didattica sul posto, ma alcuni ragazzi continuano gli studi affiancati dagli educatori. Alcuni portano la loro esperienza così speciale al rientro a scuola, riscuotendo molto interesse tra i coetanei e gli insegnanti».
Intervista a un partecipante:
Come ti sei trovato a navigare per la prima volta con altri ragazzi?
«Adesso ho 20 anni e mi sono trovato due anni fa a uscire di casa per la prima volta. All’inizio ero disorientato nel confrontarmi con ragazzi mai visti, con caratteri diversi, nel dover sottostare a parecchie regole, costretti in spazi limitati. Ci sono stati momenti di discussioni e malintesi, ma in complesso il bilancio è stato molto positivo. Ho visto posti bellissimi che non conoscevo e ho fatto davvero un’esperienza incredibile di cui conservo un gran bel ricordo. Il capitano e gli educatori hanno saputo creare un’atmosfera di benessere e armonia che ci ha fatto stare veramente bene. È un’esperienza che consiglio senz’altro perché arricchisce e cambia la prospettiva di vita».
– Emanuela Niada
“Gabriele mi ha raccontato con entusiasmo il loro incredibile progetto: portare in barca a vela ragazzi con vari tipi di difficoltà, con cui creare una squadra e insegnare i principi e i valori dello sport, dello stare insieme e della cooperazione per generare in loro l’autostima. Imparano tutti insieme ad apprezzare la bellezza e la potenza del mare, della natura, del sole, del vento e del sentirsi liberi.”