Compleanno del Bullone: “Ci vuole coraggio ad aspettare chi non torna più”

Autori:
Federica Margherita Corpina racconta l’attesa come atto di coraggio e amore, attraverso la copertina del Bullone 82. Esplora il peso del vuoto lasciato da chi parte e il bisogno di sperare in un ritorno, anche se incerto.
Prime pagine: il Bullone numero 82 di marzo 2024.
Prime pagine: il Bullone numero 82 di marzo 2024.

Aspettami: il coraggio di attendere chi non torna

Torno.

Lo dico sempre al mio cane prima di chiudermi alle spalle la porta e lasciarlo, temporaneamente, da solo. Lo dico sapendo che non può capire. Non tanto perché la parola in sé non può che non avere alcun significato particolare per lui; piuttosto perché neanche il passare del tempo, per lui – di nuovo – ne ha. Che siano tre minuti o tre ore poco cambia: l’attesa, scandita dalle lancette impetuose di un incessante «e se non torna?», sarà comunque atroce. D’altronde, è proverbiale: ci vuole coraggio, ad aspettare chi non torna, e, se ci pensiamo a fondo, non torna mai nessuno finché non è di nuovo con noi. Ecco perché certe attese, anche per noi che al tempo abbiamo imposto e perciò ne conosciamo la misura, sono strazianti.

Ed è difficile, da reggere, lì ad appesantire il vuoto lasciato (che è diverso da un vuoto e basta), lo sforzo di comprendere che non sempre si va dove si è scelto di andare, né si sceglie di non tornare.”
Immagine realizzata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

Tra l’altro ce ne andiamo spesso, e pure lontano: per una guerra, per farla, o fuggirla; per una malattia, per viverla o guarire, o morirne; per disperazione; per speranza. E, per chi resta, se lo fa, l’unica tollerabile misura del tempo diventa la pazienza. Doppia, poi, nel caso in cui chi dovrebbe tornare finisce invece per andarsene spesso, magari dove neanche bene è stato. Ed è difficile, da reggere, lì ad appesantire il vuoto lasciato (che è diverso da un vuoto e basta), lo sforzo di comprendere che non sempre si va dove si è scelto di andare, né si sceglie di non tornare. Forse, allora, per ricambiare, chi esce dalla stanza, o da qualunque altro noi, potrebbe, a sua volta, fare lo sforzo di (ri)chiedere, che è in qualche modo riconoscere, pur non potendo promettere.

Dalla prossima volta, dirò aspettami.

– Federica Margherita Corpina

Che siano tre minuti o tre ore poco cambia: l’attesa, scandita dalle lancette impetuose di un incessante «e se non torna?», sarà comunque atroce. D’altronde, è proverbiale: ci vuole coraggio, ad aspettare chi non torna, e, se ci pensiamo a fondo, non torna mai nessuno finché non è di nuovo con noi. Ecco perché certe attese, anche per noi che al tempo abbiamo imposto e perciò ne conosciamo la misura, sono strazianti

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