La noia – Perché mai dovrei fare qualcosa… Penso e non è poco

Autori:
Giulia, di Casa di Deborah, racconta come la noia, vissuta senza fretta, diventi opportunità creativa: dal gioco d’infanzia alla scrittura, è un tempo per scoprire sé stessi.
"Passavo il tempo con la nonna paterna che mi ha cresciuta e amata moltissimo. Era inevitabile che ci fossero dei momenti vuoti e che il loro sguardo non fosse costantemente su di me. E così ho iniziato a giocare". Immagine realizzata con sistema di intelligenza artificiale Bing Image Creator.

Il potere creativo della noia: imparare a lasciare spazio al tempo

La scuola è ricominciata da qualche giorno. È ora di pranzo e siamo nella cucina di Casa di Deborah. Alla spicciolata arrivano i ragazzi con il loro pasto gelosamente custodito in contenitori di plastica da svuotare nei piatti colorati e scaldare al microonde. Mangiando i primi bocconi si recuperano le forze, ci si rilassa e la voglia di chiacchierare fa nuovamente capolino in questa stanza che contiene tanti segreti, confessioni, parole.

«Com’è andata oggi? Quanti supplenti avevi?»
«Due, mancano i prof…»
«E quindi cosa fate? Non so, leggete, preparate altre materie, giocate?»
«No, no, poi il telefono non si può usare, mi annoio»
«E cosa fai quando ti annoi?»
«Penso. Io quando mi annoio penso»
«A cosa?»
«Penso e basta»

Mi fermo a pensare tutta la sera a queste parole e mi domando: ma io ce l’ho il tempo di annoiarmi? Ci penso un po’ su. È raro, ma qualche volta capita anche a me: mi tornano alla mente, ad esempio, quei pomeriggi d’estate, poco prima del tramonto, in cui hai già fatto un pisolino, hai letto, hai già incontrato le onde più e più volte, la passeggiata fatta e hai pure raccolto delle conchiglie. Ecco, a quell’ora – quella che i ragazzi ora definirebbero come essere nel chill – mi è capitato di non sapere cosa fare. Cosa fare. Ma perché mai dovrei fare qualcosa?

Insomma, è necessario saturarlo con delle azioni questo tempo morbidamente vuoto? O, forse, si potrebbe pensare di frequentare con stupita meraviglia questo spazio-tempo e lasciare che il flusso dei pensieri e del sentire ci porti via per un po’?

Vi racconterò una storia: sono stata figlia unica per sette anni. I miei genitori lavoravano entrambi e molto. Passavo il tempo con la nonna paterna che mi ha cresciuta e amata moltissimo. Era inevitabile che ci fossero dei momenti vuoti e che il loro sguardo non fosse costantemente su di me. E così ho iniziato a giocare. Giocavo sempre, in tanti modi e perlopiù da sola. Quando c’era la nonna, ricordo interi pomeriggi a giocare con le Barbie: l’ultimo ripiano in basso della libreria di camera mia era adibita a casa per lei e Ken. Erano una famiglia e Barbie aveva sempre un fazzoletto di carta appallottolato sotto i vestiti, in corrispondenza della pancia, a simulare una gravidanza. Giocavo in religioso silenzio, non ero di quei bambini che usano la voce per tenersi compagnia. Durante il fine settimana, invece, nei lunghi pomeriggi impregnati di silenzio in cui la mamma e il papà riposavano per recuperare le fatiche della settimana, giocavo a fare la scrittrice e inventavo poesie e racconti e poi mettevo in cerchio i miei pupazzi e mi fingevo una maestra pronta a interrogare.

Ora e allora. Quale legame? La creatività. La noia poteva e può ancora, forse, essere tollerata e gestita in modo creativo senza per questo intenderlo come un tempo perso e improduttivo. Si dice che una delle qualità di uno psicoterapeuta sufficientemente buono è disporsi nei confronti dei suoi pazienti con quella che viene definita attenzione liberamente fluttuante: ecco, io credo che essermi esercitata a «surfare» sulla noia mi abbia permesso di compiere questa piccola magia che viene da un allenamento prolungato e costante al lasciarsi guidare da quel sentire, a volte indistinto, che ci suscitano le relazioni, gli eventi, le persone, i pensieri. Dunque la noia no, non mi annoia affatto. Credo altresì che ci sia in essa un potenziale altamente creativo che ha solo bisogno di essere liberato, magari durante le numerose ore di supplenza!

– Giulia Maltagliati

“«Com’è andata oggi? Quanti supplenti avevi?» «Due, mancano i prof…» «E quindi cosa fate? Non so, leggete, preparate altre materie, giocate?» «No, no, poi il telefono non si può usare, mi annoio» «E cosa fai quando ti annoi?» «Penso. Io quando mi annoio penso»«A cosa?» «Penso e basta».”

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